Terezin – La recensione del film sulla Shoah

Per commemorare le vittime della Shoah, arriva al cinema Terezin, co-produzione internazionale che racconta del ''ghetto degli artisti''.

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Il Giorno della Memoria si avvicina e con esso l’esigenza di mantenere vivo il ricordo degli orrori della Shoah. Dal 26 Gennaio arriva al cinema Terezin, film che mostra la particolare realtà del campo di detenzione di Theresienstadt. Terezin è una coproduzione internazionale (Minerva Pictures, Rai Cinema e Three Brothers Production) diretta da Gabriele Guidi. Il film presenta un cast internazionale ricco di nomi cari alla fiction italiana: da Mauro Conte (Una questione privata, Sulla mia pelle), a Alessio BoniCesare Bocci e Antonia Liskova.

 
 

Terezin: la trama del film

terezin

1942. Antonio (Mauro Conte) è un clarinettista italiano che si è trasferito a Praga per studiare musica. Lì ha conosciuto Martina (Dominika Moravkova), una violinista cecoslovacca. I due si sono innamorati e vivono insieme. Lei è ebrea, come parte della famiglia di lui. Durante la Seconda guerra mondiale, Antonio Martina vengono deportati al ghetto di Terezin. Nel campo di concentramento di Theresienstadt i due entrano in contatto con tanti altri artisti come loro che, in quanto ebrei, sono costretti a vivere in condizioni ai limiti dell’umanità. Nel tentativo di mantenere viva l’arte – e con essa la speranza e la civiltà – i musicisti del campo mettono in piedi un’orchestra che, tra deportazioni e regole ferree, coinvolge uomini, donne, bambini e soldati nazisti.

Il ghetto degli artistiterezin

La vicenda descritta in Terezin è tratta da una storia vera: non solo la Seconda guerra mondiale, ma anche gli accadimenti del ghetto sono fatti storici. Il campo di Theresienstadt era uno spazio sfaccettato: le SS lo utilizzavano non solo come luogo d’internamento per gli ebrei, ma anche come centro di smistamento per i prigionieri verso i campi di sterminio di Auschwitz e Treblinka. Il luogo però era promosso dalla propaganda nazista come un esempio perfetto di insediamento ebraico. A Terezin c’erano quindi i lavori forzati, le celle, le punizioni e le deportazioni. Nonostante ciò, la vita culturale era viva all’interno del ghetto. Una scuola accoglieva la grande concentrazione di bambini, un’orchestra quella di musicisti e compositori come Viktor Ullman. 

Il campo di Terezin era quindi un mondo assurdo in cui alle minacce di deportazione e ai forni crematori si alternavano prove d’orchestra e concerti in grande stile. Questa contraddizione è resa bene dal film di Gabriele Guidi. Le scene drammatiche e quelle più distese si alternano continuamente, contaminandosi l’una con lo spirito dell’altra. Vedendo Terezin, si fatica a dare il giusto peso a tutto quello che viene rappresentato. La sensazione di inadeguatezza non è casuale ma esprime il vissuto dei deportati: artisti trasformati in braccianti, persone rese numeri, anime che diventano carne da macello.

Una produzione in pieno stile Rai

Il mondo assurdo del campo è sicuramente ben rappresentato in Terezin, ma non è l’unico elemento estraniante. I dialoghi enfatici e troppo esplicativi, uniti allo stridente autodoppiaggio degli attori italiani, danno quel tocco da fiction Rai che stona con una storia così profonda e delicata. Interpreti come Alessio BoniCesare Bocci e Antonia Liskova cedono spesso alla recitazione televisiva. In questo modo, la dimensione estraniante del film si trasforma spesso in dimensione melodrammatica e favolistica, qualcosa di molto lontano dal dramma storico della Shoah.

Anche le inquadrature e la fotografia di Terezin non si distaccano dal mondo della fiction: i movimenti di macchina sono semplici, la composizione dell’immagine è geometrica. Inoltre, il campo viene rappresentato quasi sempre nel suo aspetto più pulito e composto: i forni crematori sono censurati, come anche i luoghi più trasandati. Tutto ciò che potrebbe impressionare viene solo nominato ed è mascherato a livello visivo.

La musica come formula narrativa

terezin recensione film

Terezin è un film facilmente fruibile. Il lungometraggio è adatto anche ai più piccoli e alle scuole per che affronta in modo soft un argomento che di soft ha davvero poco. Ad ogni modo, il Giorno della Memoria serve a mantenere vivo il ricordo dell’orrore e ogni mezzo che s’impegna in questa causa è lodabile. Sicuramente, Terezin saprà ritagliarsi una fetta di pubblico.

Sommario

Terezin è una storia trasversale che, pur parlando di Shoah e guerra, preserva un'atmosfera ovattata e sognante. Il contrasto distruzione-arte è evidente ed esprime bene le assurdità della logica nazista.

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