Una sterminata domenica, la recensione del film di Alain Parroni #Venezia80

Dal 7 settembre in sala, l'opera prima di Parroni è il sincero racconto di una generazione, dei suoi protagonisti e dei loro stati d'animo.

Una sterminata domenica recensione

Un auto con gomma a terra nel pieno della notte che impedisce ai suoi tre passeggeri di continuare i festeggiamenti; un cavalcavia da cui poter osservare il mondo sottostante o sputare sulle auto che passano; una campagna deserta dove poter vivere senza orari o regole. Queste sono solo alcune delle situazioni che Alain Parroni concepisce per Una sterminata domenica, il suo esordio alla regia di un lungometraggio, presentato nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia. Immagini caotiche e frenetiche, estratti di una vita frenetica quale è quella dei tre giovai protagonisti, qui rappresentanti di una generazione allo sbando.

 

Una catena ininterrotta di situazioni, paradossi e caratteri si alternano dunque fra loro in una costruzione narrativa vicina a un anticonvenzionale romanzo di formazione che ha per protagonisti Alex (Enrico Bassetti), Brenda (Federica Valentini) e Kevin (Zackari Delmas), tre adolescenti che ronzano tra la campagna del litorale e la città eterna, tentando di resistere a proprio modo all’inesorabile avanzare del tempo e del caldo. Mentre Kevin ricopre ogni superficie di graffiti, Brenda si scopre incinta di Alex, che ha appena compiuto diciannove anni e si vede ora proiettato nel mondo dei grandi. Nel corso dell’estate, tutti e tre dovranno dunque imparare a crescere e trovare il proprio posto nel mondo.

Un sincero racconto generazionale

Raccontare le nuove generazioni, che sia con un film o una serie TV, è un compito assai arduo, che richiede di cogliere con onestà un panorama di voci, storie e caratteri quanto mai ampio, frammentato, liquido e complesso. Richiede di comprendere il disagio giovanile provato dagli attuali adolescenti e di contestualizzarlo nello spaventoso scenario del mondo odierno. Quello che Parroni si proponeva dunque di raggiungere con Una sterminata domenica era un obiettivo ambizioso e rischioso, che viene però complessivamente raggiunto grazie alla spontaneità che riesce ad infondere nelle sue scene e a ricavare dai suoi interpreti.

Parroni, Giulio Pennacchi e Beatrice Puccilli, autori della sceneggiatura, scelgono infatti di non strutturare un solido e preciso percorso narrativo bensì di proporre una sequenza – non casuale – di avventure, quasi piccoli eventi autonomi dai quale emerge tutto il senso e gli obiettivi del film. Nascono così situazioni particolarmente divertenti, dove i tre protagonisti, diversissimi tra loro per carattere e ideali, si pongono in aperto contrasto con contesti ai quali giurano di non arrendersi mai. Altresì, prendono vita momenti molto drammatici, che insieme ai primi offrono uno spettro completo del bene e del male di una generazione in cerca di punti di riferimento.

Ancor più di tale costruzione, è però il lavoro sul linguaggio ad essere uno degli aspetti più convincenti del film. Ascoltiamo i tre ragazzi parlare proprio come parlano i loro coetanei nella realtà, con modi di dire, espressioni, intonazioni e impacciamenti tipici del parlare quotidiano, contribuendo così a quella ricerca di spontaneità di cui si è già accennato. A tal proposito, straordinari sono i tre giovani interpreti, che riescono a farsi carico del senso di realtà ricercato dal regista e riproporlo con le proprie interpretazioni. Peccato che tale incanto si spezzi nel momento in cui si mettono in bocca ai personaggi parole che, pur servendo a ribadire le tematiche del film, risultano poco vere, costruite.

Una sterminata domenica Zackari Delmas

Un’opera prima imperfetta ma con tanto cuore

Per esprimere attraverso le vicende di Alex, Brenda e Kevin uno stato d’animo di abbandono e smarrimento, Parroni punta però sapientemente non solo sull’anarchica sceneggiatura ma anche e soprattutto, come accennato in apertura, sulla forza comunicativa delle immagini e in particolare dei luoghi e degli ambienti prescelti. Campagne desolate e palazzi popolari malridotti sono quantomai eloquenti, nonché palcoscenico perfetto per raccontare di questi giovani che sembrano sospesi nel tempo di un’apparentemente interminabile estate – o domenica, come suggerisce il titolo. Ovviamente si riscontrano in Una sterminata domenica, ed è anche normale che sia così, tutta una serie di ingenuità tipiche delle opere prime.

Talvolta sembra che il regista non sia sicuro di quanto fino a quel momento compiuto, avvertendo l’esigenza di inserire una serie di momenti che ribadiscono didascalicamente quanto già proposto, allungando così un film che soffre probabilmente di una durata “eccessiva” per tale racconto e l’approccio scelto per esso (il film dura 113 minuti). Si tratta però di aspetti su cui si può soprassedere, considerando le tante altre intuizioni che Parroni propone con questo suo esordio e che lo rendono un nome da tenere d’occhio per il futuro. Con Una sterminata domenica egli si dimostra infatti capace di raccontare i giovani con sincerità e tanto cuore, una capacità decisamente non comune.

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RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
una-sterminata-domenica-alain-parroniL'opera prima di Parroni sprigiona una spontaneità tanto necessaria quanto spesso assente in racconti generazionali di questo tipo. Questa trova però qui spazio anche grazie ad una progressione non necessariamente lineare quanto più episodica, che permette ad ogni immagine di contenere in sé tutti gli stati d'animo dei protagonisti. Non mancano ingenuità, ma sono decisamente perdonabili ad un'opera prima come questa.