Little Joe: recensione del film di Jessica Hausner – #Cannes72

Little Joe

Ci sono film che dimostrano di meritare la partecipazione al concorso ufficiale di un festival prestigioso come quello di Cannes. Little Joe, di Jessica Hausner, tuttavia non è tra quelli. Presentato al Festival di Cannes 2019, il nuovo lungometraggio della regista austriaca rivela una storia debole, penalizzata in particolare da scelte di regia che disturbano anziché attrarre.

 

Il film ha per protagonista Alice (Emily Beecham), una madre single e particolarmente devota al suo lavoro di sperimentatrice di nuove specie di piante. La sua ultima ricerca riguarda un particolare tipo di fiore, chiamato Little Joe, che, oltre ad attrarre per la sua bellezza, è in grado grazie al suo profumo di rendere felice chi si trova nelle vicinanze. Con l’avvicinarsi del lancio sul mercato di questo però, strane cose iniziano ad accadere e Alice comincia a nutrire sospetti su Little Joe, il quale potrebbe non essere innocuo come sembrerebbe.

Sulla carta il film aveva il potenziale per rivelarsi buon thriller sci-fi. La trama infatti consente numerose strade percorribili, ma al momento della realizzazione del film evidentemente sono state prese quelle errate. Benché le premesse fossero interessanti, la sceneggiatura acquista ben presto un tono di innaturalità che porta al manifestarsi di diversi buchi di sceneggiatura e, in particolare, la mancanza di un vero e proprio sviluppo del conflitto.

Nel momento in cui la protagonista inizia a nutrire sospetti sulla sua creazione, nulla di veramente significativo accade perché lo spettatore possa essere sempre più coinvolto. I sospetti continuano, fino a concretizzarsi ma risolvendosi in un nulla di fatto. Si aspetta così qualcosa che è destinato a non arrivare, e il fatto che le domande poste rimarranno senza risposta diventa chiaro ben prima del finale. Ciò che sembra mancare più di tutto è poi la minaccia che le piante del film portano con sé. Impariamo a conoscerle ma, benché la loro natura appaia pericolosa, si rimane all’oscuro di quale realmente sia il pericolo che si corre. Chi vi entra in contatto subisce effettivamente un cambiamento, ma che non porta a sviluppi né intelligenti né inquietanti.

La regista e sceneggiatrice sembra più che altro interessata a generare un atmosfera di tensione che possa supportare la storia. All’inizio il suo intento sembra riuscire, ma nel momento in cui lo spettatore comprende che ben poco accadrà di nuovo, la tensione viene presto a sgretolarsi lasciando il posto ad un senso di noia e irritazione. Certamente non aiutano i costanti movimenti di macchina, i più dei quali risultano ingiustificati. Se l’intento era quello di generare una tensione nello spettatore, come detto prima, questa viene ben presto a scemare. Altro elemento particolarmente fastidioso è una colonna sonora eccessivamente presente, particolarmente ricca di suoni e rumori. Questa  è marcatamente posta sia nei momenti più cruciali che in quelli meno adatti, finendo per ottenere l’effetto opposto a quello desiderato.

Non è chiaro quale fosse l’intento della Hausner con Little Joe, ma la sensazione generale è di un’occasione sprecata. Un’idea che poteva racchiudere un potenziale ma che, come il fiore protagonista del film, sembra emanare solo una pallida parte di ciò che poteva essere.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
little-joe-di-jessica-hausnerNon è chiaro quale fosse l’intento della Hausner con Little Joe, ma la sensazione generale è di un’occasione sprecata. Un’idea che poteva racchiudere un potenziale ma che, come il fiore protagonista del film, sembra emanare solo una pallida parte di ciò che poteva essere.