Chronic: recensione del film con Tim Roth

Al pari della morte, vi è un altro aspetto imprescindibile della vita: la malattia, in tutte le sue sfumature. Sappiamo bene che non è un modo molto allegro per iniziare una recensione ed invogliare la lettura, ma Chronic di Michel Franco (regista vincitore di Un Certain Regard a Cannes nel 2012 con Después De Lucìa) mette il pubblico proprio di fronte a diverse patologie in stato terminale dal punto di vista di un infermiere professionista. David segue i suoi pazienti con una cura maniacale, è attento ai loro bisogni come alle loro passioni, quasi se ne innamora e li trasforma nella sua stessa famiglia. Come spinto da un senso di colpa nei riguardi della moglie e del figlio, anch’essi deceduti per motivi clinici, oltrepassa costantemente il confine lavorativo riducendo la vita privata a pochi momenti passati in palestra o a fare jogging.

 

Chronic, il film

I pazienti hanno sempre la precedenza su tutto, fino al loro ultimo respiro. La vita però, talvolta, è talmente cieca e ingiusta da riservare sorprese inaspettate, come accuse gravi e infondate da parte di familiari scriteriati (o addirittura gelosi, data la vicinanza fisica e morale di David rispetto al proprio caro). Ulteriori pesi che si sommano a quelli umani e spirituali, quotidianamente messi alla prova da metastasi che lasciano poco scampo, dall’AIDS, dai continui funerali, fardelli dai quali – a una distanza così ravvicinata – è difficile scappare.

Ne esce un film piatto, monocorda, che batte puntualmente su un unico doloroso tasto e con una direzione confusa. Oltre a smuovere una facile compassione, mettendo fra l’altro lo spettatore in una posizione scomoda e morbosa dalla quale è costretto a guardare, si fa fatica a trarre un vero significato generale. Non aiuta, anzi peggiora per quanto possibile, un finale a sorpresa che sconvolge e rimescola tutte le carte sul tavolo. Uno sconvolgimento legato alla trama, non in senso assoluto, poiché Chronic viene risolto con un espediente comune visto al cinema milioni e milioni di volte.

È probabilmente per questo disordine di idee e qualche cliché di troppo che si esce dalla sala con l’amaro in bocca, spaesati, rammaricati per una messa in scena fondamentalmente funzionale eppure sconclusionata. Il protagonista Tim Roth poi è un interprete eccezionale, una roccia, capace di regalare al suo personaggio gradazioni di grande valore. Nonostante un ottimo cast di riempimento al suo fianco, senza di lui probabilmente staremmo a decantare un fallimento di tutt’altro peso.

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