Border (Grans): recensione del film di Ali Abbasi

Border (Grans)

Si intitola Grans, che vuol dire confine, (Border il titolo internazionale) il nuovo film di Ali Abbasi, regista iraniano da tempo di base in Svezia, al suo secondo lungometraggio, presentato a Un Certain Regard del Festival di Cannes 2018. Proprio di confini sembra voler parlare il regista, prima di tutto perché la nostra protagonista, Tina, è una doganiera, poi perché i film, partendo dal thriller e sfociando nel fantasy, a tratti grottesco, parla di linee di confine tra umano e non umano, tra istinto ed educazione, fino a incaricarsi, addirittura, di tracciare un altro confine, quello tra il bene e il male, natura e cultura.

 

Traghetti che partono e approdano, boschi fitti, cielo grigio, aria fredda. La nostra protagonista è Tina, e il lavoro alla dogana le permette di mettere a frutto il suo straordinario talento: un olfatto con cui non solo percepisce gli odori, ma che sembra captare anche gli stati d’animo, rendendo per lei facilissimo scovare un malintenzionato che attraversa il confine. Grazie a questa dote, quasi un superpotere, mette la polizia sulle tracce di un giro di pedopornografia, parallelamente però incontra Vore, un uomo che ha chiaramente qualcosa in comune con lei e che Tina non riesce a inquadrare.

Tina crede di avere un cromosoma in meno, cosa che giustifica il suo aspetto peculiare, lo stesso aspetto che rintracciamo da subito nel misterioso viandante. La donna si sente attratta da questo individuo che neppure il suo olfatto riesce a capire, una persona che sembra provare un forte interesse nei suoi confronti e che si rivelerà una fonte di enorme sorpresa.

Border (Grans)Sebbene dall’inizio il film palesi la sua appartenenza al thriller, con ambientazioni, ritmi e fotografia che si sposano con il genere, Abbasi è intelligente nel disseminare la storia di indizi che tengono lo spettatore all’erta, fino alla rivelazione, a metà tra l’esilarante e il prodigioso.

È chiaro che al regista interessa raccontare la diversità, la paura e la violenza, e tenta di farlo attraverso il fantasy, componendo una storia che unisce la cronaca ai miti boschivi, risultando naturale eppure incredibile. Pur fondamentale nel racconto, l’elemento fantasy è sempre raccontato con realismo, come se il regista faticasse a lasciarsi andare o, e forse questa è l’ipotesi giusta, come se volesse trasformare questa fantasia in realtà, regalando ai fatti un background storico.

Tuttavia, proprio per questo tentativo di voler spiegare anche il fantastico, il film perde quel vitalismo liberatorio, che prova anche la protagonista, di fronte alla scoperta dell’elemento soprannaturale. Riconducendo nel finale il racconto agli eventi di partenza, Grans (Border) riesce addiruttira a chiudere una storia dolorosa e violenta su note di tenerezza.

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