La misteriosa mirada del flamenco, recensione del film vincitore di Un Certain Regard 2025

Un esordio che mescola western e lirismo queer per raccontare, tra epidemie e pregiudizi, la forza di una famiglia scelta.

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Tra gli esordi più interessanti visionati ad Un Certain Regard, sezione parallela del concorso principale di Cannes 78, c’è sicuramente La misteriosa mirada del flamenco del cileno Diego Cèsped. Un western queer che straborda di amore per i personaggi rappresentati e per gli ambienti inquadrati; un inno a una terra “di nessuno”, che vive di chi la abita e in cui la famiglia che ci scegliamo può salvarci dall’imperversare di un’epidemia inarrestabile.

Bendatevi gli occhi

La misteriosa mirada del flamenco racconta la storia di Lidia, una bambina di undici anni che cresce in una comunità queer ai margini di un ostile villaggio minerario del nord del Cile negli anni ’80. Quella a cui la dolce Lidia fa affidamento è a tutti gli effetti una famiglia elettiva, che prova a sopravvivere in un contesto profondamente segnato dall’emarginazione e dalla violenza. Le tante mamme e sorelle di Lidia, tutte transessuali, sono relegate in una casa/taverna isolata e temute dai minatori locali, convinti che un loro sguardo sia sufficiente a favorire il contagio di una misteriosa malattia (una sorta di rielaborazione onirica dell’AIDS).

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Il punto di vista infantile di Lidia, interpretata con intensità da Tamara Cortés, guida lo spettatore tra le pieghe di un microcosmo che vorrebbe denigrare queste personalità non etichettabili ma che, al contrario, le fa sbocciare ancora di più. Il composito parterre attoriale assemblato da Cèsped è semplicemente strepitoso: dalla ragazzina protagonista a tutte le anime che abitano questo colorito punto di ritrovo in mezzo al nulla. Le protagoniste sprigionano tutta la grinta e la passione degli animali da cui prendono il nome e, paradossalmente, anche se affette da questa malattia innominabile, sono l’unica cosa che anima un paesaggio mortifero. Tra loro spiccano Flamenco (Matías Catalán), figura quasi mitologica, e Mama Boa (Paula Dinamarca), la matriarca della casa. La convivenza tra questi due mondi esplode inevitabilmente in uno scontro violento, che obbliga Lidia a una scelta dolorosa: vendetta o redenzione?

Lidia in una scena de La misteriosa mirada del flamenco
Lidia in una scena de La misteriosa mirada del flamenco © ARIZONA FILMS DISTRIBUTION

Un cast esplosivo e un microcosmo vibrante

Curiosamente, La misteriosa mirada del flamenco si apre a un dialogo diretto con diversi altri titoli del concorso principale di Cannes 78, soprattutto per quanto riguarda alcune tematiche trasversali che li attraversano: prime fra tutte, la famiglia che ci si sceglie e l’idea della tossicità che va a rovinare i corpi ma non non inasprisce mai il nostro desiderio di contatto l’uno con l’altro. In particolare, il film di Diego Cèsped è molto vicino ad Alpha di Julia Ducournau, pur inquadrando il contagio e l’epidemia da una lente completamente diversa.

La misteriosa mirada del flamenco oscilla tra le fantasie oniriche di una ragazzina divisa tra il cedere alle dicerie paesane e il seguire la voce di chi l’ha protetta e cresciuta, cercando di farsi trattare “da grande”, per poter conoscere il segreto di qualcosa che nessuno ha mai voluto rivelarle davvero. Tamara Cortés restituisce con grande accortezza questo dilemma interiore e il modo in cui si rapporta con le figure adulte è intriso di una tenerezza disarmante, a metà tra l’innocenza infantile e i sospetti dell’adolescenza.

Il conflitto tra innocenza e consapevolezza

Cèsped dipinge la malattia con grande dignità, associandola all’idea di un amore incessante a cui, per quanto si possa cercare di resistere, bisogna per forza arrendersi. La forza femminile nulla può di fronte all’ignoranza dei minatori che, in uno dei frangenti più comici del film, diventeranno anche alleati di Mama Boa e compagnia. Perché sì, in questo film si ride e si piange: il giovane regista cileno gioca con grande intelligenza tra toni e generi, senza mai perdere il focus. Anche se lo scenario è decisamente atipico, Cèsped riesce a parlare in ogni momento di vita vera (e quantomai al nostro presente). Lo sguardo dell’amore non può mai uccidere e famiglia non significa condividere legami di sangue, ma non avere mai paura di guardarsi intensamente negli occhi.

La misteriosa mirada del flamenco
3.5

Sommario

La misteriosa mirada del flamenco è un debutto sorprendente e toccante, che fonde sapientemente immaginario onirico e realtà sociale. Diego Cèsped dirige con coraggio un racconto di formazione intriso di amore e resistenza, dove la tenerezza dell’infanzia si confronta con la brutalità del mondo adulto.

Agnese Albertini
Agnese Albertini
Nata nel 1999, Agnese Albertini è redattrice e critica cinematografica per i siti CinemaSerieTv.it, ScreenWorld.it e Cinefilos.it. Nel 2022 ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Letterature straniere presso l'Università di Bologna e, parallelamente, ha iniziato il suo percorso nell'ambito del giornalismo web, dedicandosi sia alla stesura di articoli di vario tipo e news che alla creazione di contenuti per i social e ad interviste in lingua inglese. Collaboratrice del canale youtube Antonio Cianci Il RaccattaFilm, con cui conduce varie rubriche e live streaming, è ospite ricorrente della rubrica Settima Arte di RTL 102.5 News.

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