La mia vita da Zucchina recensione del film di Claude Barras

La mia vita da Zucchina

Arriva al cinema il primo dicembre La mia vita da Zucchina, film d’animzione in stop-motion diretto da Claude Barras.

 

Icare è un bambino di nove anni che preferisce essere chiamato Zucchina. Dopo la morte della madre alcolizzata, che lui è convinto di aver provocato, viene mandato a soggiornare in una casa famiglia. Tra diffilcoltà di ambientamento, problemi con un bambino irruento, prepotente e più grande di lui, Zucchina cercherà di adattarsi a una normalità completamente diversa e a integrarsi con i piccoli ospiti della comunità. Con i suoi nuovi problematici amici e soprattutto  con la dolcissima Camille, della quale si innamora perdutamente al primo sguardo, riuscirà a superare ogni difficoltà, incamminandosi verso una nuova, quanto inaspettata, dimensione di vita.

La mia vita da Zucchina è un piccolo, variopinto e tenero capolavoro, di rara sensibilità e infinita poesia, interamente realizzato in animazione stop-motion. E’ interpretato da burattini meravigliosi dalle grandi teste, gli occhi enormi, con i capelli di colori sgargianti. Sono pupattoli che ispirano simpatia e tenerezza in ogni fotogramma, così espressivi da riuscire a superare in bravura i migliori attori in carne e ossa.

Il film è una coproduzione franco-svizzera tratta dal fortunato libro di Gilles Paris Autobiografia di una Zucchina (pubblicato in Italia da Piemme – Mondadori), un racconto di formazione tenero e poetico di cui il regista Claude Barras si è innamorato perdutamente e ha deciso di farne una trasposizione animata, avvalendosi della collaborazione di Céline Sciamma (regista di TomBoy) per creare una sceneggiatura semplice, lineare, quanto perfetta e struggente.La mia vita da Zucchina

Claude Barras afferma: “La vicenda e il modo in cui è raccontata mi hanno riportato alla mia infanzia e ricordato le mie prime emozioni da spettatore, grazie a film come I 400 colpi o Bambi e a serie animate come Remi, Belle e Sébastien o Heidi. Ho voluto condividere con il pubblico di oggi quelle emozioni, meravigliose e formative, ma soprattutto rendere omaggio a quei bambini, trascurati e maltrattati, che fanno del loro meglio per andare avanti e convivere con le loro ferite.”

E Céline Sciamma aggiunge: “Non mi ci è voluto molto per gettarmi nell’avventura , è bastato il disegno di un personaggio fatto da Claude Barras. L’originalità e la sensibilità del suo tratto non solo rifletteva l’amore per la sua creatura, ma riusciva a trasmetterlo, facendomi subito innamorare del progetto.

La mia vita da Zucchina: la recensione

Tutto questo entusiasmo si avverte in ogni singola immagine, facendo apparire un lavoro lungo e faticoso come quello dell’animazione a passo uno, un gioco delicato e leggero, in grado di trasmettere emozioni, delicatezza e poesia, semplicemente con un piccolo battito di palpebre, con il tremolio di una mano, con un sorriso stentato. La durata di appena sessantasei minuti è perfetta, la storia vola leggera senza mai incepparsi o appesantirsi. Non c’è nulla di superfluo e non manca nulla. Ci sono tante invenzioni preziose, come la festicciola nella baita sulla neve, dove i bambini ballano felici al ritmo di Eisbaer dei Gruezone, o la continua preoccupazione di uno dei bambini per l’esplosione del pisellino quando si è con una ragazza.

Il film è stato accolto trionfalmente all’ultimo festival di Cannes ed è stato premiato ad Annecy come miglior lungometraggio d’animazione. È considerato tra le possibili sorprese agli Oscar 2017.

Nel commentare La mia vita da Zucchina c’è chi ha parlato di strambi punti d’incontro tra Tim Burton e Ken Loach o c’è anche chi ha scomodato Truffaut e la Nouvelle Vague. Ma una cosa è sicura, questo piccolo film è la prova che si può ancora fare un cinema diverso, con il cuore, utilizzando una tecnica che era stata a lungo dimenticata e sostituendo strapagati attori famosi con dei dolcissimi pupazzi dai colori sgargianti, che chiedono solamente di essere compresi e amati.

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