Un ragionevole dubbio: recensione del film di Peter Howitt

Un ragionevole dubbio

In Un ragionevole dubbio Mitch Brockden è un uomo di successo: membro dell’ufficio del procuratore distrettuale, stimato avvocato con una bellissima moglie ed una figlia appena nata, sembra avere una vita perfetta. Una sera però, dopo una sbronza con alcuni colleghi, investe accidentalmente un uomo. Mitch decide di fuggire, ma nei giorni successivi viene a scoprire che l’uomo investito era un ex detenuto in libertà vigilata, nel frattempo orrendamente ucciso. Le accuse ricadono su un uomo di colore, un certo Clinton Davis, e Mitch viene incaricato dal procuratore di presiedere l’accusa, ma un inaspettato risvolto scagionerà il sospettato. Dopo il rilascio di Davis però, altri delitti simili vengono commessi in città, e Mitch sospetta che l’uomo possa essere realmente il killer ricercato.

 

Di sicuro il dono dell’originalità non è marchio di fabbrica di ogni pellicola, men che meno di Un ragionevole dubbio, legal thriller dei più classici che impasta numerosi rimandi ormai divenuti un classico del genere, da Nella morsa del ragno passando per La giuria, sfornando un prodotto che, se certo non brilla di innovazione, quanto meno può dirsi perfettamente degno della propria categoria. La solida sceneggiatura di Peter A. Dowling, seppur non spicchi di innovazione, si presenta perfettamente bilanciata come tempi d’azione, atmosfere e qualche sano e ben costruito colpo di scena, che di questi tempi di sicuro non guasta. Se non fosse poi per l’epilogo eccessivamente sbrigativo, si potrebbe addirittura gridare al miracolo.

Un ragionevole dubbio, il film

Un ragionevole dubbio

Peter Howitt, dopo essersi fatto le ossa nell’ambiente con Pericolo in rete e con l’irriverente Bond-parodia Johnny English, dimostra di saper guidare con mano sicura una narrazione nel complesso ben confezionata e ponderata, serrando i tempi anche grazie all’ottimo montaggio di Richard Schwadel e alla fotografia crepuscolare di Brian Pearson.

Dubbi, incertezze e una sana dose di suspencesono gli ingredienti vincenti di questa pellicola in cui lo spettatore si trova ad essere virtualmente diviso tra due coscienze; quella Mitch, colpevole a metà e deciso a svelare un mistero più grande di lui, e quella di Davis, ambiguo personaggio indecifrabile che parla molto lunga. Il duello di fatto si gioca tra due grandi personaggi del calibro di Dominic Cooper e Samuel L.Jackson, che si trovano a dover combattere l’uno contro l’altro, in un dello più mentale che fisico. E se Cooper dimostra ancora una volta un camaleontico potere di adattamento attoriale, il buon vecchio Jackson si sente ormai a proprio agio nella cristallizzata armatura di cattivo uomo nero, senza dare particolare sfoggio di innovazione. Una storia classica ma pur sempre attuale; la colpa nascosta che ci portiamo dietro, il segreto che si vuole celare a tutti i costi ma che ci porta verso nuove verità e che sviluppa un nuovo dubbio. Anzi, un ragionevole dubbio.

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