Gli anni amari, recensione del film di Andrea Adriatico

Il film è il nuovo lungometraggio del regista teatrale e cinematografico Andrea Adriatico e racconta una storia italiana ambientata alla fine degli anni '70 in Italia.

gli anni amari recensione

Gli anni amari è il nuovo lungometraggio del regista teatrale e cinematografico Andrea Adriatico. Si concentra su un’epoca abbastanza recente della storia italiana, che pure oggi appare lontana. Gli anni Settanta, il ’77 e i movimenti di contestazione giovanile, la liberazione sessuale, il femminismo, che raccoglievano il testimone del Sessantotto per portare ancora più in là le sue conquiste. È in questo contesto che si può leggere e apprezzare, la figura di Mario Mieli. La prima considerazione che viene da fare, dunque, è convenire con Umberto Pasti, col quale Mieli ebbe un’intensa relazione, che intervistato per il film dal regista ha dichiarato:“Era ora che qualcuno ci raccontasse questa storia”.

 

L’importanza socio-culturale della figura di Mario Mieli

Una storia che in parte coincide con quella del Fuori! – nome che riprende l’inglese “come out” – prima associazione a promuovere i diritti degli omosessuali in Italia, fondata nel 1971 da Angelo Pezzana. Mario Mieli, interpretato qui dal giovane Nicola Di Benedetto, vi si unisce l’anno successivo, partecipando alla prima manifestazione pubblica di omosessuali in Italia, a Sanremo, per contestare il Congresso internazionale sulle devianze sessuali del Centro Italiano di Sessuologia. Allora, infatti, l’omosessualità era considerata una depravazione, una malattia da curare. Mieli contribuisce alla crescita del movimento anche a livello internazionale, portando la sua esperienza londinese, grazie alla quale è venuto a contatto con movimenti omologhi. Nasce la rivista Fuori! che dà voce al movimento, della cui redazione Mieli fa parte. Poi Mario entrerà in polemica con la scelta di Pezzana di aderire al Partito Radicale, rivendicando  l’identità autonoma del movimento, fino alla rottura col suo fondatore.

L’attività di Mieli, però, non si ferma qui. È scrittore – Elementi di critica omosessuale e poi Il risveglio dei Faraoni. È animatore di un collettivo teatrale che con i suoi spettacoli promuove la liberazione omosessuale.

Gli anni amari e l’uomo Mieli

Il film non è solo la storia di uno dei padri del movimento per i diritti omosessuali. È la storia di un uomo, del suo complicato rapporto con la famiglia, la madre Liderica (Sandra Ceccarelli) e soprattutto il padre Walter (Antonio Catania), con cui a stento comunica. Mario è un eccentrico, un provocatore, un amante delle frasi ad effetto, un ammiratore di Oscar Wilde che ama travestirsi, spogliarsi e dissacrare. È spudorato. Così mette in crisi le granitiche certezze del mondo alto borghese in cui è nato, radicato nel tessuto sociale milanese con il setificio del padre, la cui eredità è stata raccolta dal figlio Giulio (Lorenzo Balducci). Una personalità intellettualmente lucida quanto inquieta e tormentata, come la sua storia d’amore con Umberto Pasti (Tobia De Angelis). Un uomo in bilico tra abissi di solitudine e gioia di vivere, anche a causa di disturbi mentali di cui nel film non si fa mistero. Tutto questo lo porta a togliersi la vita il 12 marzo del 1983 a soli 31 anni.

Nel raccontarci l’uomo, la sceneggiatura di Adriatico, Grazia Verasani e Stefano Casi si concentra molto sul personaggio Mieli, sulle sue eccentricità. Il regista si sofferma sugli abiti, i colori, sul suo essere elegantemente provocatore e sfrontato, trattando il tutto con estrema delicatezza. A passare a volte in secondo piano è ciò che il protagonista prova, che sente, emozioni e sensazioni che potrebbero arrivare allo spettatore, coinvolgerlo e portarlo realmente dentro la storia, mentre resta un po’ distante.

gli anni amariL’interprete principale, Nicola Di Benedetto, classe 1992, insegue e acciuffa la somiglianza nell’estetica e negli atteggiamenti, seppur con una fisicità diversa da quella esile di Mieli, ma manca un po’ di spessore, di profondità nel suo modo di affrontare un’interpretazione senza dubbio ardua, complice la sua giovane età. Dunque, non coinvolge fino in fondo. Solo in pochi momenti e nella parte finale del film traspare un’emozione autentica, vivida, quando le parole, le provocazioni lasciano finalmente il posto al reale tormento dell’anima di Mario, che sta arrivando alla tragica determinazione del suicidio.

Gli anni amari, un’occasione colta solo in parte

Una figura complessa quella di Mieli, con un’esistenza breve, ma che ha segnato un’epoca e contribuito ad importanti conquiste, di cui oggi vediamo i frutti. Possiamo dire che sia stato per l’Italia una sorta di Harvey Milk – l’attivista omosessuale americano che negli anni Settanta a San Francisco si batté in difesa dei diritti dei gay. Ebbene, anche Gli anni amari poteva essere di grande impatto, proprio come Milk, il film di Gus Van Sant in cui Sean Penn veste i panni dell’attivista americano, ma vi riesce solo in parte.

Nonostante ciò, Gli anni amari ha sicuramente il pregio di far conoscere la figura di Mario Mieli e una pagina poco nota della nostra storia, e anche quello di incuriosire, spingendo magari lo spettatore a documentarsi su Mieli e sulla stagione di cui è stato protagonista. Adriatico realizza un film per tutti, che non vuole fare scandalo, ma parlare di libertà e diritti, di una stagione di sogni e di lotte, non solo a favore del mondo LGBT, il cui spirito andrebbe forse riscoperto.

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Scilla Santoro
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Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni, la musica (rock e pop), la pittura e l'arte in genere.
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