Nowhere Special

Nowhere Special è l’ultimo film di Uberto Pasolini e uscirà nelle nostre sale l’8 dicembre, ma era stato presentato l’anno scorso alla 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica a Venezia per la sezione Orizzonti. Il regista non era nuovo a Venezia, perché aveva già presentato Still Life nel 2013, con il quale vinse il premio alla regia per quella stessa sezione.

 

La delicatezza è rimasta la sua cifra stilistica, soprattutto utilizzata con temi imponenti come la morte: vissuta da chi resta e chi se ne sta per andare.

Nowhere Special, la trama del film

In Nowhere Special c’è John (James Norton), padre single e senza famiglia d’origine, a cui restano pochi mesi di vita e che deve scegliere dei genitori adottivi per Michael, il suo bimbo di quattro anni (Daniel Lamont).

È deliziosa la tenerezza del personaggio che James Norton sa tirare fuori da sé, anche alla luce del suo curriculum di cattivi e personalità ambigue che ha interpretato nel corso degli anni (le serie Happy Valley e McMafia, o la pellicola L’apparenza delle cose). Il modo in cui sta accanto al piccolo Michael, e tutti i silenzi densi e ricolmi di sguardi, regalano una prova attoriale – anche per quanto riguarda il giovanissimo Daniel Lamont – di un livello davvero lodevole, considerando tra l’altro la capacità di guidare il piccolo.

Uberto Pasolini, poi, scrive e dirige tutta la storia sfruttando il pallido e umido sole di Belfast, con scene concise, ma piene ed essenziali nell’arrivare dritte al sodo della faccenda, serrata negli occhi scavati e malinconici di John che si rivolgono sempre con innamorata arrendevolezza al visetto paffuto di Michael.

L’innegabile bellezza dello stile narrativo del regista risiede nel suo saper fare trasudare prima di tutto dalla messa in scena ciò di cui vuole veramente parlare, e di conseguenza da quale angolazione farlo.

È chiaro che sia straziante tutto già da subito, non solo per la storia in sé – peraltro tratta da un fatto vero – ma anche per quello che inesorabilmente ne conseguirà: cosa mai potrà provare un padre di trentaquattro anni che sa che dovrà delegare la crescita di suo figlio a qualcun altro perché lui sta per morire?

NOWHERE SPECIAL film 2020Il centro infatti resta la piega che l’autore vuole far prendere all’oggetto che sta trattando che spinge lo spettatore a riflettere, sequenza dopo sequenza, sollevando tutto ad un livello superiore e facendo uso dei volti dei suoi splendidi attori. Perché quello che in fondo viene descritto non è solamente la bruttezza della morte, ma la perenne forza creatrice della vita, nonostante tutto.

La verità, dopotutto, è che nulla di quello che è nostro lo è realmente. Sembrerebbe una triste ovvietà, ma non lo è così tanto. Uberto Pasolini ama fluttuare in modo dolce su uno dei dolori più disperanti che esistano, così come su una delle paure più grandi, anzi, probabilmente la più grande in assoluto. Ma nel farlo riesce a spiegare l’aspetto più semplice che è condensato nella soluzione migliore a tutto quello che non possiamo controllare: la fiducia.

Quello che resta dopo la morte

Ciò che il regista racconta della morte è che non spazza via tutto con sé, anzi. Quello che resta è la parte più importante ed è su questo che si poggia il protagonista. Il senso prezioso della sua vita è quello che lascia al suo piccolo, e niente di più. È la sua eredità e la consapevolezza di quanto sia importante a dargli forza, perché sarà la stessa che riceverà Michael col suo ricordo, giorno dopo giorno. Solo il suo amore rimarrà, ed è descritto con sofferta chiarezza.

Pasolini è sostanzialmente un artista dal tocco fuori dall’ordinario, che riesce di nuovo ad affrontare un argomento complesso, non solo senza scadere nel melenso, ma dicendo il minor numero di parole possibili.

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