Una rivisitazione contemporanea delle giudicesse raccontate attraverso un’installazione audiovisiva e una pubblicazione d’artista. È l’esito del progetto di residenza artistica Giudicesse 2030, che è stato presentato sabato 16 dicembre in Sardegna a Sant’Antioco presso la sala mostre della Biblioteca Comunale.
Il progetto, promosso dalla Società Umanitaria di Carbonia e realizzato in collaborazione con le associazioni Terras e U-BOOT Lab, è nato per raccontare in chiave contemporanea le figure delle giudicesse e il loro ruolo nello sviluppo della storia della Sardegna, e ha dato vita ad una residenza d’artista condotta dal duo multidisciplinare STUDIOLANDA.
Nel periodo della residenza, tenutasi a Sant’Antioco dal 4 al 16 dicembre, il lavoro di STUDIOLANDA si è focalizzato sull’incontro nonché sulla raccolta di testimonianze della comunità locale, intrecciando l’approfondimento sulle fonti bibliografiche, storiche e iconografiche, e la ricerca sui filmati amatoriali in pellicola, digitalizzati attraverso il progetto regionale di raccolta di cinema di famiglia “La Tua Memoria è la Nostra Storia” e conservati nell’archivio del Centro Servizi Culturali Carbonia della Società Umanitaria. Un lavoro che ha visto il coinvolgimento attivo della comunità, attraverso un laboratorio con i bambini, interviste, incontri informali e letture condivise.
Quello tracciato durante la residenza è un percorso che intende ri-significare questa figura simbolica nell’età contemporanea, realizzato a partire dalle storie di diverse incarnazioni moderne – una pescatrice, una biologa, una pedagogista, una cavallerizza, un’archivista. L’esito finale è un’installazione audiovisiva e una pubblicazione d’artista che intreccia le diverse fonti facendone un racconto corale, a partire dall’assenza di immagini dell’epoca giudicale per arrivare al ritratto di una giudicessa multiforme e atemporale, che ha attraversato la storia per arrivare ai giorni nostri come specchio della figura femminile nella società.
Dopo la prima presentazione a Sant’Antioco, in Sardegna, l’esito della residenza potrà essere declinato e presentato in forme diverse: all’interno di festival e nelle sale cinematografiche come opera audiovisiva, e in forma installativa all’interno di spazi dedicati all’arte e alla cultura contemporanea.
Spiegano Giorgia
Cadeddu e Vittoria
Soddu: «Per rendere visibile la
stratificazione e varietà dei materiali raccolti e delle iniziative
realizzate nelle due settimane di residenza a Sant’Antioco abbiamo
scelto di utilizzare i due linguaggi che caratterizzano la nostra
pratica artistica: la grafica e il montaggio audiovisivo. La bozza
di un libro d’artista in grande formato diventa uno storyboard che
affianca l’installazione proiettata su tre schermi, dove si
intersecano immagini e voci, proponendo una narrazione che
suggerisce connessioni tematiche e visive tra le diverse fonti
utilizzate. Siamo partite dalle vite romanzate tra storia
e leggenda delle Giudicesse di Sardegna, personaggi lontani da noi
nel tempo, che acquisiscono oggi una valenza simbolica al di là del
giudizio sulla verità storica del loro operato, attraverso un
riposizionamento della loro figura che, nella sua frammentarietà,
diventa unitaria – La Giudicessa – con uno sguardo verso il
futuro. Frammentaria perché partendo dalla certezza
attuale di non disporre di alcuna immagine dell’epoca giudicale che
le ritragga, le nostre eroine da figure senza volto si sono
moltiplicate in una miriade potenzialmente infinita di corpi e
voci, attraverso fotogrammi sfocati, riprese effimere nelle
immagini di cinema di famiglia dei fondi conservati presso la
Fabbrica del Cinema del Centro Servizi Culturali Carbonia della
Società Umanitaria. La Giudicessa è diventata un simbolo
re-immaginato in un laboratorio per bambini ospitato dal Museo
Diffuso all’ex Montegranatico, riletto dalle voci dell’associazione
della Terza Età e re-significato nelle esperienze lavorative di
figure femminili che riflettono sull’importanza della trasmissione
di un sapere, della tutela dell’ambiente e del rapporto con
l’elemento naturale nella vita quotidiana».
Aggiunge Maria Pina Usai, U-BOOT Lab, curatrice del progetto: «Il ritratto che emerge da questa narrazione condivisa, contemporaneamente intima e corale, è quello di una giudicessa che attraversa il tempo e connette le generazioni, si stacca dalla figura cristallizzata delle singole eccellenze rievocate storicamente e viene ridefinita nel ruolo di una donna profondamente contemporanea, che nel rapporto di cura con il contesto in cui vive, attraverso il proprio lavoro, aderisce istintivamente e senza mediazioni alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030».
«Con questa restituzione – dice Moreno Pilloni, direttore del CSC Carbonia della Società Umanitaria – chiudiamo un percorso che è stato realizzato attraverso il coinvolgimento attivo della comunità. Crediamo sia un bel modo di fare cultura e rapportarsi a un territorio nell’ottica di una crescita condivisa e partecipata». Paolo Serra, direttore della Società Umanitaria in Sardegna, aggiunge: «questa residenza ci consegna come esito un’opera visuale che crediamo possa e debba avere una vita ben oltre il territorio sardo e possa essere fruita tanto presso gli spazi artistici che nelle sale cinema».
Al fine di consentire la più ampia partecipazione, rilevanza sostanziale hanno avuto all’interno del progetto gli aspetti legati a inclusione e accessibilità ampliata, curati da Marina Fanari, U-BOOT Lab, garantiti attraverso l’interpretariato in Lingua dei Segni Italiana e la sottotitolazione in tempo reale. La serata di presentazione, che ha rappresentato un momento di condivisione e scambio con la comunità, è stata realizzata in collaborazione con il Comune di Sant’Antioco, Ottovolante Sulcis e Museodiffuso.exe.