Il ragazzo e la tigre, la recensione del film con Claudia Gerini

il ragazzo e la tigre

Un’operazione encomiabile, che non a caso ha ottenuto il patrocinio del WWF, quella di Brando Quilici (Il mio amico Nanuk), che porta alla Festa del Cinema di Roma il suo nuovo film. Presentato in anteprima ad Alice nella Città – e distribuito in sala da Medusa Film dal 14 ottobre 2022, anno della Tigre secondo il calendario cinese – Il ragazzo e la tigre racconta una storia ricca d’avventura ed emozioni interpretata anche da Claudia Gerini, presenza familiare in un Nepal splendido e ammaliante, vero e proprio protagonista al pari dell’attrice romana e del giovanissimo Sunny Pawar. 

 

Il ragazzo e la tigre – Due cuccioli in fuga

E’ lui il piccolo Balmani di dodici anni, scappato dall’orfanotrofio per tornare nella sua Kathmandu, che sulla strada si imbatte in un gruppo di bracconieri riuscendo a salvare un cucciolo di tigre del Bengala, Mukti. La strana coppia intraprende così un viaggio pericoloso e rivelatore verso il monastero Taktsang, noto come Tana della Tigre, dove i due dovrebbero finalmente essere al sicuro e sotto la protezione dei monaci buddhisti himalayani. Sulle loro tracce, oltre a cacciatori senza scrupoli e personaggi ambigui, anche la preoccupata Hannah (Claudia Gerini), direttrice della struttura che ospitava il bambino e in apprensione dopo la sua scomparsa

Amore e fratellanza, ma anche tradimento e delusioni si alternano in questa piccola grande Odissea, che il regista ha immaginato a partire dalla leggenda del Guru Rimpoche, l’uomo santo per i Buddisti, che volò nel IX secolo a cavallo di una tigre dal Tibet al Bhutan per fondare il monastero citato nel film. Uno spunto al quale sono seguiti diversi viaggi nel Nepal distrutto dal terremoto del 2015, nei quali Quilici ha potuto documentarsi e approfondire molti degli elementi che oggi irrobustiscono la sua ultima fatica.

Salvate la tigre

Coerentemente con gli obiettivi del programma del WWF “Save the tigers now”, il film racconta dei maestosi felini (dei quali restano solo 3900 esemplari, in libertà) e lo fa nella speranza di sensibilizzare il pubblico, soprattutto – ed espressamente – dei più giovani. Anche se forse potrebbero essere i “giovanissimi” gli spettatori ideali di una vicenda che mette insieme “le emozioni della fanciullezza e della crescita” e i temi della “conservazione della fauna selvatica e la scomparsa delle specie”.

Obiettivi senza dubbio raggiunti, da un prodotto che però oltre al grande lavoro di preparazione e al messaggio non sembra in grado di offrire una pari qualità a livello narrativo. Non è sicuramente facile lavorare con una fiera, e questo giustifica sicuramente le sequenze che le vedono in scena, ma a essere ancora più forzate sono alcuni snodi e caratterizzazioni – tanto tra i villain quanto tra i protagonisti – un po’ troppo ‘per bambini’.

Un limite che il film avrebbe potuto non porsi (ammesso che questo sia l’effetto di una strategia produttiva), consentendosi di raggiungere un pubblico più vario ed esigente di quello della sezione “dedicata alle giovani generazioni”. Che insieme a una generale perdita di spontaneità, delle premesse e uno sviluppo piuttosto canonici e una immagine degli animali quasi da cartoon d’altri tempi, offre qualche lezioncina di troppo, pur mostrando una interessante alternanza tra i diversi piani rappresentati da una Gerini meno sopra le righe di altre volte e dal piccolo ed espressivo  Sunny.

Impossibile non pensare al Due fratelli di Jean-Jacques Annaud e non restare a bocca aperta davanti alle splendide location scelte da Quilici, non a caso produttore e regista di oltre 100 special per reti televisive di tutto il mondo, tra cui National Geographic e Discovery Channel. Panorami difficili da vedere, quelli della giungla del Chitwan (dove riprese sono state possibili solo dall’alto degli elefanti, per non disturbare le tigri) e di Kathmandu, fino alle vette più alte dell’Himalaya, che fanno passare in secondo – o terzo – piano anche la fretta con cui si arriva al rassicurante (e un po’ slegato) finale.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
Articolo precedenteTutto chiede salvezza, la conferenza stampa della serie Netflix
Articolo successivoLa Cura, recensione del film di Francesco Patierno
il-ragazzo-e-la-tigre-la-recensione-del-film-con-claudia-geriniPanorami difficili da vedere, quelli della giungla del Chitwan (dove riprese sono state possibili solo dall’alto degli elefanti, per non disturbare le tigri) e di Kathmandu, fino alle vette più alte dell’Himalaya, che fanno passare in secondo - o terzo - piano anche la fretta con cui si arriva al rassicurante (e un po' slegato) finale.