L’A.S.S.O. nella manica: recensione del film con Mae Whitman

L'A.S.S.O. nella manica

Bianca (Mae Whitman) è all’ultimo anno di liceo quando scopre una verità sconvolgente: è un A.S.S.O. – Amica Sfigata Strategicamente Oscena – cioè la classica bruttina o insignificante, magari intelligente e studiosa ma non appariscente, che le amiche più attraenti, qui Jess (Skyler Samuels) e Casey (Bianca Santos), usano per risaltare di più agli occhi dei ragazzi e di cui i ragazzi si servono per arrivare a loro. Infuriata, decide di farsi aiutare da Wesley (Robbie Amell), il compagno di scuola palestrato e superficiale che le ha aperto gli occhi, per rinnovare la sua immagine, togliersi di dosso l’odiosa etichetta e riuscire ad avvicinare Toby (Nick Eversman), il ragazzo che le interessa, ma a cui non riesce a parlare.

 

Si può dare un tocco di novità e freschezza all’ennesima commedia ambientata tra banchi di scuola e balli di fine anno? Si può vestire in maniera accattivante la classica trama del “brutto anatroccolo” che si trasforma in cigno e finisce per innamorarsi della persona inizialmente più lontana dai suoi pensieri? Ci prova il regista Ari Sandel con questo film per ragazzi – tratto dal romanzo d’esordio di Kody Keplinger Quanto ti ho odiato – che arriverà in Italia il 19 agosto. Ci riesce solo parzialmente.

L’A.S.S.O. nella manica ha un ritmo altalenante e all’inizio non convince. I personaggi sono canonici, la trama lo è altrettanto e il tutto si prefigura piuttosto noioso, con l’unica novità di un aggiornamento di facciata all’era dei social network e della “cellulare-dipendenza”. Proseguendo, però, il film riesce ad affrontare con ironia e leggerezza temi come il bullismo a scuola, la dipendenza da social media e cellulari e le loro conseguenze nella difficile fase adolescenziale.

Un po’ più meccanico il gioco con alcuni stereotipi e il loro rovesciamento – non solo quello della ragazza sfigata, ma anche quelli delle amiche belle e fatue, dello sportivo senza cervello e dell’aspirante artista sensibile. Un po’ più ovvio il percorso di formazione di Bianca, dall’insicurezza all’accettazione di sé. Accettarsi, non snaturarsi per piacere agli altri. E relativizzare perché, in fondo, ognuno è l’A.S.S.O. di qualcun altro, c’è sempre qualcuno migliore con cui confrontarsi e di fronte al quale ci si può sentire inadeguati. Questa la chiave del film. A portare un po’ di freschezza è più che altro lo humour che segna il lavoro e contraddistingue anche la trasformazione estetica della protagonista, una disinvolta Mae Whitman.

Il registro comico è schietto, ma non volgare. Un tocco d’animazione ammicca al linguaggio giovanile. Peccato però che i dialoghi non siano sempre efficaci: a volte divertenti e sagaci, altre scontati, danno vita a un risultato disomogeneo. Attori adatti ai ruoli: oltre ai già citati, non può mancare l’antagonista, diva-vipera del gruppo, Madison (Bella Thorne), assieme a caratterizzazioni efficaci come quella del prof. Mr. Arthur (Ken Jeong).

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