Dan Gilroy, già sceneggiatore di The Bourne Legacy insieme a suo fratello Tony Gilroy, lì nella doppia veste anche di regista, firma una pellicola accattivante, adrenalinica e dark, Nightcrawler (in italiano Lo Sciacallo) che vede protagonisti Jake Gyllenhall, Rene Russo, Bill Paxton e Riz Ahmed.
Protagonista del film è Lou Bloom, un giovane disoccupato che
vive nella caotica metropoli losangelina ed è in cerca di un
lavoro. Un’impresa apparentemente impossibile al giorno d’oggi,
finché non si ritrova casualmente coinvolto- come spettatore-
in un incidente d’auto mortale. Ha un’improvvisa epifania: si
procura una videocamera e si reca sui luoghi dove avvengono cruenti
fatti di cronaca per immortalarne le immagini, per poi venderle ad
un’emittente televisiva per realizzare dei servizi esclusivi-
ricavandoci del denaro, ovviamente. La qualità delle immagini e i
loro contenuti catturano l’attenzione di Nina, direttrice di un
network locale, che decide di sfruttare l’occasione per rilanciare
anche la sua carriera. Man mano che la rapida ascesa si incrementa,
Lou diventa sempre più spietato, fino a spingersi ad un estremo
punto di non ritorno quando, per cercare di avere un servizio in
esclusiva e in anteprima su tutti, si spinge ad interferire con le
indagini della polizia e con l’arresto di due pericolosi
sospettati.
Gilroy dimostra di padroneggiare alla perfezione il genere thriller, creando suspense attraverso l’uso delle inquadrature e del montaggio, utilizzato in modo tale da dare il ritmo giusto allo sviluppo narrativo. Ma Nightcarwler non si può contenere in un unico genere, vincolato da rigidi codici audiovisivi: la pellicola oscilla vertiginosamente, assumendo le fattezze di una psichedelica ed adrenalinica corsa in auto per le strade di Los Angeles. Come un novello Travis Bickle in Taxi Driver, anche qui un disturbante Gyllenhall- tornato ai fasti inquietanti di Donnie Darko, ghigno bieco e diabolico incluso- si cala con mimetica perfezione nei panni di Lou, un personaggio apparentemente disturbato e disturbante, che però ci conduce verso una riflessione più torbida: il ragazzo, in fondo, è il frutto dell’ambiente in cui vive, un arrampicatore sociale pronto a tutto pur di compiere la sua inesorabile scalata, realizzando i suoi sogni e le sue ambizioni.
E il mondo spregiudicato dei Network televisivi, a caccia di notizie sempre più sensazionali, di scoop live ed esclusivi avvalendosi perfino dell’aiuto degli stessi utenti/ telespettatori- fenomeno noto come citizen journalism- gli stendono il tappeto rosso e gli spalancano la porta d’ingresso verso il dorato mondo della comunicazione di massa. Ma tutto questo, a che prezzo? Forse il fio da pagare è troppo caro, perché Lou sembra ormai una sorta di automa distaccato, cinico ed egoista, un inquietante sciacallo assetato di notizie e di sangue fresco.
Gilroy mette in scena il mondo della stampa deformandolo attraverso una lente, mostrandone- fino all’eccesso- gli spietati istinti che spingono i network ad essere più interessati agli ascolti che ad una questione deontologica: il confine tra bene e male sposta pericolosamente il suo baricentro e il risultato è che spesso vengono premiati coloro che, sovvertendolo , non sono altro che il frutto malsano del nostro branco chiamato società.