Gangor: recensione del film di Italo Spinelli

Gangor film

Upin è un fotoreporter inviato a Purulia, una zona del Bengala occidentale, per realizzare un reportage sugli abusi e le sofferenze subiti dalle donne delle comunità tribali che la popolano in condizioni di grande miseria. Qui vedrà Gangor, una ragazza bellissima che sta allattando il suo bambino e la pagherà per fotografare quella scena che per lui è l’ emblema della bellezza che quotidianamente rischia di essere umiliata.

 

Quella foto, pubblicata in prima pagina dal suo giornale, avrà un duplice effetto: da un lato il forte impatto mediatico aiuterà le comunità che si battono per i diritti delle donne ma allo stesso tempo, nel mondo fortemente arretrato di Gangor, costringerà la ragazza a divenire un’emarginata soggetta a terribili abusi. Upin, quando realizzerà di essere diventato involontariamente la causa delle sofferenze di Gangor tornerà a Purulia per cercare di aiutarla.

Gangor, il film

Italo Spinelli, regista di Gangor, questo interessante film che uscirà l’11 Marzo (precederanno proiezioni speciali per l’8 Marzo),  racconta l’India non attraverso gli occhi di un occidentale che deve scoprire un mondo esotico ma attraverso il fotoreporter indiano Upin, il protagonista di un racconto di Mahasweta Devi intitolato Choli ke Pichhe (Cos’hai dietro il corsetto?).

Le contraddizioni con cui Spinelli deve confrontarsi sono tante. Su tutte la grande disparità economica delle miriadi di comunità indiane che si traduce in sacche di estrema arretratezza sociale e culturale. Le tematiche, difficili da sintetizzare, riescono ad affiorare in modo chiaro anche per uno spettatore lontano dalle realtà raccontate. Non sfruttano uno stile documentaristico ma al contrario, si inseriscono in un racconto a carattere narrativo che, evitando stereotipi, crea un grande impatto emotivo che coinvolge lo spettatore fino alle scene conclusive. Gangor non si allontana, però, dalle concrete tematiche che lo animano, soprattutto grazie al tenore dei dialoghi, intensi nel loro realismo: Gangor si esprime con poche parole semplici e spiazzanti e lo stesso realismo affiora nei modi degli altri abitanti della comunità tribale di Purulia. Il film ha un forte impatto visivo, la bellissima fotografia esalta gli ambienti che contrappongono Calcutta, una vera metropoli, ai paesaggi del Bengala Occidentale: colori bellissimi, ma anche strade affollate, vicoli degradati, fatiscenti abitazioni.

La bellissima Pryanka Bose , riesce ad interpretare in modo profondo il dramma fisico e spirituale di Gangor, la sua condizione umile non trova espressione nelle parole, ma nei modi disperati, remissivi o vergognosi con cui si relaziona con i mondi da cui è emarginata: la sua stessa comunità ma anche, il mondo di Upin che ingenuamente spera di capire e superare un’ incolmabile distanza culturale, linguistica e non solo. Upin è interpretato da Adil Hussain, anche lui attore indiano inedito per gli schermi italiani e adatto nel ruolo interpretato. La regia lo pedina la sua natura ingenua nella presa di coscienza  delle molte facce del suo paese e del suo lavoro di reporter.

Adil, è l’alter ego di Spinelli che l’India l’aveva raccontata nel 1992 con India: un paese in trasformazione e che dal 2000 dirige il Festival Asiatica, Incontri con il cinema asiatico di cui è fondatore. Il suo lavoro, frutto di un amore decennale per l’India, si traduce in un’ opera consapevole e complessa ben accolta al Festival del Cinema di Roma.

Gangor è un’opera tanto coraggiosa quanto rara, che nasce pensando ad un pubblico internazionale. La troupe tecnica, oltre ovviamente al cast, è quasi interamente indiana. Il film punta infatti ad avere risonanza anche in India dove, come sanno regista, cast e produttori (Rai cinema con la distribuzione dell’Istituto Luce, BiBi Film, Isaria Prod.), c’è il desiderio di dimostrare il fermento artistico di un cinema che non vuole identificarsi solo con i film musicali targati Bollywood. Gangor è un film importante e quanto mai attuale che ha molto da dire. Le proiezioni previste per l’8 Marzo (ad anticipare quella ufficiale dell’11) sono un esempio quanto mai eloquente.

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