Scusa ma ti voglio sposare – recensione

Scusa ma ti voglio sposare

Scusa ma ti voglio sposare è il seguito della storia d’amore tra Alex (Raoul Bova), pubblicitario trentanovenne di successo, e Niki (Michela Quattrociocche), ora ventenne, conosciuta in un incidente stradale. AI faro si sono promessi amore eterno, e adesso, dopo 3 anni, Alex capisce che nonostante la differenza di età, lei è la donna che vuole sposare. Ritroviamo i loro amici di sempre, ognuno con le proprie storie, ognuno con le proprie attività, ognuno a confronto con la propria crescita, i propri sogni e progetti per il futuro. Alex chiede a Niki di sposarlo, e lei, all’inizio felice, con l’avvicinarsi della data, sente una paura crescente che le fa fare un passo sbagliato: manda a monte il matrimonio.

 

E’ sicuramente difficile recensire un film di Federico Moccia senza passare per superficiale, anche perchè volente o nolente il buon Moccia si è inserito velocemente nella sacra triade italiana dei registi più criticati assieme a Vanzina ed a Muccino. Ed è proprio a quest’ultimo che questo Scusa ma ti voglio sposare sembra fare il verso ora che Alex e Niki vogliono convolare a nozze.

Indubbiamente il regista scrittore ha il merito di aver riportato in massa gli adolescenti al cinema e sui libri e di aver messo in discussione il loro universo in relazione anche ai genitori che si sono sentiti in un certo qual modo messi sotto osservazione. Ciò non toglie che fare cinema è un arte e presuppone la crescita di un artista di pellicola in pellicola e non una serie di storie in antitesi con la parola evoluzione e crescita artistica. Fondamentalmente la coppia protagonista non è più così al centro dell’attenzione come nel prequel, attorno a loro vive un sottobosco di personaggi (amici di lei e di lui) in piena crisi di coppia o di identità.

Così come sottolineato dallo stesso regista scrittore in sede di intervista, si è voluto dare spazio a tutti i personaggi del libro cercando di mantenere il film snello e breve per non appesantire lo spettatore, purtroppo il tutto è visto con poca profondità, senza svelare cambiamenti, percezioni, paure che nella vita di una persona sono basilari e meriterebbero ben altra analisi, ecco quindi che il tutto assume le sembianze di un frullato mal congegnato e pieno di stereotipi tra l’altro (le divergenze tra le famiglia ricca di Niki e quella popolana di Alex ad esempio). Non sembrerà quindi strano  veder tornare all’unisono i quattro amici quarantenni dalle loro amate, spinti, si direbbe dal film, esclusivamente dalla pochezza della loro vita insieme in un appartamento di uno di loro.

Scusa ma ti voglio sposare

Moccia si avvicina a Muccino quindi? Sicuramente il romanticismo esasperato della prima pellicola qui viene messo in secondo piano dando spazio principalmente ai dubbi ed alle perplessità di chi sta per compiere un passo fondamentale nella sua vita, sia essa una gravidanza, un matrimonio  o un divorzio, una pellicola quindi che punta ad un target più eterogeneo rispetto a Scusa ma ti chiamo amore. 

Ogni tanto la luce si accende con la gag ben congegnate di Pino Quartullo, qui nei panni di Roberto il padre di Niki, che qualche risata riesce a strapparla senza problemi, ma è troppo poco in un film che vuole far riflettere sulla vita di coppia ma non dà gli elementi per farlo.

I numeri degli incassi precedenti parlano da soli e sicuramente spianeranno la strada per ulteriori pellicole sulla stessa falsariga, gli integralisti del cinema “mocciano” apprezzeranno appieno anche questa nuova creatura del Federico nazionale, chi invece non ha mai gradito l’immobilismo artistico e la povertà di contenuti del regista romano ne stia tranquillamente alla larga.

 

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