Full Time – Al cento per cento, recensione del film

Il 31 marzo esce nelle sale italiane Full Time - Al cento per cento, film francese diretto da Eric Gravel e due volte premiato a Venezia.

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Per Alberto Barbera, direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Full Time – Al cento per cento è il ”film rivelazione dell’anno”. Il lungometraggio diretto da Eric Gravel e con protagonista Laure Calamy è un ritratto realistico della società francese odierna: mostra la vita quotidiana, tutt’altro che semplice, di una madre single che vive in periferia e non guadagna abbastanza.

 

La trama di Full Time

Julie è divorziata, ha due figli e vive nella periferie parigina. Lavora come governante in un hotel a cinque stelle di Parigi: ogni giorno si sveglia all’alba, prepara i suoi bambini, li consegna alla baby sitter e prende il treno per la città. Julie è laureata, lavorava nell’ambito della ricerca sociale ma, dopo essere stata licenziata, non ha trovato nulla di meglio del lavoro nell’hotel. Un po’ per necessità – l’ex-marito non contribuisce con gli alimenti come dovrebbe, un po’ per ambizione, Julie continua a fare colloqui per tornare a lavorare nel suo settore.

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Riesce finalmente ad ottenere un appuntamento per ”il lavoro perfetto”, ma il tempismo non sembra aiutarla. Nella stessa settimana, Julie deve fronteggiare il colloquio per il nuovo impiego, gli scioperi e le manifestazioni che bloccano la circolazione a Parigi, il capo del personale dell’hotel che la mette sotto pressione, il compleanno del figlio e le lamentele dell’anziana baby-sitter. Riuscirà la protagonista a gestire tutto o verrà sopraffatta?

Una vita ”Full Time”

Il titolo di Full Time parla da sé: Julie non solo ha un impiego a tempo pieno, ma vive ogni attimo della sua vita come un lavoro, un dovere dopo l’altro. Come uno schema, si sveglia, veste i figli, prende il treno, lavora, mangia, lavora, riprende il treno, lava e mette a letto i figli. E di nuovo da capo. L’unico attimo di pace potrebbe essere il bagno a fine giornata, ma il boiler dell’acqua calda rotto e i capricci dei bambini guastano anche questo momento.

Il regista sceglie di raccontare la vita di questa mamma single senza troppi fronzoli: fa una ricostruzione quasi documentaristica della settimana di Julie, giorno dopo giorno. Non si vedono in Full Time scene melodrammatiche, scene finte ”da film”. Non ci sono commenti o narrazioni che esagerano le situazioni vissute dalla protagonista. Tutto è estremamente reale e per questo d’effetto.

Un racconto ansiogeno per il suo realismo

Full Time è un crescendo di tensione, un climax che, scena dopo scena, problema dopo problema, arriva al suo culmine poco prima della fine. Per come è costruito, il film genera un senso di angoscia tangibile. Guardando il lungometraggio ci si immerge in una storia che potrebbe essere vera. Quello di Full Time è un mondo che barcolla e perde pezzi su tutti i fronti: la vita privata, la società attorno, il lavoro, la comunità, tutto arranca e niente sembra stabile.

In tutto ciò, Julie è sola: non ha il sostegno dell’ex-marito, la baby-sitter la mette alle strette, le colleghe sono spietate e in mezzo ci si mettono anche gli scioperi. È impossibile non empatizzare con lei e non immedesimarsi. L’ansia arriva addirittura a far temere il peggio: lo spettatore diventa più coinvolto – e più pessimista – della protagonista. Il lavoro dell’attrice contribuisce all’ottima resa del film: Laure Calamy è un volto di pietra, paralizzato dalle preoccupazioni. Si percepisce la tensione sotto la maschera di una madre, una collega, un’amica che cerca di andare avanti senza dare a vedere le sue angosce.

Non a caso, Calamy è un attrice coinvolta nei temi sociali. Ha già recitato in film e serie che criticano il mondo dei lavoro: tra tutti ricordiamo lo show francese Chiami il mio agente!, serie sulla professione dell’attore. Inoltre, Calamy è membro del Collettivo 50/50, organizzazione che ha l’obiettivo di promuovere la parità tra donne e uomini nel settore cinematografico e televisivo.

Un film già premiato dalla critica

Full Time è già stato amato dai critici: presentato a Venezia, ha vinto il Premio Orizzonti Miglior Attrice (Laure Calamy) e il Premio Orizzonti Miglior Regia (Eric Gravel). Originale, documentaristico e abilmente costruito a livello di suspence, speriamo che il film possa conquistare anche il pubblico in sala.

Sommario

Full Time è il racconto di un instabile equilibrio che sembra sbriciolarsi scena dopo scena. Il realismo della recitazione e la schiettezza della regia rendono il lungometraggio profondo e originale.

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