Gli occhi del diavolo

Il regista tedesco Daniel Stamm torna sul tema delle possessioni diaboliche dopo L’ultimo esorcismo del 2010, con il suo nuovo film Gli occhi del diavolo che sarà in sala dal 24 novembre.

 

All’epoca al botteghino aveva riscosso un gran successo, portando a casa un incasso nettamente superiore alle spese. Così come era stato (un po’ meno, forse) anche per 13 peccati del 2014, un horror dal ritmo frenetico di cui aveva anche scritto la sceneggiatura, pur essendo il remake di una pellicola thailandese del 2006.

La trama di Gli occhi del diavolo

Questa volta la storia sorge da un’idea dello sceneggiatore Robert Zappia, che proveniva già dal genere horror per Halloween – 20 anni dopo del 2008 e che ha scritto Gli occhi del diavolo insieme a Todd e Richey Jones. Qualche anno fa, infatti, era incappato in un articolo di giornale che raccontava come negli ultimi decenni ci fosse stata un’incredibile crescita di casi di possessione e, quindi, di richieste di aiuto nei confronti di sacerdoti esorcisti, soprattutto a fronte di un aumento del rapporto delle une rispetto agli altri. Così il film inizia con il colpo di genio per ovviare alla minaccia di un’invasione di satana e i suoi seguaci: l’apertura di nuove scuole per aspiranti esorcisti.

Suor Ann (Jacqueline Byers) è una giovane e promettente consacrata che lavora come infermiera nell’istituto che negli Stati Uniti è preposto allo scopo dell’addestramento di preti. La ragazza si affeziona in particolar modo ad una bimba (Posy Taylor) ricoverata tra i pazienti che lei assiste, che però pare manifestare nei suoi confronti un interesse non propriamente innocente, cosa che la introdurrà nel percorso per diventare la seconda donna esorcista nella storia.

Gli occhi del diavolo apre dunque le sue danze, seguendo per bene le tracce dei suoi innumerevoli predecessori, tra cui il primo fra tutti: L’esorcista di William Friedkin del ’73. Ma, a parte la variante della protagonista femminile, non aggiunge praticamente nulla di nuovo né dal punto di vista dell’intreccio né, men che meno, da quello delle immagini.

Probabilmente, di fatto, vedere sullo schermo Suor Ann lottare con i propri demoni fisici e psichici, del passato e del presente, conficca il perno dell’attenzione sui principali dolori di cui questo tempo storico così tanto soffre. È naturale che non ci sia innovazione neanche da quel punto di vista, ma se c’è una piccola attualizzazione del genere rispetto ai suoi antenati, si può giusto trovare in queste minime varianti.

Le ferite generate dalla propria storia personale, che chiaramente affondano nella psiche delle vittime di possessione diabolica (tutte donne), vengono affrontate esclusivamente attraverso le forze individuali. Laddove nella tradizione della Chiesa Cattolica la figura dell’esorcista si mette totalmente nelle mani di Dio, facendosi ed essendo suo ministro nell’aiutare i posseduti come il tramite di una potenza ben più grande di lui che gli viene data, proprio come se ne fosse catalizzatore, qui diviene una lotta completamente impari tra la donna e il demonio. Ed è curioso, oltre che consolidato, che i riferimenti maschili ne escano impotenti, deboli e smarriti, tanto per cambiare.

L’unione femminile fa la forza

C’è la figura di una psichiatra (Virginia Madsen) ad incoraggiare Suor Ann e che all’inizio del film la aiuta a scavare nella memoria della sua infanzia segnata da una mamma malata (Koyna Ruseva) e a tratti aggressiva. E c’è la sorella di un giovane sacerdote che è perseguitata dagli effetti di uno stupro subito tanti anni prima. I demoni del passato sono ciò a cui il diavolo si attacca per torturare queste donne, proprio come l’anello di Sauron de Il Signore degli Anelli. E a tentare una liberazione da tali e tanti fardelli sono le parole sussurrate da Suor Ann, dalla sua mamma, che come un mantra si ripetono rassicuranti per scacciare le forze infernali.

Ancora una volta, insomma, l’unione (femminile) fa la forza. Ma la verità, alla fine, è che l’assenza di Dio si sente in maniera prepotente. E l’epilogo dell’allenamento per la «difesa contro le arti oscure», lascia Suor Ann e lo spettatore soli e con tanti dubbi.

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