La Banda degli Onesti: recensione del film con Totò e Peppino

Abbiamo rivisto La banda degli onesti (1956), una delle commedie più amate con Totò e Peppino De Filippo, diretta da Camillo Mastrocinque e scritta da Age & Scarpelli. Un film che, dietro la risata, riflette con arguzia sull’onestà, la povertà e le piccole contraddizioni dell’Italia del dopoguerra.

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Metti l’esilarante e affiatata coppia Totò e Peppino, aggiungici una spalla simpatica e buffa come Giacomo Furia, il tutto contestualizzato nell’Italia degli ingenui, onesti e squattrinati, e otterrai La Banda degli onesti. Scritto dalla coppia Age & Scarpelli, questo film datato 1956 è diretto da Camillo Mastrocinque, regista che ha firmato 64 film, tra cui diversi lungometraggi con la coppia Totò-Peppino, o anche uno solo dei due, e Walter Chiari. Lavorando con autentici geni della comicità, Mastrocinque limitava molto il suo intervento sul set, lasciando carta bianca alla spontaneità degli attori protagonisti.

La trama di un’Italia ingenua ma vera

Metti insieme l’esilarante coppia Totò e Peppino, aggiungi una spalla irresistibile come Giacomo Furia, colloca il tutto in un’Italia popolata di ingenui e onesti squattrinati, ed ecco La banda degli onesti. Il film racconta di Antonio Buonocore (Totò), portiere romano dal cuore buono che, per caso, entra in possesso di un set di cliché e carta filigranata rubati alla Banca d’Italia. Invece di distruggere il materiale, come promesso a un moribondo, decide di usarlo per stampare banconote false, coinvolgendo il tipografo Lo Turco (Peppino De Filippo) e il pittore Cardone (Giacomo Furia). I tre, animati più dal bisogno che dal crimine, si improvvisano falsari in una serie di gag irresistibili e di situazioni al limite del paradossale. Quando però Buonocore scopre che il figlio, giovane finanziere, sta indagando proprio su quelle banconote, la commedia sfocia in un’irresistibile ironia morale.

Totò e Peppino, maestri della comicità e del carattere italiano

Diretto da Camillo Mastrocinque, che lascia grande libertà d’improvvisazione ai suoi attori, il film è un perfetto esempio di equilibrio tra comicità surreale e critica sociale. La coppia Totò–Peppino funziona come un orologio comico: Totò con la sua mimica e i suoi giochi linguistici costruisce un’umanità buffa e tragica, mentre Peppino, con la sua bonaria rigidità, ne è il contrappunto ideale. Le scene cult – dalla prima stampa della banconota alle riunioni notturne della “banda” – restano modelli di ritmo comico e di scrittura cinematografica.

Age & Scarpelli firmano una sceneggiatura che nasconde, dietro la farsa, una riflessione sull’onestà come valore relativo in un Paese dove la povertà spinge a compromessi. L’Italia che emerge è quella dei piccoli sogni, delle illusioni di riscatto, delle tentazioni morali, raccontata con un’ironia che oggi conserva intatta la sua forza.

Un inno all’onestà e alla commedia di costume

La banda degli onesti non è solo un film comico, ma un ritratto sociale di un’Italia sospesa tra miseria e dignità, che ride dei propri limiti per non soccombere ad essi. La regia di Mastrocinque, apparentemente semplice, lascia parlare gli attori e il linguaggio popolare, mentre la fotografia e l’ambientazione romana restituiscono il tono realistico e affettuoso del Paese di quegli anni.  Rivederlo oggi significa riscoprire un cinema capace di far riflettere con il sorriso, dove la risata non cancella la malinconia ma la sublima.

La banda degli onesti
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Sommario

Un classico intramontabile della commedia italiana. La banda degli onesti resta una lezione di comicità e umanità, capace di unire leggerezza e riflessione morale. Totò e Peppino regalano una delle loro migliori interpretazioni, rendendo attuale un racconto che parla ancora oggi di onestà, bisogno e amicizia.

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Redazione
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