The Idol recensione del film di Hani Abu-Assad

Quattro bambini giocano e si rincorrono vicino la striscia di Gaza, tra le macerie di un paese in guerra e la vita che, nonostante tutto, continua a proseguire indisturbata. Come la giovane età vuole, hanno un sogno più grande delle loro possibilità, ovvero sfondare nel mondo della musica e raggiungere magari l’alta vetta dell’Opera. Questo è soltanto il lungo prologo di The Idol, diretto dal plurinominato all’Oscar Hani Abu-Assad (nel 2006 con Paradise Now, nel 2013 con Omar) ed ispirato alla vera “impresa” di Mohammed Assaf: nel 2013, ormai maturo da lasciare casa ed inseguire il suo sogno, il ragazzo scavalca ogni confine politico partecipando al talent show musicale “Arab Idol”. Il resto è un’indimenticabile storia popolare che ha fatto emozionare una nazione senza speranze di felicità e che prende vita nel film grazie ad un incrocio tra finzione cinematografica e materiale documentaristico.

 

the idol posterSe non fosse per le ottime premesse, il lavoro di Assad non risulterebbe del tutto compiuto, poiché rimane fermo nella sfera romantica del racconto incapace di scavare a fondo della questione storica-sociale di Mohammad. La regia movimentata ricorda, a tratti, un altro titolo recente che ben rappresentava l’euforia giovanile delle prime scoperte, cioè Trash di Stephen Daldry, ma orfana di una sceneggiatura incisiva e aggrappata ad un montaggio che sembra gestito in modo frettoloso, compone un quadro confuso, per nulla appassionante e semplicistico. Sicuramente più piacevole la prima parte dedicata all’infanzia del ragazzo, in cui si intravede il tentativo di plasmare la realtà secondo la fantasia dei bambini che cantano perché “cantare migliora l’umore”, anche in un territorio così ostile che da decenni ammette solo distruzione, mai evoluzione, cambi di prospettiva. Il miracolo di Mohammed Assad, vincitore a sorpresa di Arab Idol, incarna perfettamente il sogno occidentale di un paese, qui in The Idol filmato con poca struttura e idee non sempre funzionanti, ma non per questo meno apprezzabile.

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