La Papessa – recensione del film di Sönke Wortmann

La Papessa

La Papessa – Dopo averci raccontato per decenni storie di principesse, regine e cortigiane, il cinema sembra ultimamente essere interessato anche a insolite figure femminili, che affrontarono percorsi contro corrente, spesso con esiti tragici, ma indubbiamente interessanti.

Dopo la filosofa e scienziata Ipazia in Agorà e la scrittrice ed erudita Christine de Pisan di Christine Cristina, è il momento de La Papessa, storia dell’unica donna che riuscì a salire al soglio pontificio nel IX secolo, dopo aver fatto carriera in ambito ecclesiastico travestita da uomo. Una figura che per secoli è stata considerata leggendaria, inventata per denigrare la Chiesa, e di cui solo recentemente è stata provata l’identità, grazie anche agli stimoli dati dal romanzo di Donna Woolfolk Cross, a cui il film è ispirato.

Se in una precedente pellicola in tema, Pope Joan del 1972, la Papessa veniva rappresentata come una assatanata sessuale e corrotta, qui Giovanna, fanciulla germanica cresciuta tra un padre cristiano bigotto e una madre che porta avanti le credenze matriarcali pagane, è vista come una luce in mezzo a barbarie e corruzione, una donna assetata di sapere e di vicinanza con Dio fin dall’infanzia, che si traveste da uomo per portare avanti il suo progetto di vita, facendo anche del bene a poveri, malati e al Papa stesso, salvo poi pagare una volta diventata Papa l’unico cedimento della sua vita con il solo amore carnale che ha avuto, un suo antico protettore che ha ritrovato anni dopo, morendo per i postumi di un parto prematuro.

La Papessa – recensione del film di Sönke Wortmann

Giovanna ha le sembianze androgine e poco patinate di Johanna Wokalek, già terrorista degli anni Settanta ne La banda Baader Meinhof, attorniata dal più decorativo ex capitano di Gondor David Wenham, e dell’ottimo Papa Sergio di John Goodman: la regia di Sonke Wortmann costruisce un kolossal in cui non mancano concessioni allo spettacolo e all’avventura, oltre ad un discorso indubbiamente protofemminista e ad una contrapposizione tra una visione della religione dogmatica, dura e che esclude molti (le donne in testa, ma anche i malati e gli emarginati) e un approccio alla religione più vera e meno corrotto, simboleggiato appunto da Giovanna, spirito illuminato in tante occasioni. Gli effetti speciali al computer ci sono ma si notano poco, e la Roma ricostruita in Marocco ha un suo fascino non stereotipato.

La papessaIl romanzesco è un elemento importante della vicenda, rigorosa e struggente, tragica e cruda, ma la ricostruzione storica non è fatta male, ricostruendo un’epoca in maniera non didascalica e noiosa ma nemmeno dando tutto per scontato come ha fatto Ridley Scott in Robin Hood.

L’elemento più interessante del film è indubbiamente Giovanna, in anticipo sui tempi, portatrice di una visione più aperta di cultura, fede, ruolo delle donne e apertura al prossimo, una delle tante ragazze vestite da uomo che da anni per non dire secoli popolano l’immaginario, tra realtà e finzione. Del resto furono tante le donne che in epoche buie si vestirono da uomo per poter seguire strade che erano loro precluse o semplicemente per portare a casa più facilmente la pagnotta, ed è tutto un settore in cui il cinema potrebbe trovare ispirazione per storie interessanti e anche insolite: chissà quante siamo dice alla fine un personaggio caro a Giovanna. Lei fu scoperta, ma altre no.

 

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