Regia: Bruno Bozzetto
Cast (voci): Oreste Lionello, Lydia Simoneschi, Fiorella Betti, Micaela Esdra, Pino Locchi.
Trama: I VIP sono un genere di super-uomini che difendono il mondo dalle ingiustizie dai secoli nei secoli. Ma l’ultima generazione è stata imperfetta e si compone di due VIP: Supervip, che ha tutti i connotati del supererore e continua la stirpe senza sbavature; e Minivip, che è completamente agli antipodi e l’unico potere che possiede è quello di svolazzare a pochi metri da terra. Sotto una crisi di identià e di inferiorità, Minivip si concederà una vacanza in crociera e da qui cominceranno numerose e imprevedibili avventure, fino allo scontro con una perfida donna che sta sperimentando un sistema per dominare l’umanità.
Analisi: Quello che Bozzetto, fumettista ricordiamolo, è riuscito a fare con Vip – Mio fratello superuomo, è stata la creazione di due facce: la prima è sorridente, se vogliamo è quella che spicca in superficie, dominata dalla poetica atmosfera fumettistica dell’autore; la seconda è più attenta, vicina a riflessioni sul consumismo, sulla capacità di persuadere le menti con i media o con “costrizioni tecnologiche”, fino al tema dello sfruttamento dei più deboli. Del resto, pensiamo anche all’anno in cui è stato prodotto il film: 1968, dunque perfettamente in linea con lo spirito del tempo. Queste due facce riescono sempre a coesistere e anzi si intrecciano, al punto che le situazioni che vorrebbero essere più possibile “riflessive”, riescono comunque a far ridere. E viceversa.

Consapevole però che un lungometraggio, specie d’animazione, ha anche bisogno di lasciarsi guardare e avvalersi di strutture consolidate, Bozzetto introduce elementi che si discostano dai temi più “nobili” e introduce una duplice storia d’amore, situazioni parodistiche, mini-storie all’interno di quella più grande. Tutti elementi che, sommati, donano corpo al film.
Sono proprio le situazioni portate all’estremo che riescono a far sorridere, ma di un sorriso a mezza bocca. Possiamo dire che Bozzetto riesce ad essere bonariamente cattivo. Il personaggio centrale di Happy Betty, ad esempio, è tiranno: nel suo stabilimento di lavoro si hanno solo pochi secondi per andare in bagno, pena una corposa scarica elettrica; è possibile scegliere il pranzo, ma solo dopo una adeguata “trattenuta dallo stipendio”. Il tutto in nome di un’invenzione che dovrebbe generare dei missili in grado di conolizzare i cervelli umani e orientarli a proprio piacimento. Qualcosa che ricorda 1984 di Orwell o in generale una buona dose di trame dal futuro distopico.
Unendo tutta la causa ad una manciata di gag divertentissime e ad una storia che scorre e quasi scappa via per tutte le minuscole invenzioni che la tengono a galla, Bozzetto ha creato un piccolo gioellino. Le chicche migliori: il comitato d’azionisti e l’aiuto-colonnello Schultz.


