Il sapore della felicità è il secondo lungometraggio di Slony Sow – titolo originale, Umami. Arriva dopo una serie di corti e la buona accoglienza ricevuta nel 2015 dal precedente film, Parisiennes. Di questo nuovo lavoro Sow cura la regia, la sceneggiatura, il montaggio e la produzione. Sceglie poi di affidarsi a una coppia di attori coi quali ha già lavorato. Gérard Depardieu ed Eriko Takeda erano infatti stati protagonisti nel 2011 del corto Genouille d’Hiver. L’attrice ha interpretato anche Parisiennes.
La trama de Il sapore della felicità
Gabriel Carvin, Gérard Depardieu, è un famosissimo chef francese, che ha appena ricevuto la sua terza stella. Il riconoscimento dovrebbe renderlo felicissimo, ma lui non riesce ad esserlo. Alle soglie della pensione, sente che alla sua esistenza manca più di qualcosa. Amante dei piaceri della vita e del suo lavoro, ha sempre dato il massimo in cucina. La salute, il matrimonio e i rapporti familiari ne hanno risentito. Sua moglie, Sandrine Bonnaire, frequenta un altro uomo. Il suo rapporto coi figli è quasi inesistente. Jean, Bastien Bouillon, lavora al ristorante con il padre, ma i rapporti tra i due sono tesi. Il figlio minore, Nino, Rod Paradot, non ha ancora deciso cosa fare del suo futuro. Quando Gabriel rischia la morte, decide di rimettere ordine nella sua vita. Così, inizia a cercare l’origine del suo malessere. Sembra trovarla in un concorso culinario in cui, tanti anni prima, un cuoco giapponese gli soffiò il podio con una zuppa di noodles dal gusto inconfondibile quanto misterioso. Alla ricerca di questo sapore, Gabriel viaggia verso il Giappone. Lì lo attendono incontri e scoperte umane e culinarie che lasceranno il segno.
Giappone – Francia, andata e ritorno
Se Parisiennes raccontava il viaggio dal Giappone alla Francia di una giovane scrittrice, si può dire che Il sapore della felicità rappresenti in un certo senso un ritorno dalla Francia verso il Giappone. Mentre il tema della scoperta di sé è una costante di entrambi i lavori. Sow si trova dunque particolarmente a suo agio nel muoversi tra questi due mondi, apparentemente così diversi, distanti non solo geograficamente. Eppure, sembra dire il regista, l’umanità è tale a tutte le latitudini, e pertanto mostra inaspettate affinità. Visivamente. il Giappone del film non è certo quello inatteso e nascosto. Corrisponde piuttosto a un immaginario occidentale. Umanamente, però, si cerca di fare un lavoro che vada oltre i cliché e approfondisca il lato umano. Il che riesce al regista. Occorre dunque riconoscere a Sow la capacità di creare un efficace mix Francia – Giappone. Il montaggio da lui curato, li alterna senza confondere lo spettatore. Altrettanto ben orchestrato l’intreccio tra le vicende della famiglia francese e di quella giapponese. Tutto si compone agilmente.
Umami
La metafora portante del film è quella dell’umami. Gabriel cerca il segreto di questo cosiddetto quinto gusto, presente nella cucina giapponese, che rende alcuni piatti particolarmente appetitosi. Capendo in cosa consista veramente e facendo un viaggio anche umano, il protagonista verrà illuminato sulla propria vita e su quale sia l’ingrediente che le manca per essere davvero soddisfacente. Senza dubbio eccentrica e originale, la metafora inizialmente può sembrare poco calzante, ma al contrario si rivela efficace.
Depardieu e il cast
Immaginare come protagonista di un film uno chef stellato francese bisbetico non è forse di grande originalità e può rientrare in uno stereotipo, ma quando lo si fa interpretare a un attore come Gérard Depardieu, nulla è scontato. Depardieu è perfetto per il ruolo di Gabriel, un uomo che ha bisogno di ritrovare sé stesso dopo aver rischiato di morire. Il protagonista si accorge di ciò che ha trascurato e di quanto non ha realizzato. Al di fuori del lavoro, Gabriel non ha soddisfazioni, a parte il cibo e l’alcol. È un uomo disfatto. Depardieu lo interpreta con maestria, non senza un’intelligente tocco autoironico. L’attore francese si esprime al meglio anche solo con gli strani versi che spesso produce a commento di ciò che gli accade. Il suo mugugnare è più espressivo di tante parole. Bravi anche gli altri interpreti del cast: da Kyozo Nagatsuka, il rivale giapponese di Gabriel, a sua nipote, interpretata da Eriko Takeda, a Rod Paradot, nei panni di Nino, fino a Pierre Richard, il migliore amico di Gabriel. Da notare poi alcune caratterizzazioni particolari, all’interno del cast giapponese.
Non solo commedia culinaria
Il sapore della felicità è una commedia di intrattenimento godibile, con metafora culinaria la si potrebbe definire gustosa. Adatta, certo, per chi ama i film ambientati nel mondo della ristorazione. Tuttavia, affronta anche temi seri, come revenge porn e depressione. Vi è una critica all’eccessivo peso che oggi si dà alla rete e ai social nella vita quotidiana, al ruolo degli influencer, che acquisiscono sempre più spazio ed importanza. Ha un finale a sorpresa, che non piacerà a tutti e potrà lasciare con l’amaro in bocca, soprattutto i più romantici. Distribuito da Wanted Cinema, Il sapore della felicità arriverà nelle sale italiane dal 31 agosto.