La stangata: la spiegazione del finale del film

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La stangata (The Sting, 1973) rappresenta uno dei momenti più iconici nella filmografia di George Roy Hill, regista noto per la sua abilità nel mescolare tensione, comicità e narrazione elegante. Dopo successi come La vita privata di Henry Orient  e Butch Cassidy, Hill conferma con questo film il suo talento nel costruire storie intricate e raffinate, capaci di combinare suspense e umorismo. Il film riflette la sua predilezione per trame sofisticate e per personaggi affascinanti che si muovono in contesti moralmente ambigui, confermando la sua maestria nella direzione attoriale e nel ritmo narrativo.

Protagonisti principali sono Robert Redford e Paul Newman, già collaudati compagni di set in Butch Cassidy. La loro chimica è fondamentale: Redford incarna il giovane e astuto truffatore, mentre Newman porta la sua eleganza e ironia nel ruolo dell’esperto del raggiro. La loro interazione rende il film brillante, conferendo carisma e profondità a una storia altrimenti complessa. Il duo attoriale, insieme alla regia di Hill, riesce a trasformare un film di genere crime in un racconto di intrighi intelligenti e di relazioni sottilmente manipolatorie.

Il film – vincitore di 7 premi Oscar – si inserisce nel filone delle commedie criminali degli anni ’70, con richiami al caper movie, ma si distingue per la sua struttura meticolosa e per il fascino nostalgico degli anni ’30, in cui è ambientata la vicenda. Temi come inganno, fiducia e vendetta sono al centro del racconto, e la precisione della regia di Hill rende ogni svolta credibile e avvincente. Oggi La stangata è considerato un classico del cinema americano, esempio perfetto di intrattenimento intelligente e stilisticamente elegante. Nel resto dell’articolo approfondiremo il finale, svelando come Hill costruisce la sorprendente rivelazione che chiude la storia.

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Johnny Hooker in La stangata (1973)

La trama di La stangata

In una Joliet degli anni ’30, si creano i presupposti per organizzare una delle “stangate” più famose di sempre. Johnny Hooker (Robert Redford), decide di vendicare la morte del suo amico e complice di tante imprese ai limiti della legge, Luther Coleman, il quale è stato ucciso dal boss del crimine Doyle Lonnegan, per fare questo chiede aiuto a Henry Gondorff (Paul Newman) amico di Luther e maestro dell’arte del raggiro, momentaneamente ritirato dagli affari per un colpo andato male. I due, iniziano a mettere su un piano destreggiandosi fra boss criminali, agenti FBI e poliziotti in cerca di riscatto professionale.

Il gangster Doyle Lonnegan è titubante all’idea di fidarsi proprio di Johnny, ma la prospettiva dell’elevato guadagno gli fa perdere ogni riserva e abbocca all’amo gettato dai due “artisti della truffa”. I due elaborano così un piano complicato e raffinatissimo per portar via a Lonnegan un’ingente somma di denaro che possa soddisfare Johnny senza dover usare la violenza. L’organizzazione dell’inganno è capillare ed efficiente, con una talentuosa squadra di altri truffatori perfetta e magistralmente sincronizzata, pronta a darsi da fare per aiutare Johnny in tutti i modi e a non perdere una buona fetta del ricavato della truffa.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto de La stangata, Johnny Hooker e Henry Gondorff mettono in atto il colpo finale contro Doyle Lonnegan utilizzando “the wire”, una sofisticata truffa che richiede un’ampia squadra di esperti. Gondorff si finge il grezzo bookmaker Shaw, irritando Lonnegan e convincendolo a finanziare una scommessa di mezzo milione di dollari su un cavallo, mentre Hooker, nel ruolo di Kelly, coordina le azioni e fa credere al boss di poter entrare nel mercato di Shaw. Lonnegan è ignaro che ogni mossa è pianificata e che la posta in gioco non è quella che sembra.

Paul Newman in La stangata

La tensione raggiunge l’apice durante la scommessa su Lucky Dan: Lonnegan, convinto di vincere, scopre solo alla fine che la puntata era stata manipolata per far arrivare il cavallo secondo. Nel caos apparente, “l’FBI” irrompe nella sala: Polk, Snyder e gli agenti sono in realtà complici del colpo, mentre i falsi spari servono a dare l’illusione della violenza. La truffa riesce pienamente, Lonnegan perde il denaro senza comprendere l’inganno, e Hooker e Gondorff si rialzano tra applausi e risate, liberi e vittoriosi.

Tuttavia, mentre i truffatori svuotano la stanza, Hooker rifiuta la sua parte di denaro, sostenendo che comunque lo perderebbe, e se ne va con Gondorff. Il finale sottolinea la maestria di Hill nel costruire suspense e colpi di scena. La “truffa nella truffa” mostra un gioco di inganni continuo, dove identità, ruoli e prospettive sono manipolati fino all’ultimo minuto. Lo spettatore viene guidato attraverso un climax brillante che premia astuzia, pianificazione e improvvisazione, rendendo la vittoria dei protagonisti credibile e spettacolare.

La conclusione evidenzia in modo chiaro e incisivo i temi morali e narrativi del film: fiducia, inganno e l’uso dell’intelligenza sopra la forza bruta. Johnny Hooker e Henry Gondorff operano ai margini della legge, trasformando il crimine in un vero e proprio esercizio di astuzia e strategia, dove ogni mossa conta. La storia mette in luce come abilità, collaborazione e ingegno possano ribaltare situazioni apparentemente impossibili, dimostrando che la mente può prevalere sulla forza fisica. Questo finale porta lo spettatore a riflettere sulla linea sottile tra moralità e opportunismo, suggerendo dilemmi etici universali.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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