È possibile parlare della questione israelo-palestinese coniugando riflessione e divertimento, leggerezza e profondità, realismo e favola? A giudicare dall’esordio alla regia del giornalista e scrittore francese Sylvain Estibal, sembra di sì.

L’idea di introdurre un animale, il buffo maialino, e che il destino del protagonista dipenda da esso, è vincente, ma anche che questo animale, considerato impuro sia dai palestinesi che dagli israeliani, costringa di fatto i due popoli ad entrare in contatto. Inoltre, inviso a entrambe le comunità e indifeso, è l’emblema della vittima innocente, capitata nel posto sbagliato. I suoi (tra)vestimenti e il farne un maiale da riproduzione, con tutte le complicanze del caso, fanno il resto, regalando situazioni spassose e gag esilaranti in una commedia rutilante, grazie al singolare connubio tra Jaffar e il suino, due malcapitati.

Il film mette in discussione gli stereotipi sul conflitto e i suoi attori, evitando di schierarsi: mostra il desiderio di normalità da entrambe le parti, la sua evidente assenza con un’attenzione registica ai particolari quotidiani, ai paesaggi e agli interni desolanti; smaschera con l’ironia l’insensatezza del fondamentalismo e di quanti, israeliani e palestinesi, perpetuano lo status quo; indica la strada della pace e del dialogo, rendendo protagonisti un palestinese, Jaffar, e un’israeliana, Yelena (Myriam Tekaïa), che guardano alla concretezza delle cose senza farsi imprigionare da steccati ideologici.
Questa commedia surreale non piacerà a chi tiene alla mimesi realistica in tutto e per tutto. Tuttavia, il contesto vivido e verosimile riesce a dar conto del reale.
Nell’ultima parte si perde un po’ di mordente, il guizzo comico si fa più blando in favore della favola vera e propria, si cerca la poesia in modo un po’ troppo scontato e retorico.
