Il diniego incassato dal regista da parte di più produttori ha fatto il giro del Mondo. Le ragioni? Il film parla dell’Italia degenerata di oggi, con riferimenti inevitabili a chi ci governa.

 

Lo sfogo di Bellocchio al Corriere della sera ha fatto il giro del Mondo. “Italia mia”, il suo ultimo progetto cinematografico parla dell’Italia di oggi, “un film sul potere, con riferimenti non casuali, ma senza intenzioni di inseguire l’attualità né di fare pamphlet polemici”. Bellocchio gli dà un taglio molto personale, una sorta di racconto trasfigurato della drammatica realtà che stiamo vivendo. I personaggi non vengono mai chiamati per nome, ma la loro identità si può intuire. Si citano situazioni note, finite sulle pagine di tutti i giornali, ma viste dalla gente della strada, soprattutto dei giovani sempre più smarriti. Non a caso, il film tratta della storia di una giovane donna impegnata con “casi importanti che sono finiti in prima pagina” e finisce con “una grande festa in una lussuosa villa su un’isola. Forse in Sardegna o in Sicilia”.

Un po’ come accadde nel film “Il Caimano” – in cui una giovane regista si vede rifiutare da tutti l’aiuto nel girare il suo cortometraggio sulla vita di Berlusconi (troverà la disponibilità solo di un regista ormai fallito, interpretato da Silvio Orlando) – anche Bellocchio si è visto rifiutare da ben 12 produttori il finanziamento al suo film. Certo, ammette che il budget non è esiguo, giacché si tratta di investire 6-7 milioni di euro. Ma è anche convinto che per produrre un film di questa portata, e in fondo, di questo rischio, quei soldi ci vogliono tutti. Ma sconfortato ha anche ammesso che è la prima volta che ciò accade nella sua carriera. Il regista bolognese – che vanta 24 film all’attivo, tra cui l’ultimo “Vincere” del 2009, trattante la storia del figlio non riconosciuto del Duce (Benito Albino Dalser) -non si arrende: “Credo davvero in questo progetto. Un giorno o l’altro, lo farò.”

Bellocchio ha ottenuto ovviamente la solidarietà di diverse personalità del cinema italiano. Tra queste, molto forti sono le parole utilizzate dallo sceneggiatore Alessandro Bencivenni (stretto collaboratore di Neri Parenti): “Il cinema non può esistere in Italia senza l’utilizzo di fondi di produzione controllati da Berlusconi stesso, senza utilizzare la RAI che è indirettamente controllata da Berlusconi, e senza l’aiuto dei fondi del Governo italiano. Dunque sempre indirettamente controllati dal Presidente del consiglio Berlusconi. E ‘difficile oggi – conclude amaramente Bencivenni – trovare un produttore disposto a investire in progetti rischiosi”.

C’è anche una chiosa amara di Pupi Avati, anch’egli intervistato sul caso Bellocchio: “Il mio film “Il figlio piu piccolo”, una commedia sulla corruzione, non fu un successo e ho messo da parte un secondo progetto che avevo in cantiere su un tema simile”. Forse, conclude Avati, “gli italiani si sono abituati a certe cose”.

La domanda ora è d’obbligo: se un regista di lungo corso come Bellocchio trova difficoltà nel vedersi finanziare film scomodi, quali speranze ha un regista emergente?

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