Il
cibo al cinema ha sempre avuto un
forte richiamo, sarà perché è parte integrante e fondamentale della
quotidianità di ognuno, sarà perché dietro al cibo, il più delle
volte, si nasconde sempre qualche altra pulsione segreta, che sia
carnale o mentale, ma sembra qualcosa di misterioso che si agita
dentro. Dal magnificamente sontuoso
Pranzo di Babette, fino ad arrivare al
delizioso Ratatouille, il cibo al cinema
disegna un percorso ben preciso, quello dell’ostentazione e del
benessere, cosa che al giorno d’oggi pochi possono replicare,
considerando quanto effettivamente costano gli ingredienti
“nobili”. Nel film lo dimostra benissimo la signora Hortense
Laborie, cuoca francese dedita alla cucina sana e genuina, che
viene convocata all’Eliseo per diventare le cuoca del presidente
francese.
Tratto dalla storia vera di Daniéle
Delpeuch, al servizio del presidente François Mitterrand per quasi
tre anni, la storia racconta dell’insediamento, del lavoro e del
licenziamento volontario di Hortanse dalle cucine dell’Eliseo.
Nella storia ci troviamo in Alaska, e la protagonista è alla fine
di un anno sabatico, durante il quale ha cucinato per una base
scientifica francese. Parallelamente ai suoi ultimi giorni in
compagnia di uomini rozzi ma rispettosi e affezionati, seguiamo
Hortanse nel passato, quando accetta di diventare parte dello staff
del presidente francese occupandosi della sua cucina personale.
Lungi dall’essere un
racconto biografico della vita di Madame Dalpauch, il film si
rivela essere semplicemente una fotografia, molto vivace e
colorata, del mondo del potere visto dal di sotto: la nostra
protagonista si troverà a fronteggiare l’invidia degli uomini che
governano le cucine, contrasterà il pregiudizio che la vede
etichettare subito con il nomignolo di Contessa Du Barry (favorita
di Luigi XV), lotterà strenuamente contro un protocollo assurdo
eppure imperante nei dorati saloni del palazzo presidenziale.
Protagonista indiscusso del film è il cibo: lussurioso e
luculliano, ogni pasto che la protagonista prepara per il suo
“datore di lavoro” è un vero inno alle papille gustative dello
spettatore, che un po’ con ammirazione, un po’ con invidia, vede
sfilare pietanze ricche, composite e oggettivamente costosissime
per qualunque persona normale. Tolto però il calore del cibo e
l’interpretazione della brava Catherine Frot, il
film si rivela però subito nella sua pochezza: un racconto
impersonale, senza coinvolgimento né grande sostanza, che si basa
troppo su ciò che viene mostrato e pochissimo su come lo si
racconta; demerito forse del regista Christian
Vincent, che non aggiunge assolutamente nulla alla
preziosa rappresentazione di un piatto ben cucinato e servito.
La cuoca del Presidente, pur essendo affine per temi, non soddisfa né gli appetiti più sensuali e oscuri come fece Greenaway con il geniale Il cuoco, il Ladro, sua Moglie, l’Amante, né gli animi più romantici e sognatori come invece ha fatto magistralmente la Pixar con le avventure del raffinato topo Remy.