P.O.E Poetry of EerieNegli otto corti selezionati da Distribuzione Indipendente per la versione cinematografica di P.O.E Poetry of Eerie che uscirà in sala il 7 giugno, la letteratura del terrore di Edgar Allan Poe si presenta come un semplice spunto narrativo da cui partire per costruire qualcosa di diverso, di estremamente personale e  contemporaneo. Se infatti permane il tema dell’ironia  della sorte che si abbatte tragicamente sull’esistenza dei protagonisti, questo elemento stesso è ricalcato sul versante del grottesco e, a tratti, della parodia. E’ il caso della Verità sul caso Valdemar, diretto da Edo Tagliavini, in cui il personaggio originario, un ammalato di tisi sottoposto alla pratica sperimentale della vesmerizzazione (dal nome del medico tedesco Franz Anton Mesmer), si trasforma, nella visione del regista, in una sorta di ambulante redivivo che si aggira indisturbato in un paese di provincia, in cerca di un fattucchiere da strapazzo che sia in grado di restituirgli la pace eterna. Sembra quasi si tratti di un manichino coperto di cerone sfuggito al set dell’Alba dei morti dementi di Edgar Wright, cui spetta una fine  pseudo-splatter e liqueforme. Si distingue, fra gli altri, l’episodio di Domiziano Cristopharo, il responsabile del progetto lanciato sulla rete,  e quello di Paolo Gaudio, esperto in tecniche d’animazione.

 

P.O.E Poetry of Eerie porterIl primo, Il giocatore di scacchi di Maelzel, riflette sul rapporto inquietante uomo-macchina proponendo una soluzione visiva e narrativa  riconducibile all’immaginario orrorifico cronenberghiano, per quanto qui in modalità ridotte e semplificate; nel secondo, Il gatto nero, tra le novelle più note dell’Autore ottocentesco, la trama, oltre a essere rivisitata, è trasposta in un cartoon in stop motion in cui il protagonista omicida è lo stesso Poe.

Un’opera corale insomma, costruita sui contributi di autori giovani ed emergenti (insieme a quelli già citati sono Le avventure di Gordon Pym di Giovanni Pianigiani e Bruno di Marcello, La sfinge di Alessandro Giordani, L’uomo della Folla di Paolo Fazzini, Il silenzio dei Fratelli Capasso e, infine, Canto sempre di Edo, sotto pseudomino giapponese) offerti nonostante il pochissimo tempo a disposizione (parametro volontariamente adottato nella selezione) e un badget inesistente, per il semplice piacere di sfidarsi sul campo della creatività e senza presunzione. Il risultato è altalenante e, certamente, ancora acerbo, nelle forme e nell’espressione, ma  certo interessante sia per ingegno che ideazione e meritevole, dunque, di essere considerato e, soprattutto, incoraggiato, per lasciare spazio a nuove leve e possibilità. E’ bene anche precisare, giusto per sottolineare il contesto ridicolo in cui i cineasti italiani sono costretti a lavorare, che il film è stato vietato ai minori di 18 anni, nonostante sia privo di scene di sangue e di violenza.

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