Il Missionario – recensione del film prodotto da Luc Besson

Il Missionario

Il Missionario è la nuova brillante commedia prodotta da Luc Besson. La trama è molto semplice e non può non ricordare, anche se molto alla lontana, il cult movie dell’1989 Non siamo angeli.

 

In Il Missionario dopo sette anni di carcere per rapina a mano armata, Mario è finalmente libero. Dopo poche ora di libertà, deve, però, fare i conti con i suoi ex-complici che reclamano la refurtiva. Per garantirsi l’incolumità decide di rivolgersi a suo fratello Patrick, l’unica persona di cui si può fidare, che, per il bene del fratello, decide di mandarlo in un paesino dell’Ardeche.

Il MissionarioQuello che Mario non sa è che in quello stesso paesino stanno aspettando il nuovo parroco. Al suo arrivo, per una serie di equivoci, viene scambiato per il sostituto del defunto padre Etienne. Da qui, cominciano le peripezie di Don Mario. La vena comica è data principalmente dal chiasmo dei personaggi. Mentre Mario acquista sempre maggiori consensi dalla comunità, Padre Patrick si abbandona ad una vita lasciva, fatta di stupefacenti, donne e denaro.

Il Missionario

Meritevoli di lodi soprattutto i due interpreti principali: Jean-Marie Bigard e Doudi Strajmayster che, pressocchè sconosciuti in Italia, raccolgono molti consensi in patria.

Luc Besson ha deciso di affidare la regia al quasi esordiente Roger Delattre, che spesso si è affidato alla verve comica di Bigard, fino quasi allo svilimento del personaggio; puntando, e talvolta calcando troppo la mano, sull’equivoco, che, nonostante in molti casi possa apparire banale, diverte.

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