Arriva il 9 maggio in solo Pokemon: Detective Pikachu, il primo adattamento in live action dedicato al fenomeno mondiale e crossmediale che dalla tv, ai giochi, passando per i fumetti, arriva anche al cinema. E benché il titolo citi il più famoso e forse il più carino di tutti questi animaletti (?), il film è una vera lettera d’amore ai fan dei Pokemon e ne mostra moltissimi, dai più comuni a quelli più rari.
Pokemon: Detective Pikachu è diretto da Rob Letterman, che sa bene come raccontare storie avvincenti a un pubblico molto giovane, e segue l’avventura del giovane Tim (Justice Smith), che viene a sapere della scomparsa di suo padre, il geniale detective privato Harry Goodman. Il ragazzo si tuffa immediatamente nell’avventura, aiutato da un singolare esemplare di Pikachu parlante, che però soltanto lui riesce a capire. La storia si trasforma subito in un giallo appassionante, ambientato tra le strade di Ryme City, la caotica e moderna metropoli in cui esseri umani e Pokemon vivono in armonia, fianco a fianco.
Tim imparerà e scoprirà molte cose lungo la strada, a partire dal valore dell’amicizia, del gioco di squadra e dell’importanza della famiglia che aveva sempre sottovalutato. Letterman racconta una storia estremamente semplice e lineare, con tutti i punti di svolta esattamente dove ce li aspettiamo, aggiunge però un tocco umoristico molto gustoso, una perfetta componente tecnica che amalgama alla perfezione esseri umani e Pokemon aggiunti i computer grafica, e un’apoteosi dei buoni sentimenti che non diventa mai stucchevole, complice anche la sagace interpretazione (vocale) di Ryan Reynolds che si diletta a prestare voce e movimenti a questo inedito e irriverente Pikachu.
Pokemon: Detective Pikachu è il primo capitolo di quello che ha tutte le carte in regola per diventare un franchiese di successo, dimostrando che nonostante i destinatari principali del film siano i fan dei Pokemon, chi accompagna in sala i propri fratelli o figli potrà rintracciare nella storia un sapore di infanzia che non è troppo distante da ciò che una volta faceva appassionare la generazione cresciuta negli anni ’80 a quei cartoni animati giapponesi considerati inarrivabili.