Natalia Beristain si fa corazza per il suo nuovo film Ruido – Una voce che non si spegne. La regista, come lei stessa racconta, decide di affrontare una tematica molto attuale nel Messico, quella dei femminicidi e delle scomparse improvvise. Un fenomeno che a ben guardare sembra non interessi nessuno al di là di quella “frontiera” inesistente che lo separa dall’America del Nord.
Una ribellione, quella della Beristain, che si tramuta in coraggio di portare, seppur sul piccolo schermo di Netflix, una denuncia fatta a gran voce, il cui impatto spera possa creare uno tsunami in grado di travolgere tutto il mondo. La pellicola è stata presentata al Festival di San Sebastian 2022, per poi approdare in piattaforma l’11 gennaio.
Ruido – Una voce che non si spegne, la trama
Julia (Julieta Egurrola) è una madre che ha perso da nove mesi sua figlia, Ger. Mentre la Polizia sembra non interessarsi come dovrebbe al suo caso, e l’ex marito sceglie di arrendersi, la donna decide di iniziare le ricerche da sola, aiutata dalla giornalista Abril (Teresa Ruiz). Seppur provata dal suo dolore, Julia comincia un viaggio per l’America Latina nella speranza di trovare qualche indizio che possa portarla alla figlia.
Mentre Julia cerca la figlia Ger in solitaria, cercando di rimanere in piedi, il suo cammino si intreccia con le storie di coraggio e le lotte delle varie donne che incontra, interfacciandosi con un una forza che neppure lei pensava di conoscere.
Una denuncia contro la criminalità
Non si può vivere nella paura, altrimenti come si riesce a combattere il male? Una domanda che Natalia Beristain si è posta dietro la macchina da presa dopo anni di esitazione per il film, con l’intento di fotografare una realtà di cui poco si parla, quella della criminalità in Messico. La regista decide di portare sullo schermo, forse troppo soffocata dalle inquadrature strette dello streaming, una storia dal taglio amaro in cui amore e sofferenza si fondono per poter marciare in una lotta pericolosa ma necessaria. In Ruido – Una voce che non si spegne, c’è il coraggio prima di tutto di una donna vera, Natalia, che traspone se stessa in Julia, interpretata da una toccante Julieta Egurrola, e poi di una collettività martoriata nel profondo.
Julia, nella pellicola della Beristain, diventa specchio di quelle madri in Messico che da tempo devono sopportare il dolore della scomparsa dei propri familiari a causa di una guerra, quella al narcotraffico, che ha mietuto 90.000 vittime. Una figura, la sua, che seppur ricoperta dal tormento, riesce a protestare contro le ingiustizie, gli abusi e le violenze, e si fa portavoce dell’urlo e della battaglia di tante famiglie che ancora vivono nel lutto della perdita.
Nel portare in scena uno Paese in ginocchio, che funge da cerniera fra le due Americhe, la Beristain si avvale di una regia didascalica, dalle inquadrature spesso fisse, funzionale per un racconto in cui non si vuole architettare una trama complessa e dalle mille digressioni, quanto piuttosto una fotografia della situazione fuori controllo del Messico, in cui l’indifferenza della Polizia e i criminali impuniti producono un rumore molto forte. Ed è proprio alla protagonista che la regista affida il compito di insinuarsi in quel rumore assordante per dare vita a un eco che si espande.
Diventa dunque chiaro che Ruido – Una voce che non si spegne, non si pone al suo pubblico con fare ammaliatore, poiché il suo intento è essere un film di denuncia e non di verità o bellezza estetica. È il grido intimo della regista e del suo popolo, con il messaggio di non abbassare mai la testa e non lasciarsi scavalcare. Perché se nessuno ti ascolta, se nessuno ti vede, se nessuno ti aiuta allora è meglio rimboccarsi le maniche da soli, piuttosto che osservare nell’ombra.