Vicini di casa, recensione del film di Paolo Costella

vicini di casa recensione

Paolo Costella scrive e dirige Vicini di casa, il suo nuovo film preso da uno spettacolo teatrale spagnolo dal titolo Los vecinos de arriba di Cesc Gay, dal quale l’autore stesso nel 2020 aveva già tratto una pellicola chiamandola Sentimental e aggiudicandosi più d’una candidatura ai premi Goya dell’anno successivo.

 

Costella viene da una prolifica attività cinematografica, sia in qualità di sceneggiatore che di regista, iniziando la sua carriera poco più che ventenne e arrivando a collaborare più volte con nomi ben noti del dramma borghesotto all’italiana, come Paolo Genovese e Gabriele Muccino. Per la sceneggiatura si è fatto aiutare da Giacomo Ciarrapico (uno dei tre autori di Boris, insieme al compianto Mattia Torre) e la struttura dello svolgimento del film è evidentemente teatrale, attenendosi praticamente del tutto alla pièce originale.

Vicini di casa, la trama

Protagonista di Vicini di casa è il quartetto composto da due coppie: Federica e Giulio (Vittoria Puccini e Claudio Bisio) e Laura e Salvatore (Valentina Lodovini e Vinicio Marchioni). I primi abitano in un appartamento bellissimo: elegante ma non lussuoso, intellettuale e radical chic al punto giusto. Giulio infatti è un insegnate di musica al conservatorio e Federica lavora in un negozio. Hanno una figlioletta che però non si vede, perché quella sera è a dormire da un’amica. Già, perché appena Giulio rientra dal lavoro Federica gli annuncia di aver invitato a cena gli inquilini del piano di sopra: Laura e Salvatore, appunto.

La questione è complessa perché tra Federica e Giulio c’è poca comunicazione e molta stanchezza coniugale. E l’invito solleva una tematica di convivenza civile tra condomini: i vicini, quando hanno rapporti sessuali, fanno decisamente un gran fracasso. Giulio vorrebbe cogliere l’occasione della cena per affrontare l’argomento, ma Federica no. E quando Laura e Salvatore varcano la soglia della loro casa, accade l’impensabile.

Quale tematica può essere più spinosa, attuale e – in ogni caso – intramontabile quanto la sessualità? E quanto, invece, quella tra marito e moglie è spesso relegata dietro cataste di “non detto” e bonaria rassegnazione? Vicini di casa punta a smuovere un po’ le fondamenta ammuffite di tanta staticità, ma quanto è evidente il tentativo di scontrarsi con colossi d’incredulità e seriosità che si stagliano imponenti nella Storia dei nostri costumi.

I quattro attori funzionano molto bene, soprattutto Valentina Lodovini e Vinicio Marchioni riescono a gestire e introdurre ottimamente e con gradualità il carattere dei loro personaggi, per poi continuare supportando e accompagnando gli altri due. Anche Bisio usa con qualità il suo consueto profilo ironico, cercando di creare sintonia con Puccini eternamente schiva e fissa dietro alla sua bellezza. L’andamento della storia è quindi piacevole e anche il ritmo non procede male, per quanto discreto, ben lontano dalla giocosità buffa e macchiettistica dei nostri cugini spagnoli.

La regia di Paolo Costella è dunque ben fatta, segue ottimamente i volti dei suoi attori, li accompagna e poi li lascia respirare, li riprende per scrutarli e lasciarli fare. Così come le scelte delle angolazioni che via via usa insieme alle luci, che chiaramente attingono a uno stile più che consolidato, ma al quale siamo abituati e che tutto sommato dà un senso di casa al nostro sguardo. Nell’essere un prodotto ben curato, resta solo ingombrante l’aria della borghesia smarrita e annoiata di mezza età.

Questi Vicini di casa provano a buttare là le argomentazioni e i discorsi affrontati impostandoli con noncuranza, ma è proprio difficile, alla fine, evitare di prendersi sul serio. È un aspetto culturale che valica ogni tentativo narrativo ed interpretativo. La scioltezza sessuale non può venir prima di una profonda confidenza con sé, unita a tanta autoironia. Sicuramente, però, da qualche parte bisogna iniziare, anche constatando semplicemente il proprio senso d’inadeguatezza.

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