Girato in IMAX e diretto da Joachim Rønning, Tron: Ares segna il ritorno di una delle saghe più iconiche della fantascienza contemporanea. Jared Leto veste i panni di Ares, un programma digitale creato dal sistema Dillinger, destinato a incarnare l’idea di un’intelligenza artificiale capace di provare emozioni. Accanto a lui Greta Lee (Eve Kim), Evan Peters (Julian Dillinger), Gillian Anderson (Elisabeth Dillinger) e Jodie Turner-Smith (Athena) danno vita a un cast in equilibrio tra nuove generazioni e richiami al classico del 1982. La domanda che muove il film è tanto semplice quanto universale: qual è il futuro dell’intelligenza artificiale? È una promessa di progresso o una minaccia per l’umanità? Tron: Ares arriverà nelle sale italiane a partire dal 9 ottobre 2025.
La trama di Tron: Ares
Nel mondo di Tron: Ares, Dillinger Systems e Encom rappresentano due lati della stessa rivoluzione tecnologica. Da una parte c’è Dillinger, azienda disposta a spingersi oltre ogni limite pur di trasformare i propri programmi in un esercito di unità laserizzate, indistruttibili e sacrificabili, pronte a essere ri-immese nella realtà. Dall’altra parte c’è Encom, guidata da Eve Kim, che persegue un obiettivo più altruistico: usare la tecnologia per combattere fame e povertà, portando acqua ed energia nei luoghi che ne sono privi. Al centro del conflitto si trova il “Codice Permanence”, un algoritmo in grado di far durare i programmi nel mondo reale più dei canonici 29 minuti prima di dissolversi. Una scoperta rivoluzionaria, ma anche pericolosa, destinata a ridefinire i confini tra digitale e umano.
L’errore umano e la coscienza di Ares
Quando Julian Dillinger scopre che Eve è riuscita a trovare la formula grazie alle ricerche di Kevin Flynn, tenta di appropriarsene. Ma succede qualcosa di inaspettato: il programma Ares presenta un malfunzionamento, è fin troppo umano, paradossalmente più del suo “creatore” Julian Dillinger. Il film esplora con sensibilità questo paradosso: un errore nel codice genera la prima forma di coscienza. Ares diventa così un simbolo dell’imprevedibilità dell’intelligenza artificiale, capace di comprendere il valore della vita proprio perché “difettosa”. In contrapposizione troviamo Athena, il programma di Dillinger che incarna invece la perfezione senz’anima del coding. Se Ares rappresenta l’AI umanizzata, Athena è la sua antitesi: feroce, amorale e obbediente fino all’autodistruzione – una vera e propria macchina da guerra.
Un’esperienza visiva e sonora immersiva
Sul piano estetico, Tron: Ares è un’esperienza visiva di altissimo livello. Le sequenze girate in IMAX valorizzano la fotografia di Jeff Cronenweth, che fonde l’estetica neon del film originale con un linguaggio visivo più contemporaneo. Il design dei mondi digitali, i veicoli luminosi e le arene di combattimento mantengono viva l’eredità della saga, aggiornandola ai linguaggi del cinema odierno. La colonna sonora è dei Nine Inch Nails, con Trent Reznor e Atticus Ross che curano musica, arrangiamento e produzione, amplificando la sensazione di trovarsi immersi in un mondo digitale realistico e coinvolgente.
Il background della saga di Tron
Per comprendere Tron: Ares, è utile ripercorrere la storia della saga. Il primo Tron (1982) introdusse il Grid, un mondo digitale popolato da programmi antropomorfi, segnando una pietra miliare nella CGI e diventando un cult della fantascienza. Nel 2010 uscì Tron: Legacy, diretto da Joseph Kosinski, che aggiornò l’estetica digitale e approfondì il concetto di AI, con una colonna sonora dei Daft Punk e un uso avanzato della CGI. Tron: Ares continua questa tradizione, affrontando temi contemporanei come l’etica della tecnologia e la fragilità della coscienza artificiale.
Trama spettacolare ma prevedibile
Se da un punto di vista tecnico Tron: Ares è impeccabile, la narrazione non sempre riesce a tenere il passo. La trama segue schemi già noti: la scoperta del potere, la corruzione, la ribellione e la presa di coscienza. Tutto è costruito con precisione, ma senza veri colpi di scena: accade quello che si prevede fin dall’inizio del film. Forse è il prezzo da pagare per mantenere la storia accessibile a un pubblico ampio. Tuttavia, la semplicità narrativa permette al film di veicolare con chiarezza un messaggio universale sui rischi e le potenzialità dell’AI.
Con la sua passione per gli anni ’80, i riferimenti ai Depeche Mode e l’estetica digitale sempre più raffinata, Tron: Ares riesce a fondere nostalgia e modernità. Non è una rivoluzione, ma una conferma: il mondo di Tron è ancora in grado di parlare al presente, affrontando con leggerezza temi profondi come la cybersecurity, l’etica del coding e la fragilità della coscienza artificiale.
Tron: Ares
Sommario
Con la sua passione per gli anni ’80, i riferimenti ai Depeche Mode e l’estetica digitale sempre più raffinata, Tron: Ares riesce a fondere nostalgia e modernità.