I Corpi Estranei: recensione del film con Filippo Timi

I Corpi Estranei

Dall’Umbria a Milano per cercare di salvare la vita a suo figlio. Questa è la storia comune eppure straordinaria di Antonio in I Corpi Estranei, che da un paesino nella regione del Centro Italia viaggia in macchina con suo figlio fino a Milano, dove spera di trovare una cura per la forma di tumore da cui è affetto il bambino. Il reparto di oncoematologia pediatrica in cui Antonio si trasferirà provvisoriamente per essere vicino al suo piccolo che deve subire una grave operazione si trasforma in un microcosmo, in cui genitori e famiglie terrorizzati cercano di farsi reciprocamente coraggio per affrontare una prova durissima. Con Antonio ci sono molti altri genitori, anche di origina araba, che il nostro protagonista guarda con occhio diffidente e poco favorevole. Questi “corpi estranei” pregano rumorosamente, accendono incensi, tutte cose che lo stesso Antonio non comprende e che non gli appartengono. Tuttavia osservare quella cultura così strana per lui lo fa in qualche modo avvicinare alle sue tradizioni, e così comincia a frequentare la cappella dell’ospedale e a provare a ricordare le parole delle preghiere che gli hanno insegnato da piccolo. La sua ritrosia troverà uno scoglio molto duro da affrontare in un giovane che  si trova in ospedale per assistere il suo fratellino malato.

 

I Corpi Estranei, il film

Mirko Locatelli con I Corpi Estranei ci racconta una storia di dolori condivisi tra persone che sembrano non avere nulla in comune; lo fa con tatto e discrezione, con pudore, appoggiandosi su uno straordinario Filippo Timi che cerca sempre in tutti i suoi ruoli, dettagli e interpretazioni che possano mettere alla prova la sua arte. Pur offrendo una buona prova in un ruolo molto difficile, Timi non basta a fare del film un buon lavoro. I Corpi Estranei sembra più una rappresentazione della staticità, in cui c’è pochissimo spazio per i rapporti interpersonali che ci aspettiamo più fitti in un microcosmo in cui coabitano persone che condividono dolori e fragilità così profonde.

La regia sta addosso al nostro protagonista, ripreso nei momenti lenti e noiosi, tutti uguali, che compongono le sue giornate in ospedale. Inquadrature mosse che pedinano il personaggio e cercano di renderci partecipi della sua situazione: ma il tentativo resta vano e I Corpi Estranei, pur avendo un nobile proposito, non riesce a chiarificarlo sullo schermo con chiarezza. Il film è stato presentato in Concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

 

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