Lourdes – recensione del film di Jessica Hausner

Lourdes – Dopo una sfilza di premi ricevuti in giro per l’Europa tra i quali, ahimè, è mancato quello a Venezia, sbarca l’11 febbraio 2010 (stesso giorno della prima visione di Bernadette a Lourdes) nei cinema nostrani l’ultima creatura di Jessica Hausner, talentuosa regista austriaca arrivata al suo terzo lungometraggio. Lourdes è la storia di Christine che trascorre la sua vita su una sedia a rotelle a causa di sclerosi multipla. Recatasi a Lourdes per un pellegrinaggio religioso, si scopre dopo pochi giorni miracolata ed in grado di camminare.

 

Christine dovrà quindi affrontare la gelosia e l’ammirazione degli altri pellegrini ma anche l’amore di un affascinante membro dell’Ordine di Malta, che incomincerà a interessarsi a lei dopo la miracolosa guarigione. Allo stesso tempo il comitato medico preposto all’esame dei presunti miracoli, resta incerto in quanto la malattia alla quale è soggetta la ragazza è imprevedibile e legata anche a rapidi quanto brevi miglioramenti. Già dal precedente film “Hotel”, la Hausner sembra prediligere ambienti chiusi e situazioni soffocanti, non a caso entrambe le protagoniste sotto una parvenza distaccata nascondono un animo sensibile ma anche forte.

Lourdes pone interessanti questioni senza però conferirne un aspetto preciso ma preferendo stimolare nello spettatore una riflessione sui contenuti filosofici – religiosi del lungometraggio.
La protagonista Christine non esce mai di casa, le uniche possibilità di “svago” sono i viaggi di pellegrinaggio.

Con uno spirito disincantato e non profondamente devoto affronta il viaggio a Lourdes con le insicurezze tipiche di chi vive in uno stato di disabilità e non riesce a trovare le risposte nella chiesa. “Perché è successo proprio a me?” – “Perché alcuni guariscono e altri no?” , il lungometraggio ci mostra crudelmente come un prete che accompagna il gruppo della ragazza non riesca a trovare risposte esaurienti a questi quesiti, risultando spesso evasivo e involontariamente ironico.

“Se il Signore è buono e contemporaneamente onnipotente perché non guarisce tutti? Forse non è buono ma cattivo” questo si chiede uno dei tanti credenti accorsi nelle piscine miracolose di Lourdes, la Hausner ci trasmette quindi tutte le perplessità di chi, magari anche più volte all’anno, compie viaggi della speranza e col tempo vede scemare quest’ultime, ma ci mostra anche l’ipocrisia di tanti che a dispetto di dettami cattolici ben precisi non si fanno problemi a sbeffeggiare il prossimo se “miracolato”, il tutto è girato con tanta naturalezza e originalità con uno stile che ricorda molto Dreyer e Bresson ma anche Bunuel citato dalla stessa regista.

Lourdes

Maria, una giovane e bella volontaria che accudisce Christine durante tutte le giornate a Lourdes è l’archetipo della sua vita ideale, socievole e allegra, preferisce frequentare i suoi coetanei, è attratta dall’affascinante guardia dell’Ordine di Malta ed è sfuggevole nei confronti della malattia della protagonista, durante il film l’invidia farà un tragitto andata e ritorno nel rapporto tra i due personaggi e Christine si appoggerà alla signora Hartl, burbera e solitaria vecchietta senza alcun malanno fisico che tenta a Lourdes di ritrovare un senso alla sua vita o quella che nel film viene sbandierata più volte come “cura dell’anima” dal sacerdote di turno.

Alla fine Christine ,nonostante un repentino peggioramento delle sue condizioni fisiche, sentirà la necessità di non abbandonare i suoi sogni e di credere nel “miracolo”,  mantenendo intatto la positività che l’aveva contraddistinta.

 

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