Drift: recensione del film con Sam Worthington

In Drift Lasciata Sydney da ragazzini per emigrare con la madre a Seacliffe, paesino rurale dell’Australia occidentale, i fratelli Andy (Myles Pollard) e Jimmy Kelly (Xavier Samuel) condividono un’unica grande passione: il surf. Jimmy, giovane prodigio per la sua abilità nel “cavalcare” le onde, è uno spirito libero, impermeabile alle regole e convenzioni sociali, tanto da lasciarsi trascinare in piccoli furtarelli per saldare i debiti di famiglia. Il maggiore e più responsabile Andy ha un lavoro stabile, ma decide di mandare tutto all’aria per trasformare il loro hobby in un business proficuo, lanciando la moda della tavola più corta e, grazie alla madre sarta Kat (Robyn Malcolm), delle mute su misura.

 

Incoraggiati dal fotografo e regista hippy – siamo in pieni anni 70 – JB (Sam Worthington) e dalla sua bella compagna hawaiana di surf Lani (Lesley-Ann Brandt), vendono i propri prodotti girando per la costa australiana su un camper. Ma le possibilità di espandersi sono ostacolate dalla comunità conservatrice di Seacliffe, nonché dagli interessi di una gang locale coinvolta nel traffico d’eroina.

Drift, il film

Diretto da Morgan O’Neil e supportato dalle riprese mozzafiato di una natura ancora selvaggia e incontaminata, Drift intreccia la rivoluzione culturale degli anni 60 – 70 con lo stile di vita libero e itinerante professato dai surfisti australiani, ispirandosi alla storia vera dei magnati del settore e alla nascita dei primi marchi mondiali d’abbigliamento (come Billa Bong, Quicksilver, ecc). Nonostante la buona idea di partenza e lo stile accattivante delle scene in cui sono riprese le acrobazie sull’onda (straordinarie) dei protagonisti, Drift delude nella sceneggiatura, penalizzato dai dialoghi banali, e da una trama fin troppo prevedibile.

Anche le relazioni tra i personaggi non vengono approfondite a sufficienza, a partire da quella principale tra Andy e Jimmy, per non parlare del flirt tra Lani e il maggiore dei fratelli. La prova degli attori è, in fondo, discreta (apprezzabile Robyn Malcolm nel ruolo della madre), ma si ha qua e là la sensazione che molti elementi – dalla definizione dei caratteri alle battute che si scambiano – siano rimasti ad uno stadio “grezzo”, quasi televisivo nel suo modo di sfoggiare corpi statuari e ammiccamenti vari.

Certo, il film diverte e ha un certo ritmo, ottimamente accompagnato dalle musiche originali di Michael Yezersky e da successi storici del pop e rock internazionale (Johnny B. Goode e Run through the Jungle, tanto per citarne alcuni). Peccato che i presupposti di un film originale e interessante per il tema che sceglie di trattare (è da Point Break che non se ne ricordano di uguali) non siano stati pienamente realizzati. Distribuito in Italia dalla Koch Media, Drift sarà nelle sale l’8 agosto.

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Ilaria Tabet
Laureata alla specialistica Dams di RomaTre in "Studi storici, critici e teorici sul cinema e gli audiovisivi", ho frequentato il Master di giornalismo della Fondazione Internazionale Lelio Basso. Successivamente, ho svolto uno stage presso la redazione del quotidiano "Il Riformista" (con il quale collaboro saltuariamente), nel settore cultura e spettacolo. Scrivere è la mia passione, oltre al cinema, mi interesso soprattutto di letteratura, teatro e musica, di cui scrivo anche attraverso il mio blog:  www.proveculturali.wordpress.com. Alcuni dei miei film preferiti: "Hollywood party", "Schindler's list", "Non ci resta che piangere", "Il Postino", "Cyrano de Bergerac", "Amadeus"...ma l'elenco potrebbe andare avanti ancora per molto!