La Pitturessa: recensione del documentario su Anna Paparatti

Il film ripercorre la storia dell'arte italiana dagli anni Cinquanta ad oggi attraverso gli occhi dell'artista Anna Paparatti.

La pitturessa recensione film

L’Italia è (anche) un Paese di artisti e oltre i più noti tra essi si agita un’intera galassia di personalità forse anche più interessanti di quelle di cui conosciamo il nome. Tra questi vi è Anna Paparatti, donna libera nata in Calabria e arrivata a studiare all’Accademia di Belle Arti di Roma con il talento e la vocazione per la pittura, distintasi per una serie di dipinti geometrici divenuti particolarmente popolari nel corso degli anni Sessanta. A lei è dedicato il documentario La Pitturessa (qui il trailer), diretto da Fabiana Sargentini (Tutto su mio padre Fabio SargentiniNon lo so ancora), figlia della stessa Paparatti, a cui dunque dedica un ritratto che alterna momenti di gioco a serietà critica.

L’occasione per tale progetto di documentario si sviluppa in seguito a quando, nel 2021, la direttrice artistica di Dior, Maria Grazia Chiuri, propone a Paparatti di usare i suoi quadri geometrici, “Il grande gioco” e “Pop-oca”, “Le jeu qui n’existe pas” e “Il gioco del nonsense” – tele rimaste per anni nella sua grande casa sul Lungotevere a Roma – per costruire il set up della sfilata parigina del prêt-à porter di Dior nello stesso anno. Occasione che dunque riporta Anna Paparatti di nuovo sulla scena contemporanea.

Anna Paparatti, la Pitturessa

La Pitturessa ripercorre dunque la storia di Anna Paparatti, che in seguito agli studi in Accademia è entrata a far parte, dal di dentro, di cinquant’anni di storia dell’arte contemporanea italiana e internazionale. In particolare, nel film confluisce la sua forte fascinazione per la cultura e la filosofia indiana, ma naturalmente anche il rapporto con il gallerista Fabio Sargentini, dalla cui galleria L’Attico passarono artisti e intellettual che hanno animato la scena artistica romana e internazionale degli anni 60 e 70 e entrando in contatto con i quali Paparatti ha avuto modo di formare ulteriormente la propria personalità artistica.

Proprio L’Attico rappresenta un momento spartiacque nella vita e nella carriera di Anna Paparatti. Nella celebre galleria italiana, dove oltre all’arte trovano spazio anche le avanguardistiche ricerche musicali e performative che tanto contribuirono alla diffusione di determinate culture, l’artista diventa una vera e propria figura di riferimento per quanti gravitavano intorno a quell’ambiente, da Pino Pascali a Piero Pizzi Cannella (presente in La Pitturessa come narratore) fino a Sol LeWitt, celebre artista legato a vari movimenti, tra cui l’arte concettuale e il minimalismo.

Raccontare la sua storia significa dunque raccontare anche quella di un ambiente artistico e culturale di un’Italia che non c’è più. Ciò viene compiuto attraverso materiali inediti dell’archivio personale dell’artista, immagini di repertorio uniche, fotografie e opere diverse, oltre a frammenti di film importanti in cui si ritrovano i suoi quadri. Fondamentali sono naturalmente anche le interviste ai compagni di viaggio che hanno osservato tutto il percorso e poi l’ascesa di Paparatti nel panorama internazionale. In mezzo a tutti questi elementi, spicca però la presenza della stessa Paparatti, la quale si racconta senza filtri e offre la propria affascinante visione dell’arte.

La pitturessa Anna Paparatti Fabiana Sargentini

Artisti si nasce, madri si diventa

“Essere artisti? Lo sei. Non puoi fare altro” afferma infatti Anna Paparatti nelle prime scene del documentario e per l’intera durata di esso la regista Fabiana Sargentini porta avanti una delicata indagine su cosa tale consapevolezza abbia significato per sua madre e come questa sua vocazione abbia travolto ogni altro aspetto della sua vita. Perché se è vero che La Pitturessa offre un dettagliato excursus storico, è bene notare che questo racconto collettivo si anima a partire dal rapporto tra una madre e una figlia e che questo detta a suo modo l’andamento e il percorso compiuto dal documentario.

Fabiana Sargentini – proprio come aveva già fatto con il documentario dedicato a suo padre – ci guida alla scoperta di sua madre Anna Paparatti, dando l’impressione di riscoprirla a sua volta mentre il film si svolge e ciò conferisce al documentario quella certa spontaneità e sensibilità capaci di far diventare universale una storia così personale. Con La Pitturessa, dunque, si apprende e ci si sorprende, ci si diverte per l’arguzia di Anna Paparatti e allo stesso tempo si ha la conferma di quanto l’odierno mondo dell’arte italiana sia variegato e meritevole di essere scoperto.

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RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
la-pitturessa-anna-paparattiLa Pitturessa potrebbe sembrare un'opera troppo personale per poter coinvolgere un pubblico estraneo alla sua vicenda. Eppure, Fabiana Sargentini parte dal personale per aprirsi al generale, dosando attentamente gli ingredienti del suo documentario per offrire un interessante racconto storico e un toccante racconto personale.