Le vele scarlatte: recensione del film di Pietro Marcello

Pietro Marcello presenta alla Festa del Cinema di Roma il suo nuovo film, una fiaba sospesa tra sentimenti, tradizioni e attualità.

Le Vele Scarlatte recensione

Immagini d’archivio relative al giorno dell’armistizio nella Baie de Somme ci introducono nella campagna francese del 1918, offrendo così una ricostruzione di quei luoghi e dell’atmosfera di quel periodo che difficilmente si sarebbe potuta ottenere con immagini realizzate al giorno d’oggi. Si apre così il nuovo film del regista Pietro Marcello dal titolo Le vele scarlatte (L’envol), il suo nuovo progetto di finzione dopo Martin Eden e il primo realizzato in Francia. Liberamente ispirato al romanzo del 1923 Le vele scarlatte, dello scrittore russo Aleksandr Grin, il film comprende al suo interno molteplici anime, dal rapporto tra padre e figlia al conflitto tra tradizione e modernità, dall’esaltazione della natura a quella del femminile.

 

È proprio Marcello a definire questo come il suo primo film dedicato alla femminilità e che trova in Juliette (Juliette Jouan) la sua protagonista ideale. La ragazza, orfana di madre, cresce in una comune di stampo matriarcale sotto la protezione del padre Raphael (Raphaël Thiéry), un reduce di guerra indurito dalla vita tornato ora a dedicarsi alla sua attività di artigiano del legno. Vivendo come dei reietti, lontani dal paese e ancor di più dalla città, Juliette e suo padre crescono insieme come possono, fino a quando non arriva il momento di prendere delle decisioni non più rimandabili, che cambieranno per sempre le loro vite.

Una fiaba sull’indipendenza

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, Le vele scarlatte è stato accostato dal suo regista, e non solo da lui, a Martin Eden. Si tratta però di un accostamento per contrasto, poiché lì dove il protagonista del precedente film di Marcello dava vita ad un vero e proprio tradimento degli affetti per poter diventare altro da ciò che è, la Juliette protagonista del nuovo lungometraggio li protegge invece anche a costo di prendere scelte che ad occhi altrui potrebbero apparire folli. Si ritrova in questa libertà di scelta molto del discorso sul femminile e sull’indipendenza che il regista sceglie di portare avanti con il nuovo film.

La sua protagonista, così come le altre donne che la circondano, non appaiono mai succubi e riescono a costruirsi la propria indipendenza giorno dopo giorno. Per loro Marcello costruisce un contesto dai toni fiabeschi, aiutandosi non solo con le immagini d’archivio, elemento ricorrente in tutti i suoi film, ma anche con la fotografia di Marco Graziaplena. I due danno vita ad immagini poetiche non solo per composizione ma anche per colori ed effetti di luce, i quali donano all’intero film un senso di spensieratezza anche nei momenti più tesi del racconto. L’attenzione per i dettagli di Marcello è ormai cosa nota e Le vele scarlatte non fa eccezione.

Ecco dunque che nel dover descrivere il contesto rurale e arretrato in cui si muovono Juliette e suo padre, egli dà vita ad un’esaltazione della natura e dell’attività umana che è già di per sé uno dei motivi migliori per guardare il film e che sembra citare in più occasioni Il pianeta azzurro, capolavoro del documentario naturalista realizzato nel 1982 da Franco Piavoli. Tra dettagli, piccoli gesti e momenti che sembrano sospesi nel tempo, Marcello concretizza davanti ai nostri occhi un panorama visivo e sonoro in cui spiccano personaggi propri del loro tempo eppure estremamente moderni, i cui valori risultano attuali specialmente per il nostro tempo presente.

L'envol Pietro Marcello

Personaggi tra tradizione e modernità

A contribuire alla bellezza visiva e tematica del film ci pensano in particolar modo anche i due interpreti principali. La scoperta Juliette Jouan ha il volto ideale per comunicare tutto il senso di giovinezza e di curiosità del suo omonimo personaggio, caratterizzandola anche per forza di carattere. A suo modo diverso è invece il discorso da fare relativamente a Raphaël Thiéry, un volto particolarissimo, duro, dietro il quale si muove però una dolcezza rara. Degne di nota sono le sue mani, su cui Marcello indugia comprensibilmente non poco. Sono mani tozze, ruvide, piene di calli. Mani che hanno fatto la guerra ma grazie alle quali prendono forma autentiche bellezze di legno.

Questi due reietti ideati si fanno portatori di quel conflitto tra tradizione e modernità presente anche in altre opere di Marcello, il quale li contrappone qui in particolare all’aviatore Jean (interpretato dal celebre Louis Garrel), rappresentante invece di una modernità che appare però priva di certezze e solidi valori. Attraverso questo contesto fiabesco, in cui si animano personaggi altrettanto fiabeschi, il regista dà dunque forma ad una storia molto semplice, affrontata con un fare documentaristico che non si priva di forti sentimenti, i quali, al termine della visione, avranno lasciato incantato lo spettatore che avrà scelto di aprire il proprio cuore a tale racconto.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
Articolo precedenteUn bel mattino: recensione del film di Mia Hansen-Love
Articolo successivoRuido – Una voce che non si spegne: recensione del film su Netflix
Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
le-vele-scarlatte-recensione-pietro-marcelloCon Le vele scarlatte Pietro Marcello dà vita ad un film che mira a proteggere gli affetti, contrariamente a quanto avveniva nel suo precedente lungometraggio Martin Eden. Il regista ci presenta qui un contesto fiabesco ma storicamente difficile, in cui si animano personaggi protagonisti non solo di immagini esteticamente suggestive ma anche di un racconto semplice nella sua essenza e contenente importanti e attuali valori.