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Uscite al Cinema del 11 Marzo 2011

Uscite al Cinema del 11 Marzo 2011

Il rito: dopo quattro anni di seminario Michael Kovak ha una crisi, sente che la sua fede non è così solida come dovrebbe essere per un sacerdote. Così decide di dimettersi ma improvvisamente il vescovo gli chiede di partecipare ad un corso di esorcismo che si svolge a Roma.

Incuriosito ed anche molto scettico Michael accetta e si trasferisce nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Michael non crede negli esorcismi né al fatto che il demonio possa manifestarsi nella realtà quotidiana…..ma dopo aver conosciuto Padre Lucas il giovane sacerdote si ricrederà!

Diretto da Mikael Hafstrom “Il rito” ci ripropone il tema degli esorcismi, ancora una volta con la contrapposizione tra scetticismo e fede, tra il giovane sacerdote che non crede alle possessioni e l’anziano sacerdote che invece ha molta esperienza e ne ha viste di tutti i colori. Niente di nuovo insomma, a parte la magnifica interpretazione del grande Anthony Hopkins.
Rango: Rango è un giovane camaleonte che ha sempre vissuto dentro un terrario con la convinzione di essere un attore! Durante un viaggio in macchina verso il Messico, un imprevisto lo fa balzare fuori dal terrario e dall’automobile lasciandolo da solo in mezzo al deserto del Mojave. Non sapendo cosa fare, Rango inizia a camminare sfuggendo ai pericolosi animali del deserto finché non giunge a Polvere, una cittadina western dove vive una piccola comunità di animali che però non amano molto gli estranei. Per cercare di farsi accettare Rango decide di aiutare la comunità a risolvere un grande problema: far tornare l’acqua. Solo diventando un eroe Rango potrà conquistare i suoi nuovi amici…ma non sa che i pericoli sono molti!!
Gore Verbinski  insieme alla Industrial Light and Magic girano per la prima volta un film d’animazione….e il risultato è ottimo. Diverso da tutti gli altri film Pixar “Rango” è un vero e proprio western, con inquadrature in primo piano, dove domina il deserto polveroso, dove ci sono luoghi da conquistare e dove ci sono pistoleri. Ovviamente non mancano le riflessioni sulla vita anche se sono equamente inframezzate da battute e gag divertenti.
Ramona e Beezus: Ramona Quimby è una ragazzina piena di energia, con un’infinita immaginazione e con un forte spirito d’avventura. Ha una sorella maggiore, Beatrice che però lei chiama Beezus, che non la sopporta molto anzi è infastidita da tutti i guai che combina Ramona, soprattutto quando cerca di conquistare il ragazzo che le piace, Henry. Nonostante questo però Beezus dovrà ricredersi sulla sorella quando Ramona cercherà a tutti i costi di salvare la casa della famiglia…
Elizabeth Allen dirige questa commedia per ragazze ispirandosi ai romanzi di Beverly Cleary, ci racconta la spensierata vita di una ragazzina che non vuole adattarsi alle regole e al modo di pensare degli adulti, che combina sempre mille guai e che non sa ancora nulla della vita. Viene descritta l’infanzia come tale, senza troppi ragionamenti complessi e irreali per dei bambini, come invece si vedono in molti altri film.
Holy Water: nel paesino irlandese Killcoulin’s Leap vivono quattro amici scapoli e senza prospettive per il futuro. Di sicuro questa mancanza di prospettive non è solo colpa loro ma anche del paesino in cui vivono dove il lavoro scarseggia, le donne sono poche, la mentalità delle persone è chiusa e bigotta, per non parlare della vita notturna che è praticamente inesistente! Perciò un giorno uno di loro decide di andarsene, di fuggire per realizzare i suoi sogni. Prendendo la palla al balzo gli altri tre decidono di seguirlo….ma come fare senza soldi?? I quattro decidono di procurarsi il denaro rubando il carico di un furgoncino che trasporta Viagra, la famosa pillola per le curare le disfunzioni erettili, per poi rivendere il prodotto ad Amsterdam. Loro pensavano si trattasse di un piccolo carico di poco valore, invece il bottino ammonta a ben 63 milioni di dollari….perciò la Pfizer, la casa produttrice del Viagra, decide di inviare direttamente dall’America una squadra della SWAT per catturare i rapinatori! Presi dal panico i quattro amici non sanno cosa fare, l’unica cosa a cui riescono a pensare è quella di mettere momentaneamente la refurtiva nel pozzo della sorgente della città detto “dell’acqua santa”. L’imprevisto però non capita mai solo, oltre ad avere la SWAT alle calcagna  i quattro combinano un guaio non rendendosi conto che mentre calano il Viagra nel pozzo le scatole si rompono facendo sciogliere il farmaco nell’acqua….ben presto la tranquilla popolazione di Killcoulin’s Leap sarà travolta da un’ondata di godimento!
Tom Reeve dirige questa esilarante commedia sopra le righe. La combinazione tra un paesino molto religioso e la magica pillola è di sicuro molto curiosa, come curiosi e divertenti sono i protagonisti del film con le loro battute sarcastiche e le situazioni imbarazzanti in cui si cacciano.
I ragazzi stanno bene: Nic e Jules sono una felice coppia gay che ha messo al mondo due bambini, Joni e Laser. Tutto procede benissimo, i ragazzi sono sereni così come le loro due mamme. Quando però Joni sta per compiere diciotto anni e lasciare la casa per andare al college, il fratello minore Laser le chiede un grande favore…..andare alla banca del seme dove sono stati concepiti e scoprire chi è il loro papà biologico. Joni accetta e poco dopo riesce a scoprire che il loro  padre è Paul, un dongiovanni proprietario di un ristorante. Ovviamente i due ragazzi vogliono conoscere meglio il loro padre, così quando le due mamme scoprono tutto sono costrette a far entrare Paul nel quadro familiare…..tutti i loro rapporti dovranno essere ridefiniti prendendo in considerazione Paul! Lisa Cholodenko insieme a Julienne Moore,  Annette Bening, Mia Wasikowskae Josh Hutcherson hanno dato vita ad una famiglia particolare si, ma molto felice e molto stabile. Questo film ci mostra un nucleo familiare non convenzionale, con due mamme e i loro figli, ma tutto dentro una normalità e un’ordinarietà che sembra non differire da tutte le altre coppie eterosessuali. Senza nessun eccesso vengono quindi esaminati i rapporti tra genitori e figli.
Carissima me: una brillante carriera, un uomo che la ama, molto denaro e un po’ di potere…..questa è la vita di Margaret. Tutto però cambia quando, il giorno del suo quarantesimo compleanno, un anziano notaio le spedisce la prima di una serie di lettere che lei stessa aveva scritto quando aveva sette anni. Le lettere sono un specie di promemoria che la piccola Margaret scrisse per la Margaret adulta così da impedire la perdita della ragione e le priorità della vita. Rileggendole pian piano Margaret riscopre un passato che aveva dimenticato e si accorge di essere diventata una donna diversa da quella che sognava da piccola. Yann Samuell riporta sul grande schermo Shopie Marceu, sempre bellissima, nei panni di una donna forte e dedita al lavoro che però ha perso se stessa e i suoi sogni.
Gangor: Upin è un fotoreporter impegnato in un reportage che ritrae le condizioni delle donne nei regimi tribali. Quando si reca in Purulia, nel Bengala Occidentale, rimane affascinato dalla bella Gangor che fotografa mentre allatta al seno il suo bambino. La foto finisce sulle prime pagine dei giornali provocando grande scalpore nella popolazione tribale. A rimetterci è Gangor che viene isolata e sottoposta alla violenza della polizia locale. Upin pieno di sensi di colpa decide di aiutarla e ben presto anche le altre donne si mobiliteranno per denunciare le violenze subite. Italo Spinelli affronta un tema importante con questo film: le condizioni di vita, la sottomissione, le violenze che ogni giorno le donne che vivono in popolazioni tribali devono subire. Purtroppo ancora oggi esistono realtà del genere e purtroppo le antiche tradizioni non vengono abbandonate. La stampa in questo caso è vista sia come mezzo pericoloso che disturba certi equilibri e che può generare molti mali, sia come mezzo di informazione che ritrae realtà molto spesso ignorate dalla maggior parte della popolazione mondiale.
Tutti al mare: Maurizio, un romano doc, gestisce un chiosco, ad Ostia, insieme alla madre, una donna severa che gli gestisce la vita nonostante stia su una sedia a rotelle. Maurizio nelle sue giornate deve fare i conti con una varia umanità che entra ed esce dal suo chiosco che la sera trasforma in un ristorante di lusso, Chez Maurice. I clienti sono un po’ stravaganti: si passa dallo iettatore, al suicida che Maurizio incita ad uccidersi due chioschi più lontano, un cleptomane affetto da amnesia, Sara e Giovanna una coppia gay di hostess e molti altri. Ad aggiungersi a tutto questo ci sono anche gli extracomunitari che vengono dal mare in cerca di fortuna. Matteo Cerami insieme a Marco Giallini, Ilaria Occhini, Vincenzo Cerami e Gigi Proietti mettono in scena una parte di umanità varia e molto particolare con tutti i suoi difetti e problemi.
Le stelle inquiete: è il 1941 e la filosofa Simone Wiel di origine ebraica è costretta a lasciare il Sud della Francia a causa delle persecuzioni razziali. Decide così di rifugiarsi nella campagna marsigliese, dal suo amico Gustave Thibon, il “contadino filosofo”, e sua moglie Yvette. Tra i tre nasce una profonda amicizia che sfocia poi in amore. Ma nonostante la gelosia e i vari problemi, la gioia di ridere e amarsi è troppo grande ed evita di rovinare tutto.
Emanuela Piovano ci racconta una parte di vita della famosa filosofa Simone Weil, che ha studiato il cristianesimo, il comunismo, che ha combattuto contro le ingiustizie della società moderna per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, sperimentando anche in prima persona la catena di montaggio lavorando alla Renault come fresatrice.

Firth e Diaz in Gambit

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Colin_Firth

La CBS Films ha acquisito i diritti di distribuzione per il remake di Gambit, film del 1966 con Michael Caine e Shirley MacClaine. Il film in questione, basato su una sceneggiatura riadattata dei Fratelli Coen e diretto da Michael Hoffman, ha ora i due protagonisti: sono Colin Firth e Cameron Diaz.

Gary Oldman ammira il percorso artistico di Daniel Radcliffe

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Gary Oldman ammira il percorso artistico di Daniel Radcliffe

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Così come i loro personaggio nella Saga di Harry Potter, pare che Daniel Radcliffe e Gary Oldman abbiamo un legame speciale nato appunto durante le riprese di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. “Per me recitare accanto a Gary nel quinto film è stato molto impegnativo, forse per un mio desiderio infantile di volerlo continuamente impressionare” ha detto ad MTV Daniel nell’estate del 2009.

Amici miei – come tutto ebbe inizio: recensione

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Amici miei – come tutto ebbe inizio: recensione

Neri Parenti ci propone Amici miei – come tutto ebbe inizio, il prequel di un famosissimo film del compianto e di recente tragicamente scomparso, Mario Monicelli: Amici miei, del 1975. Si intitola appunto Amici miei – come tutto ebbe inizio e uscirà il prossimo 16 marzo.

Per questo lungometraggio, Parenti si affida a una squadra di attori che almeno sulla carta sono una garanzia di divertimento e spensieratezza: Christian De Sica, Michele Placido, Giorgio Panariello, Paolo Hendel e Massimo Ghini. Del resto, il film è ambizioso, perché riprende un lungometraggio di successo degli anni ’70, figlio di un grande regista che bene ha saputo raccontare l’Italia tra gli anni ’50 e gli anni ’70.

Le burla della compagnia di “toscanacci” si svolge questa volta nella Firenze della fine del 1400, alla corte di Lorenzo De’ Medici. Duccio (Michele Placido), Cecco (Giorgio Panariello), Jacopo (Paolo Hendel), Manfredo (Massimo Ghini) e Filippo (Christian De Sica) sono protagonisti di scherzi e vicende vissute nell’intento di prolungare lo stato felice della giovinezza e fuggire dalle responsabilità della vita adulta. Neanche la peste li fa desistere dalle loro “zingarate”. Anzi quella drammatica situazione pare la più fertile per agire liberi ed indisturbati e dare seguito ai loro scherzi. Una città rinchiusa e spaventata è infatti l’ideale per far cadere dei malcapitati nelle beffe ordite dai cinque amici per esorcizzare la paura della morte con la vita.

E quando, dopo l’ultima beffa ai danni del legnaiolo ed eroe del calcio in costume Alderighi (Massimo Ceccherini), sembrano scarseggiare le vittime, perché non prendere di mira a sua insaputa proprio uno di loro? È così che Cecco diventa oggetto di una memorabile bravata dei goliardici amici. Bravata in cui giocherà la sua parte anche Lorenzo il Magnifico in persona. Amici miei ha già avuto due sequel, nel 1982 e nel 1985, ritenuti minori e meno originali del primo. E questo come sarà? Non resta che andare al Cinema per scoprirlo.

Pierfrancesco Favino: fa buon brodo… e diventa star

Pierfrancesco Favino: fa buon brodo… e diventa star

Pierfrancesco Favino – È lui stesso a dire che il termine star evoca alla sua mente solo l’immagine del famoso brodo. E questo già la dice lunga sul suo understatement, sull’umiltà con la quale affronta il mestiere d’attore. Tuttavia, considerata la popolarità raggiunta, le collaborazioni illustri in Italia e all’estero, la versatilità che ormai tutti gli conosciamo, che lo rende capace di spaziare nei più svariati registri cinematografici e di giocare coi più disparati dialetti dello stivale, pare che l’attore romano dovrà proprio abituarsi ad essere definito star.

Tante, negli ultimi quindici anni, le pellicole cui ha dato sapore e carattere, passando con disinvoltura dalla commedia al dramma e viceversa: da L’ultimo bacio di Muccino a Romanzo criminale, da  Saturno contro a Figli delle stelle. Senza dimenticare le interpretazioni televisive: dal giovane medico di Amico mio, al ciclista Gino Bartali, al sindacalista Di Vittorio. Personaggi forti e determinati i suoi, uomini tutti d’un pezzo, balordi, ma anche bravi ragazzi, uomini d’oro, o simpatiche canaglie e cinici egoisti. Ad ognuno ha saputo dare una caratterizzazione precisa, fatta di movenze, sguardi, atteggiamenti, inflessioni linguistiche, sempre perfettamente in sintonia col personaggio, tanto da renderlo fotografia vivida e spesso memorabile. Stiamo parlando di Pierfrancesco Favino.

Pierfrancesco Favino Marco Polo

Tutto ha inizio il 24 agosto del 1969, quando nasce in quella stessa Roma dove tutt’ora vive. Sul fatto che abbia un forte legame con la sua città sussistono pochi dubbi: si dice che ami vivere il suo quartiere – il Celio – e che non si sottragga al contatto con la gente. È proprio nella Capitale che muove i primi passi da attore, inizialmente come studente dell’Accademia d’Arte Drammatica, poi sul palco, sotto la sapiente direzione di maestri come Proietti e Ronconi. Prosegue quindi approdando alla tv – che continuerà a frequentare con una certa assiduità – nel ’91 con la partecipazione a Una questione privata di Alberto Negrin, cui segue la serie tv Amico mio (1 e 2, 1993 e 1998).

Nel frattempo, esordisce anche al cinema, con Pugili di Lino Capolcchio (1995). Due anni dopo è nel cast del film di Stefano Reali In barca a vela contromano, accanto a Valerio Mastandrea e Antonio Catania, in un piccolo ma ben caratterizzato ruolo: quello del disinvolto dottor Castrovillari. Nello stesso anno è diretto da uno dei nostri più grandi registi: Marco Bellocchio, in Il principe di Homburg. Nel 2000, non si lascia sfuggire l’occasione di farsi dirigere da Luigi Magni, che firma la sua ultima opera, La carbonara. Qui Pierfrancesco Favino recita accanto a Fabrizio Gifuni, Valerio Mastandrea e al grande Nino Manfredi. Nel 2001 lo vuole Gabriele Muccino, per la sua commedia sentimentale sui trentenni in crisi L’ultimo bacio.

Altro film sulla generazione degli “enta” è la seconda prova dietro la macchina da presa di Luciano Ligabue Da zero a dieci (2002), dove Pierfrancesco Favino interpreta Biccio. È poi scelto da Enzo Monteleone per una pellicola drammatica: veste i panni del sergente Rizzo in El Alamein – La linea del fuoco, che ricostruisce le vicende legate all’omonima battaglia, protagonisti un plotone italiano opposto alle forze inglesi in Egitto nel 1942. Per l’efficace prova d’attore non protagonista, è tra i candidati al David di Donatello.

Il 2003 lo vede partecipare alla commedia corale, esordio registico di Maria Sole Tognazzi,  Passato prossimo, con Paola Cortellesi, Claudio Santamaria, Valentina Cervi. Al centro del film un gruppo di amici che si ritrovano nella casa di campagna di una di loro (Paola Cortellesi) per passare il fine settimana, ricordando il loro passato insieme e immaginando il loro futuro. Nel 2004 arriva un’altra collaborazione importante, che porterà a Pierfrancesco Favino ancora una candidatura al Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista, quella con Gianni Amelio per Le chiavi di casa, accanto a Kim Rossi Stuart. Per ora, però, non arrivano premi pesanti, come non sono ancora arrivati ruoli da protagonista. Pierfrancesco Favino è infatti considerato un buon caratterista, in grado di ricoprire brillantemente ruoli di comprimari, ma non adatto a quelli di primo piano. Tuttavia, è innegabile che anche nei più piccoli ruoli affidatigli, l’attore romano riesca sempre a fornire una caratterizzazione precisa, vivida e realistica, che lascia il segno e resta nella memoria.

Il primo a scommettere di più sulle sue doti è Michele Placido, che lo vuole per il suo Romanzo criminale (2005), tratto dall’omonima opera narrativa di Giancarlo De Cataldo, e liberamente ispirato alle vicende della Banda della Magliana. E la scommessa è senz’altro vinta. Il film è strutturato in tre episodi, che rispecchiano le fasi e i passaggi di potere all’interno del gruppo criminale. Favino è protagonista del primo episodio, nei panni del Libanese: colui a cui si deve l’idea del “salto di qualità” della banda, dalla piccola criminalità al crimine organizzato, che controlla droga e prostituzione a Roma, stringe alleanze con la mafia siciliana e con le alte sfere di un potere politico più o meno corrotto.

Il Libanese pensa in grande, si ispira agli imperatori romani e vuole ottenere con la forza un riscatto sociale che non è riuscito a guadagnare con altri mezzi. E come Giulio Cesare, finirà pugnalato per vendetta da uno degli scagnozzi che si tiene intorno, in una delle sequenze più intense del film. Pierfrancesco Favino mette al servizio del personaggio la sua fisicità imponente, qui quasi da orso (assieme all’andatura claudicante messa a punto per il personaggio), e un’espressività truce, adattissima all’occasione. Ciò non significa però che nel corso della pellicola non mostri un ampio repertorio espressivo, che spazia appunto dallo sguardo più torvo, alle lacrime, in un’interpretazione di altissimo livello. Accanto a lui, degni protagonisti degli altri due episodi della pellicola, Kim Rossi Stuart/Il Freddo, che ritrova dopo Le chiavi di casa, e Claudio Santamaria/Il Dandi, con cui aveva condiviso il set di Passato prossimo. Il film fa il pieno di riconoscimenti, collezionando sette Nastri d’Argento e dieci David di DonatelloPierfrancesco Favino li porta a casa entrambi, il primo come Miglior Attore protagonista e il secondo come Miglior Attore non protagonista. La pellicola ottiene uno straordinario successo di pubblico e la popolarità dell’attore romano cresce vistosamente, assieme al credito accordatogli dalla critica e dagli ambienti cinematografici. Il riscontro è tale che dal film viene tratta una fortunata serie televisiva (giocata però più sulla rappresentazione di tipi umani dai modi stereotipati, che banalizzano certi tratti tipici della romanità. Nulla a che vedere con la complessità e la sapidità dei personaggi del film).

Altri affermati registi italiani vogliono Pierfrancesco Favino nei loro cast. Nel 2006 lo sceglie Giuseppe Tornatore per interpretare il ruolo di Donato Adacher ne La sconosciuta, protagonista Ksenia Rappoport. Lo stesso fa Ferzan Ozpetek che, dopo aver scelto Gassman per Il bagno turco, Accorsi e Margherita Buy per Le fate ignoranti, Barbora Bobulova per Cuore sacro, ora punta proprio su Favino per farne il personaggio cardine di quell’affresco corale su amicizia, amore e morte, che è Saturno contro (2007). Anche in questo caso, il compito non è facile: Davide è un uomo equilibrato, sicuro di sé, risolto, con una vita tranquilla, che condivide  con il suo compagno Lorenzo/Luca Argentero e un nutrito gruppo di amici, per i quali è figura di riferimento. Ha un lavoro che lo soddisfa (scrive favole) e una bella casa. Questo universo quasi perfetto entra in crisi con la morte improvvisa di Lorenzo. Per buona parte del film, il personaggio si mostra forte, quasi spavaldo di fronte all’accaduto, nascondendo in qualche parte remota di sé il dolore causato dalla scomparsa del compagno. Poi, tutto emergerà, reclamando il suo spazio.

E solo dopo aver vissuto realmente il lutto e averne acquisito consapevolezza, lui e i suoi amici, colpiti anch’essi profondamente dalla perdita, potranno ricominciare a vivere.Pierfrancesco Favino convince anche nei panni dell’omosessuale alle prese con il lutto e commuove davvero nella sequenza clou del film quando, in preda a tentazioni suicide, scoppia in lacrime. Un filo di rigidità si percepisce solo in una delle prime scene, quella del bacio con Argentero, in cui certamente Ozpetek è bravo a sfruttare, volgendolo in positivo, l’imbarazzo dei due protagonisti.

Nello stesso anno, all’attore viene offerta la possibilità di partecipare con un cameo a una produzione made in USA: Una notte al museo di Shawn Levy, con Ben StillerPierfrancesco Favino non si lascia scappare l’opportunità, che in seguito sfrutterà ancora con successo, riscuotendo un discreto apprezzamento oltreoceano. Il 2008, infatti, è l’anno della sua partecipazione a Le cronache di Narnia: il principe Caspian di Andrew Adamson. Ma è anche quello di Spike Lee, che lo vuole nel cast di Miracolo a Sant’Anna. Tuttavia, non dimentica l’Italia e ritrova Maria Sole Tognazzi, che lo dirige in L’uomo che ama, di nuovo accanto a Ksenia Rappoport. Nel 2009 torna a solcare l’oceano e partecipa, in un piccolo ruolo, ad Angeli e demoni di Ron Howard, tratto dal best seller di Dan Brown,  protagonista Tom Hanks.

Nel 2010 torna in Italia per collaborare con un altro regista nostrano di grande sensibilità: Silvio Soldini. Pierfrancesco Favino interpreta Domenico in Cosa voglio di più, storia della travolgente passione e dell’amore clandestino tra lui, uomo sposato e con due figli, e Anna/Alba Rhorwacher, anche lei sposata, con Alessio/Giuseppe Battiston. Il loro incontro metterà tutto in discussione. Nelle difficoltà quotidiane di Domenico e Anna, anche un affresco sociale dell’Italia di oggi. Nello stesso anno, l’attore romano ritrova Lucio Pellegrini, con cui aveva collaborato nel 2005 per il documentario La vita è breve, ma la giornata è lunghissima, stavolta per la commedia Figli delle stelle. Pellegrini mette insieme un cast di tutto rispetto, che raccoglie, oltre a Pierfrancesco Favino, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi, Paolo Sassanelli, Giorgio Tirabassi, Fabio Volo per raccontare la vicenda tragicomica di un gruppo di precari che per dar una svolta alle loro sorti, decidono di rapire un membro delle istituzioni, ritenute responsabili della loro condizione esistenziale: un ministro.

Sennonché, essendo alquanto maldestri, rapiscono per errore un onesto sottosegretario. Seguono grottesche ed esilaranti avventure che innescano una riflessione, seppur velata dal sorriso, sia sulla stagione del terrorismo in Italia, che sulla difficoltà delle attuali generazioni di trovare modelli di intervento e di lotta sociale diversi da quelli passati. Caustica ironia anche su alcuni vizi tipici italiani (su tutti, l’ipocrisia). Nel gruppo dei precari sfruttati, Pierfrancesco Favino è Pepe, che aspetta da anni un posto d’insegnante di educazione fisica, e intanto lavora, indignato, in un fast food. Pepe è un omone grande, grosso e capellone, ma dal cuore tenero, appassionato di indiani d’America ma con uno spassosissimo accento pseudo-ternano, che a trentotto anni vive ancora coi genitori. Completa l’affresco l’abbigliamento vintage anni ’80. Il rischio di sfociare nella macchietta comica è alto, ma l’attore romano lo schiva abilmente, regalando ancora una volta una caratterizzazione ricca di sfumature e perfettamente credibile.

altLo stesso anno, Favino partecipa al sequel di L’ultimo bacio, Baciami ancora, accanto a Stefano Accorsi e Vittoria Puccini, sempre per la regia di Gabriele Muccino. Mentre il 2011 lo vede protagonista di un’altra pellicola diretta da Lucio Pellegrini: La vita facile, dove ritrova proprio Accorsi e Puccini per una commedia sui (tanti) vizi e le (poche) virtù italiane, rese ancora più evidenti dalla cornice africana in cui la vicenda è ambientata. Inoltre, lo vedremo nella prossima fatica di Carlo Verdone Posti in piedi in Paradiso.

Un capitolo a parte, come detto all’inizio, è quello delle fiction televisive. In particolare, ricordiamo le sue interpretazioni del ciclista Gino Bartali in Gino Bartali – L’intramontabile (2006), diretto da Alberto Negrin, col quale aveva esordito in tv nel 1991. All’interpretazione di Bartali, Pierfrancesco Favino si applica, al solito, con abnegazione e meticolosità, si cimenta con l’accento toscano (come farà due anni dopo, quando interpreterà il partigiano “Farfalla” per Spike Lee). Segue una rigorosa preparazione fisico-atletica e percorre svariati chilometri su due ruote perché, dice, vuole rendersi conto di quali pensieri attraversino la mente di un ciclista mentre corre. (E la risposta è: nessun pensiero, se non la preoccupazione di riuscire ad arrivare alla fine, macinando una pedalata dopo l’altra e cercando di non farsi travolgere dalla fatica). Nel 2007 vince il premio come Miglior Attore protagonista al Roma FictionFest per la fiction tv Liberi di giocare, per la regia di Francesco Miccichè, dove recita accanto a Isabella Ferrari. Nel 2009 ottiene lo stesso riconoscimento per la sua interpretazione di Giuseppe Di Vittorio in Pane e libertà, ancora sotto la regia di Alberto Negrin. Qui veste i panni del sindacalista pugliese – ancora una volta lavora egregiamente sull’aspetto linguistico, dimostrando anche in questo grande versatilità- che promosse la coscienza di classe tra i contadini meridionali, per poi arrivare ai vertici del sindacato. Guadagna per lo stesso ruolo il Premio Internazionale Flaiano come Miglior interprete.

Solo una volta finora si è cimentato nella regia, in occasione di un video promozionale di raccolta fondi per l’Associazione Parent Project, costituita da genitori di bambini affetti dalla distrofia muscolare Duchenne, che finanzia progetti di ricerca (2008). L’attore è anche impegnato con Oxfam Italia, che opera in Africa con vari progetti.

Holy Water: recensione del film di Tom Reeve

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Holy Water: recensione del film di Tom Reeve

Metti quattro amici annoiati dalla routine alle prese con una partita di viagra da occultare, e ottieni un pugno nello stomaco, o se si preferisce, un dito nell’occhio, alla cattolicissima Irlanda. Ovvero, ottieni Holy Water.

Holy Water (Acqua santa) è un film diretto da Tom Reeve, prodotto nel 2009 dalla Feature Productions e distribuito in Italia da Mediterranea a partire dal prossimo weekend. Veniamo alla trama. Quattro amici di un tranquillo paesino sulla costa Irlandese, Killcoulin’s Leap, sono profondamente annoiati dalla monotonia del loro quotidiano. C’è chi fa il postino che butta le lettere che non gli interessano; un ragazzone meccanico con poco lavoro; l’albergatore che insieme alla sorella gestisce un alberghetto perennemente semivuoto, e un giovane ragazzo che vive con i suoi e con tanta voglia di evadere da quella monotona realtà. Tutti e quattro suonano in un localino, in cui vanno a ballare vecchietti che nemmeno badano alla loro musica.

Holy Water, il film

Quando i loro problemi raggiungono l’apice, al postino viene un’idea per arricchirsi: dirottare un furgoncino che trasporta Viagra diretto all’aeroporto, direzione Stati Uniti. Dopodiché rubare le casse contenenti la magica pillola blu, per poi rivenderla ad Amsterdam. Ma i quattro sono alquanto impacciati e imbranati e il piano si complica; inoltre sulle loro tracce ci si mette pure una squadra SWAT americana dalle tecnologie avanzate e l’aspetto tipicamente severo. Decidono così di buttare i fusti in un pozzo, contenente le falde acquifere che dissetano l’intero paese. Ed ecco che il tranquillo e sonnacchioso paesino irlandese si trasforma in un’inaspettata Sodoma e Gomorra…

Terzo film per Tom Reeve, essendosi occupato, nella sua trentennale carriera, come vedremo dopo,  soprattutto di produzione. In Holy water sfrutta tutte le caratteristiche tipiche irlandesi: paesaggi mozzafiato, ironia verso gli inglesi e gli americani, bigottismo cattolico, té, Guinness, paesini tranquilli immersi nel verde; contrapponendo il tutto con un inaspettato evento esterno che travolge siffatti equilibri e stereotipi. Ci aggiunge anche un classico stereotipo americano, quello degli attrezzatissimi e severissimi SWAT che si mettono sulle tracce dei ladruncoli improvvisati. Il risultato finale è un film piacevole, divertente, ma che non fa scompisciare dalle risate come forse ci si aspetta conosciuta la trama.

Tornando al regista, che dicevamo essere Tom Reeve, ha diretto solo tre film (compreso questo). I precedenti sono una commedia “Diggity – A Home at Last” (2001) e un fantasy “George and the Dragon” (2004). La sua carriera è per ora caratterizzata soprattutto per altri ruoli, principalmente come aiuto regista, ma anche come produttore di diversi film tra la fine degli anni ’80 ed inizio 2000, nonché di film per la tv e telefilm. Holy water potrebbe essere l’inizio di una brillante carriera da regista.

Stallone non dirigerà The Expendables 2

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L’atteso seguito di The Expendables sta andando avanti nella fase di produzione ma pare che Sylvester Stallone non scriverà nè dirigerà questo secondo episodio.

Gwyneth Paltrow firma il suo contratto discografico

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L’attrice Gwyneth Paltrow ha appena firmato un contratto – per una cifra non ufficiale di ben 900.000 dollari – con la Atlantic Records per il suo album di debutto. L’attrice si sta quindi preparando una carriera ‘di riserva’ nel caso volesse abbandonare il cinema.

Ritorno ad Ostia – Il cast di Tutti al mare incontra la stampa

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Matteo e Vincenzo Cerami, più buona parte del cast, numeroso di Tutti al mare, era presente alla Casa del Cinema di Roma per parlare del film. Si è parlato di commedia, di temi sociali e illustri discendenze.

Tutti al Mare: recensione del film di Matteo Cerami

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Tutti al Mare: recensione del film di Matteo Cerami

Questo weekend saremo già al mare, perlomeno andando al cinema. Esce nelle sale infatti Tutti al mare, opera prima dell’esordiente Matteo Cerami, cognome pesante, che dirige una commedia scritta appunto dal padre Vincenzo, che ha anche una parte nella pellicola.

Anche Tutti al Mare è un “figlio d’arte” visto che la diretta ispirazione, come conferma lo stesso regista è Il casotto, film del 1977 di Sergio Citti, sempre scritto da Vincenzo Cerami e prodotto da Gianfranco Piccoli, provocatore e produttore di quest’ultima opera. Provocatore perché è stato lui ad avere l’idea di ritornare sulla spiaggia di Casotto e vedere come sono cambiate le cose. Nel film di Citti il protagonista principale era appunto un casotto di uno stabilimento di Ostia, dal quale non si usciva mai e nel quale entrava ogni possibile umanità, anche una giovanissima Jodie Foster, oltre che un esordiente Luigi Proietti.

Tutti al Mare di Matteo Cerami invece il protagonista è un chiosco fronte mare , nel quale entrano ed escono personaggi e animali. La storia inizia e finisce in una giornata d’estate in uno stabilimento romano gestito da Maurizio (Marco Giallini) scapolo con madre a carico che accoglie, viene sfruttato e sfrutta i suoi avventori con prezzi al limite dell’usura per una sdraio e ombrellone. Attorno a lui si sviluppano le storie dei bagnanti del weekend, personaggi che sono in bilico tra il buffo e il patetico, tra la commedia e la tragedia.

Tutti al Mare

Tutti al mare, ci tiene a sottolineare il produttore, non è un seguito de Il casotto, ma un nuovo esperimento: laddove il film di 34 anni fa descriveva dei personaggi tipici dell’Italia di quegli anni, qui si tenta lo stesso procedimento e ne viene fuori, sempre per usare le parole del produttore, un’Italia “spiaggiata”. Dal canto suo, Vincenzo Cerami sottolinea come Il casotto fosse un film claustrofobico mentre Tutti al mare è un film in cui c’è l’esatto opposto, c’è troppo “fuori” che entra nella storia, è un film agorafobico. Ovviamente, i riferimenti all’illustre predecessore sono vari e sparsi qua e là nel film, e prendono forma nella figura di Ninetto Davoli, che interpreta un pescatore che vende pesce veramente fresco e “trote di mare”, tipiche della zona,  che quindi fa da collante, insieme a Proietti, tra il passato ed il presente, oltre che fornire un legame anche con un altro personaggio, Pier Paolo Pasolini, che viene ampiamente citato in una scena in cui i due ragazzi immigrati che lavorano nel chiosco di Maurizio reinterpretano il finale di “Che cosa sono le nuvole?”.

Ad omaggiare definitivamente Sergio Citti ci pensa invece il personaggio di Gigi Proietti, che lo inserisce tra i sette re di Roma. Altre citazioni sono sparse nel film, ma ben nascoste, come ha piacere di sottolineare lo sceneggiatore Vincenzo Cerami. E’ un film corale, in cui ogni personaggio ha un proprio spazio di azione, come nell’avanspettacolo in cui i personaggi si alternavano incrociandosi ma senza mescolare le loro storie. Questa forse una delle pecche del film, i personaggi sono tanti e tutti molto ben delineati, forse sono  troppi per un film di soli 95 minuti.

Ed in effetti il film ha un cast che mette insieme il passato e il presente del cinema italiano; dai già citati Proietti e Davoli, poi Anna Buonaiuto, che interpreta una diva della televisione molto sopra le righe, Ilaria Occhini, passando poi per Marco Giallini, Ennio Fantastichini, un’apparizione di Valerio Mastrandrea fino ad arrivare alle nuove leve Francesco Montanari, Ambra Angiolini e Libero De Rienzo, tutti quanti veramente nella parte. E addirittura Pippo Baudo nei panni di se stesso.

Nuovi nomi per Silent Hill

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Nuovi nomi per Silent Hill

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Variety ha reso noti i primi due nomi annunciati da Davis Film relativamente al prossimo film dedicato alla serie cinematografica tratta dal video gioco Silent Hill. Adelaide Clemens e Kit Harington.

Prequel per Peter Pan

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Prequel per Peter Pan

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Torna al cinema il bambino che non voleva crescere. La Sony infatti annuncia un progetto dal titolo cristallino: Peter Pan Begins, che racconterà chiaramente le origini del ragazzino leader dei Bambini Sperduti.

La principessa e il ranocchio: recensione del film

La principessa e il ranocchio: recensione del film

La recensione del film d’animazione La principessa e il ranocchio diretto da Ron Clements e John Musker prodotto da Walt Disney Pixar.

Nella New Orleans degli anni 20’ la giovane Tiana lavora duramente per realizzare il sogno di suo padre :aprire un ristorante tutto suo. Non sembra esserci tempo per il matrimonio quando alla festa in maschera della sua ricca amica Charlotte i proprietari del locale si dichiarano non più disposti a vendere; finché , sul balcone con gli occhi al cielo in attesa di un miracolo , Tiana non viene spaventata da uno strano ranocchio : dice di essere il principe Naveen e di avere bisogno del bacio di una principessa …

La principessa e il ranocchioRegia: Ron Clements, John Musker

Anno: 2009

Con le voci di: Anika Noni Rose/Domitilla D’Amico/Karima Ammar: principessa Tiana; Keith David/Luca Ward: Dottor Facilier; Jim Cummings/Luca Laurenti: Ray; Bruno Campos/Francesco Pezzulli: principe Naveen.

Trama del film La principessa e il ranocchio: Nella New Orleans degli anni 20’ la giovane Tiana lavora duramente per realizzare il sogno di suo padre: aprire un ristorante tutto suo. Non sembra esserci tempo per il matrimonio quando alla festa in maschera della sua ricca amica Charlotte i proprietari del locale si dichiarano non più disposti a vendere; finché, sul balcone con gli occhi al cielo in attesa di un miracolo, Tiana non viene spaventata da uno strano ranocchio: dice di essere il principe Naveen e di avere bisogno del bacio di una principessa …

Analisi: Col dominio incontrastato della CGI  e l’estenuante ricerca di perfezione e profondità tridimensionale è davvero ammirevole il tentativo della Walt Disney Pictures di ritrovare sé stessa (dopo anni di oscurantismo e smarrimento ) a mezzo delle vecchie tecniche d’animazione che hanno accompagnato la nostra infanzia e che ancora ci fanno sognare  ,attraverso una storia di estrema classicità (forse anche troppa): La principessa e il ranocchio è in tutto e per tutto un film Disney secondo il canone tradizionale (curiosamente voluto con insistenza proprio da John “MR Pixar “ Lasseter), che non solo si basa sul più noto e immortale fra i topoi fiabeschi (il principe ranocchio che per tornare normale ha bisogno di un bacio della sua amata ) ma si caratterizza per un gusto volutamente patinato e retrò al punto tale che probabilmente se il film fosse uscito dieci anni fa ben poco sarebbe cambiato. 

Anche se abilmente nascoste, comunque delle novità ci sono e parecchio interessanti, soprattutto nell’ambientazione: dopo tanti regni immaginari e luoghi perduti nel tempo e nello spazio  i riflettori sono tutti per lei, una luminosa New Orleans, la città dove tutti quanti voglion fare il jazz, terra del banjou e di  riti vodoo da brivido; impossibile non riconoscere negli sfavillanti colori del carnevale e nelle inquietanti atmosfere del cimitero Lafayette una dichiarazione d’amore smisurata, insieme a una lacrima di nostalgia, per una città crocevia di culture uscita distrutta dal terribile uragano Katrina e improvvisamente rinata, lì davanti a noi al massimo del suo fascino magnetico.

La principessa e il ranocchio, personaggi di una favola Disney

Moderna è anche l’indole della bella Tiana , principessa di cuore e non di titolo che invece di pensare al matrimonio come le tante sue colleghe lavora notte e giorno per potersi permettere il ristorante dei suoi sogni  e che , perfettamente in sintonia con l’era Obama, è per la prima volta (ed era ora )una giovane afroamericana; simpaticamente scanzonato e spendaccione  invece il tanto agognato principe Naveen , assai poco avvezzo al risparmio e alle responsabilità che proprio per cercare facile ricchezza finirà nella trappola del villain.

Ben più stellari sono però i personaggi di contorno:  la lucciola sdentata Ray ,visibilmente modellata sul grande Louis Armstrong e innamorata della  stella Evangeline, la simpaticissima amica Charlotte La Bouff, ossessionata dalla ricerca del suo principe azzurro e disposta a qualsiasi sacrificio (chissà se riuscirà a sposare il fratellino seienne del principe una volta diventato adulto…), il Dottor Facilier , che nel “facilitare” la vita delle sue vittime accumula un debito che può essere saldato soltanto a prezzo della propria anima e il suo alter ego positivo Mama Odi , arzilla vecchietta ultracentenaria simile a una santona nell’aspetto e alla fata turchina nelle movenze.

Impeccabili i disegni e l’uso dei colori , le pennellate arcobaleno degli incantesimi vodoo e gli azzurri della palude e del cielo stellato che si sposano perfettamente con l’atmosfera carnevalesca e multietnica della mitica città a mezza luna, da gustarsi  finalmente senza odiosi occhialini inutili ma pronti  egualmente ad entrare nell’immaginario dei bambini di oggi che ormai quasi rischiano di disconoscere il mondo in 2D.

E’ un peccato allora che nonostante le interessanti premesse e la suggestiva opportunità di dialogare con un passato che definire glorioso nel genere è dire poco, nel tentativo di mixare al meglio la dimensione umana del cartoon con quella “animale” (da sempre grande cavallo di battaglia della Disney )  la pellicola di Ron Clements e John Musker ( registi dei bellissimi “Aladdin “e la “Sirenetta”) si smarrisce a metà strada : dal momento in cui i protagonisti vendono trasformati in ranocchi il film inizia inesorabilmente ad annoiare, non riuscendo più a emozionare neppure al momento del necessario happy ending , salvando dal generale senso di stanchezza solo pochissimi momenti (la ballata delle lucciole sul banjou e la poetica riunione di Ray alla sua Evangeline).

Nella favola La principessa e il ranocchio le citazioni dal passato Disneyano e non non si fanno certo mancare: Facilier  ricorda l’Ade di Hercules, il ranocchio Naveen sembra il fratello gemello di Jean Bob ne “l’incantesimo del lago” e il servo Lawrence è praticamente fotocopiato dal Nathaniel di “come ‘incanto”,  eppure la giusta dimensione evocativa  non viene aiutata dalla colonna sonora di Randy Newman: pur in sintonia con le atmosfere jazz degli anni ’20 , i motivi musicali si scoprono totalmente non orecchiabili (è incredibile come tutti i pezzi della colonna sonora scivolino via senza lasciare traccia quando in passato bastava un solo ascolto perché restassero impresse).

Nessuno mette in dubbio che sia un prodotto molto carino e deliziosamente fuori tempo e che bisognerebbe cercare di investire di più nel candore e nella semplicità del disegno a mano, ma per costruire una buona difesa contro l’avanzata del digitale bisognerebbe cercare di osare di più senza aver paura di scontentare gli “storici” né di essere mal giudicati da chi è cresciuto ( a volte davvero male ) a pane e pixel. Per dirla come la saggia mamma Odi: avremo anche avuto quello che volevamo, ma abbiamo davvero avuto ciò di cui avevamo bisogno?

Il Rito: recensione del film con Anthony Hopkins

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Il Rito: recensione del film con Anthony Hopkins

Il Rito è un horror nel mondo degli esorcisti che uscirà in Italia l’11 Marzo. La storia è ispirata alle esperienze reali (per il Vaticano e per chi ci crede) raccontate nel libro, dall’omonimo titolo, di Matt Baglio.

Il protagonista, Michael Kovak (Colin O’Donoghue) è un seminarista combattuto tra scetticismo e desiderio di fede. Viene mandato a Roma per formarsi come esorcista e qui conosce Padre Lucas (Anthony Hopkins) che lo porterà a tastare con mano la presenza del maligno. E’ difficile evitare, durante la visione di Il Rito, che il pensiero non vada a The Exorcist (L’Esorcista) di William Friedkin, il suo avo famoso del ’73, e alla sua stirpe fatta di prequel, sequel e versioni integrali fatte per rinnovarne i fasti con le generazioni future di giovani spettatori desiderosi di volti satanici e corpi che si contraggono. Il regista Mikael Håfström (suo, 1408, horror diretto nel 2007)  si confronta quindi con un film di genere i cui stilemi sono ormai ben marcati. Sembra saperlo e in alcuni momenti si concede opportuni spunti ironici che hanno anche il pregio di cercare costruzioni di climax attraverso vie leggermente più insolite.

Inevitabile però l’ortodossia ai più consolidati cliché soprattutto nei momenti risolutivi della fine, complice una sceneggiatura per nulla originale fondata su un esile messaggio di fede (che molto ricorda il Mel Gibson di Signs, diretto da M. Night Shyamalan nel 2002 ). Il tutto è scandito da una schematica strutturazione didascalica. Ortodossia al genere e ortodossia al contenuto, in Il Rito,  sono freni all’immedesimazione con il paranormale (dimensione in cui un mondo trasfigurato aiuta molto) ancor più per un pubblico italiano: l’ambientazione romana (esotica, forse, per gli americani) con annesse comparse che si esprimono in idioma romanesco (questo nella versione con audio originale; starà al lavoro di doppiaggio scegliere la via da seguire) strappano sorrisi. Del resto spesso gli horror dividono la sala tra quelli che sorridono e quelli che si coprono gli occhi. Un altro buon motivo per vedere Il Rito in lingua originale è l’interpretazione di Anthony Hopkins nel ruolo di Padre Lucas. Il suo personaggio è interessante. Ha un animo giocoso e ironico che usa come arma contro il Male con cui si confronta.

Molti dei meriti sono però proprio di Hopkins (scherzoso, cupo, demoniaco) che riesce a dare spessore e umanità al suo ruolo e a salvare le troppe banalità di Il Rito. Padre Lucas poteva essere l’ennesimo elemento anonimo e invece, nell’interpretazione di Hopkins, risolleva le infantili argomentazioni dello sceneggiatore  Michael Petroni che si confronta, in modo superficiale, con il controverso legame tra bene e male. Per fortuna l’Hannibal Lecter per antonomasia con le sfumature del male ha già avuto confidenza proprio con un altro cult capostipite di seguiti: Il silenzio degli innocenti (Johnatan Demme, 1991 ).

Colin O’Donoghue (Proof, 2005) nel ruolo del protagonista è, al contrario, chiuso in una scarsa espressività. Il personaggio di Michael Kovac risulta piatto e privo di sfaccettature anche nella sua crisi mistica molto schematizzata. Alice Braga (Predators , 2010) ha il ruolo di Angelina, la giornalista scettica che si rispecchia nei dubbi di Michael. Risulta altrettanto anonima, ma nel suo caso molto più per demeriti della sceneggiatura che la relega a personaggio puramente accessorio. Di certo Il Rito non è un film memorabile ( come spesso accade per i film di genere ) ma un buon Hopkins e l’ortodossia al genere lo rendono adatto ad una serata poco impegnata tra amici, magari divisi tra chi si fa qualche risata e chi si copre gli occhi.

Salta Le Montagne della Follia

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Proprio ieri parlavamo di Tom Cruise e della sua certa partecipazione a The Mountain of Madness diretto da Guillermo Del Toro, oggi giunge inaspettata la notizia che il film è stato annullato dalla Universal.

Angelina Jolie di nuovo Lara Croft?

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angelina

L’eroina avventuriera dei video giochi potrebbe tornare al cinema. Si tratta di Lara Croft, che il produttore Graham King vuole riportare al cinema in un nuovo episodio, che verrebbe a completare la trilogia interrotta nel 2003 con il deludente La Culla della Vita.

Tom Cruise confermato per Le Montagne della Follia

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TomCruise

Le Montagne della Follia di Guillermo Del Toro procede a gonfie vele e finalmente si conosce il nome del protagonista. Come già si vociferava da un po’, Tom Cruise è stato confermato nel ruoo del protagonista nel film tratto dal romanzo di Lovecraft.

La politica fatta con il corpo: Tournèe

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Tournee_cannes

In questo periodo in cui in Italia il corpo delle donne è sotto i riflettori e la luce non è affatto buona, un film come questo sposta decisamente l’ottica e fa tirare un sospiro di sollievo. Avere un corpo da mostrare, sembra dire la pellicola, non ha come diretta conseguenza la mercificazione e la svendita di se stesse, ma è  un mezzo per mettersi in contatto con il proprio io e con il sè più intimo.

Gnomeo e Giulietta: recensione del film

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Gnomeo e Giulietta: recensione del film

Arriva al cinema distribuito da Walt Disney Pictures Italia Gnomeo & Giulietta, il film di d’animazione diretto da Kelly Asbury, con le voci originali di James McAvoy e Emily Blunt.

“Oh Gnomeo Gnomeo, perché sei tu Gnomeo!” Recita così la “nana” da giardino Giulietta nel nuovo cartoon di Kelly Asbury (Shrek 2), che trae evidentemente ispirazione dall’immortale e irripetibile tragedia di William Shakespeare.

Si parla di Gnomeo e Giuletta 3D, un film di animazione ambientato a Verona Street nei giardini di due vicini di casa londinesi. I protagonisti sono i nani da giardino che non appena i padroni sono lontani, escono allo scoperto, vivendo la loro vita. Abbiamo già visto, ad esempio in Toy Story, come si può lasciare spazio alla fantasia e all’immaginazione nel dar vita a “oggetti inanimati”, ma qui c’è l’aggiunta della rivalità epocale tra i due giardini/casate, quella dei Rossi e quella dei Blu. Giorno dopo giorno, i nani appartenenti ai due diversi giardini, portano avanti una ‘faida’ continua, tra sfide in sella ai tagliaerba e incursioni notturne in territorio nemico. Un giorno però, mentre Gnomeo, uno dei più giovani nani dei Blu, fugge dopo un’incursione nel giardino dei Rossi, incontra Giulietta, una bellissima nana dei Rossi, fuggita dal padre iperprotettivo. Tra i due nani, esplode subito un amore incondizionato, che supera ogni barriera o divisione “razziale”. Ma il loro amore è destinato alla condanna, o almeno questa è la storia dei più famosi Romeo e Giulietta

Decisamente più infantile rispetto agli ultimi prodotti Pixar, Gnomeo e Giulietta 3D è un cartoon che, eccetto alcune trovate registiche e una sceneggiatura a tratti molto divertente, non convince fino in fondo. Due dei personaggi più riusciti sono senz’altro la rana, Nanette, “balia” di Giulietta, e il fenicottero, Piuma Rosa, amico della coppia. Uno straordinario supporto al film è dato dalla musica di Elton John, Lady Gaga e Nelly Furtado, che cantano le canzoni della pellicola, creando un mix perfetto tra la classicità della storia d’amore e la contemporaneità della musica pop.

Un discorso a parte è doveroso farlo sul doppiaggio italiano creato dalla Disney Italia. I Rossi parlano un siciliano, napoletano e calabrese poco credibile. I blu parlano un fastidioso emiliano, torinese e milanese. A parlare il romano, unica eccellenza nel doppiaggio, è lo spassoso “Piuma Rosa”, doppiato eccellentemente da Francesco Pannofino. In generale un’operazione di doppiaggio mal riuscita e notevolmente stridente, ma d’altronde era facile snaturare un film che in lingua originale vede doppiatori del calibro di James McAvoy, Emily Blunt, Michael Caine, Maggy Smith, Ozzi Osbourne e Jason Statham.

Gnomeo e Giulietta 3D, dopotutto è un cartoon per i più piccini e a loro piacerà senz’altro, forse i genitori storceranno il naso, o forse no, ma questo lo potrete scoprire solo dal 16 marzo 2011 nei cinema.

Tournée: recensione del film di Mathieu Amalric

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Tournée: recensione del film di Mathieu Amalric

Esce nelle sale italiane il prossimo 16 Marzo Tournée di Mathieu Amalric, attore francese pluripremiato, ora regista di un film che all’ultimo Festival di Cannes ha vinto proprio la palma d’oro per la miglior regia. Forte di questo, ci si concentra sulle immagini e la storia perché i dialoghi, complice quasi certamente la traduzione in italiano, sono a volte incomprensibili.

La storia principale di Tournée riguarda un gruppo di personaggi; da questi partiranno poi due racconti: motore della storia principale è Joachim, ex divo della televisione francese, fuggito in America a cercare fortuna, torna in patria come impresario con un carico di ballerine di New Burlesque nel quale vede vita, vitalità e novità. Le ha riunite scegliendole in varie città statunitensi, ognuna con una caratteristica diversa e una storia da raccontare, ognuna con un suo modo di interpretare il burlesque di cui però tutte e quattro rappresentano l’essenza principale: non è un gioco per rifatte dai corpi perfetti, ma piuttosto donne che così prendono in giro i loro difetti e mettono in gioco se stesse e il pubblico, finendo poi con apprezzare anche quello che non va.

Tournée, film

Joachim le ha selezionate una ad una, perché normalmente lavorano da sole, tra di loro c’è anche un uomo, e ha promesso loro una tournée in Francia, prima nelle città più piccole e di porto, per poi arrivare a Parigi. Sulla strada per la capitale però capita un imprevisto e Joachim deve abbandonare il suo gruppo per correre a Parigi a risolvere il problema, ritornando di colpo in quella realtà che aveva abbandonato: l’amico ex collega regista televisivo di successo che lo aiuta con molti sforzi e poca voglia, l’impresario parigino che ha rimpiazzato lo spettacolo di sconosciute glitter di Joachim con uno spettacolo serio che ha però per protagonista una star, una vecchia fiamma che non aspettava di vederlo per potersi finalmente infuriare per il trattamento ricevuto.

Persa ogni speranza di riconquistare Parigi, Joachim torna dal gruppo di signore americane che chiedono di vedere la Francia, ma che per ora vedono solo filtrata dalle catene di alberghi tutti uguali, in cui lavorano concierge del tutto simili (è in realtà lo stesso attore che fa lo stesso ruolo in due hotel differenti) che ormai è la sua nuova famiglia. La sensazione che si ha guardando Tournée è quella di assistere ad un esperimento di incrocio culturale: Amalric prende infatti delle ultraquarantenni attrici di avanspettacolo e le mette in gioco in un’ambientazione a loro totalmente estranea, per vedere cosa succede.

L’idea di Tournée viene da un libro degli inizi del secolo scorso di Colette, “L’altra faccia del Music Hall” poi contaminato da un articolo sul new burlesque che il regista lesse più di sei anni fa. L’operazione, più che far interessare alla disciplina dello spettacolo, ormai di gran moda, si concentra sulle donne e su cosa le spinge e che cosa esprimono attraverso questo spettacolo. Amalric porta sullo schermo la vita di queste donne che hanno trovato in questa arte un sistema per affrontare i loro problemi sia di accettazione del proprio fisico che un modo per avere la possibilità di dimenticare o sminuire una situazione familiare magari difficile.

Delle quattro donne protagoniste non conosciamo niente di più che il nome, Amalric lascia infatti che siano i loro corpi a parlare, i tatuaggi le rughe, le pance e i fondoschiena. Su di loro infatti la macchina da presa indugia in dettagli molto stretti, mentre l’impresario Joachim è quasi sempre ripreso inquadrato in qualcos’altro, una volta la cabina telefonica, in un altro momento è l’apertura sul palco che gli permette di vedere una delle ragazze mentre mette in scena in suo spettacolo. D’altra parte Joachim e le performers sono rappresentazioni di due stati d’animo opposti: la libertà che le donne hanno trovato attraverso il burlesque e dall’altro lato la costrizione, data dalla famiglia, dalle amicizie, dalla rigidità degli schemi, come ad esempio quello che non permette al concierge di abbassare la musica dell’albergo perché “è stata programmata così”, in cui invece fino a quel momento ha vissuto Joachim.

Woody Allen gira a Roma

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“Amo queste città sofisticate. È fantastico avere la possibilità di lavorare qui, così come aver girato Manhattan a New York, Match Point a Londra e Vicky Cristina Barcelona a Barcellona” così il regista Woody Allen ha commentato la notizia riguardo al suo prossimo film.

Questo infatti verrà girato a Roma, ma “Non chiedetemi del cast e della sceneggiatura” ha detto Woody, sottolineando la sua superstizione a riguardo. Il regista di Match Point aprirà il prossimo Festival di Cannes con il suo ultimo film Midnight in Paris.

Fonte: comingsoon

Box Office USA 7 marzo 2011

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Box Office USA 7 marzo 2011

Johnny Depp è di nuovo in vetta al botteghino dei film più visti negli Stati Uniti, questa volta ha smesso i panni del capitano Jack Sparrow, e ha dato voce al camaleonte Rango, diretto dallo stesso regista della saga dei Pirati, Gore Verbinsky.

Il film guadagna 38 milioni di dollari, distanziando nettamente il secondo,  The adjustment bureau, thriller fantascientifico ambientato negli anni ’50 tratto da un racconto di Philip K. Dick con Matt Damon e Emily Blunt. Tra gli attori, due volti televisivi: Jon Stewart, host dell’omonimo talk show di Comedy Central e John Slattery, che avrà probabilmente utilizzato lo stesso guardaroba del suo personaggio in Mad Men. Il film incassa quasi 21 milioni di dollari. Il terzo incasso della settimana è quello di Beastly, un riadattamento de La bella e la bestia ambientata ai giorni nostri diretta da Daniel Barnz ma che più che sulla regia punta sul richiamo del cast composto da Alex Pettyfer, già protagonista di Sono il numero quattro, Vanessa Hudgens, ragazza di  Zac Efron nella serie disneyana High school musical e Mary Kate Olsen, una delle due gemelle che abbiamo visto crescere in diverse serie tv e film per la televisione.

Il film dei fratelli Farrelly, Hall pass, scende in quarta posizione, aggiungendo altri 9 milioni di dollari al suo incasso totale, che raggiunge così quota 27 milioni, mentre il film che era in prima posizione la scorsa settimana, Gnomeo and Juliet, scende esattamente a metà classifica, in quinta posizione. La lotta di Liam Neeson per riconquistare memoria, identità e famiglia si ferma in sesta posizione, Uknown raggiunge però un totale di 53 milioni di dollari di incasso. The king’s speech è invece ormai abbonato alla sua settima posizione, in cui si trova da almeno tre settimane, aggiunge altri 6,5 milioni di dollari al suo incasso totale che così raggiunge 127 milioni di dollari.

La commedia degli equivoci con Adam Sandler e Jennifer Aniston Just go with it arriva in ottava posizione, mentre in nona posizione troviamo proprio Sono il numero quattro, con Alex Pettyfer. Chiude la classifica, con un incasso totale di quasi 69 milioni di dollari il live di Justin Bieber; Justin Bieber: Never say never.

Tra le uscite attese per la prossima settimana troviamo: il thriller sci-fi di devastazione Battle: Los Angeles, con Aaron Eckhart e Michelle Rodriguez, Red riding hood ovvero la versione molto poco per bambini dell’omonima favola, con Amanda Seyfried nei panni della ragazza che attraversa la foresta e Gary Oldman, nel ruolo del cacciatore. Tra le curiosità, il film segna il debutto in un ruolo di primo piano in una grande produzione, del figlio di Jeremy Irons, Max, che interpreta lo sposo imposto alla protagonista.

Esce anche un nuovo riadattamento per lo schermo di Jane Eyre con Alice di Tim Burton, Mia Wasikowska, che se la vedrà con un Mister Rochester interpretato da Michael Fassbender, difficilissimo pensarlo nel ruolo di un uomo testardo e ripugnante, ma vedremo. Ultima uscita, il film di animazione della Disney Mars needs moms in cui un bambino dovrà recuperare sua mamma rapita appunto dai marziani.

Box Office ITA 07/03/2011

Manuale d’amore 3 rimane in testa alla classifica italiana, ma registra un pessimo andamento rispetto al capitolo precedente. La vita facile debutta in modo discreto, mentre i film da Oscar brillano (Il cigno nero e Il discorso del re).

La posizione è sempre la prima, ma i dati sono ancora negativi per Manuale d’amore 3: certo, non si possono considerare pessimi i 5,2 milioni di euro complessivi raggiunti con 1,3 milioni di questo weekend, ma il film di Veronesi sta ottenendo risultati alquanto mediocri se paragonati a Manuale d’amore 2, che dopo due settimane aveva superato i 10 milioni totali.

La commedia italiana sta (forse) registrando un po’ di stanca. E’ un segnale che si può rilevare anche da quanto ottenuto da La vita facile: 833.000 euro, nonostante il lancio mediatico, che piazzano la pellicola al secondo posto. Ma è anche vero che questo risultato non è poi così disastroso se pensiamo al numero di copie: 320 contro le oltre 600 di Manuale d’amore 3.

Chi conferma ancora una volta un’ottima performance è Il cigno nero: altri 816.000 euro per 4 milioni complessivi alla pellicola con il Premio Oscar Natalie Portman.
Un dato semplicemente ottimo è quello registrato da Il discorso del re: forte dei suoi 4 Premi Oscar, il film di Tom Hooper risale di ben tre posizioni, e si piazza al quarto posto con 802.000 euro, arrivando così a un totale che ammonta a ben 6,2 milioni di euro.

The Fighter debutta al quinto posto con 783.000 euro: non male per il film che ha regalato l’Oscar come attori non protagonisti a Christian Bale e Melissa Leo, e si può sperare in un buon passaparola.

L’altra new entry, Piranha 3D, si piazza in sesta posizione con 680.000 euro: distribuito in oltre 250 copie e considerando il sovraprezzo del biglietto, non c’è molto di cui andare fieri per il remake del film di Joe Dante.

Unknown – Senza identità scende al settimo posto con 351.000 euro per 1,1 milioni. Notevole calo per Amore e altri rimedi, che con 343.000 euro scende dalla terza all’ottava posizione, giungendo a quota 3,1 milioni.

Il gioiellino con l’ottimo e onnipresente Toni Servillio esordisce al nono posto incassando 320.000 euro. Infine chiude la top10 Femmine contro Maschi (247.000 euro), che arriva a 11,2 milioni complessivi.

This must be the place: 2 foto del film di Sorrentino!

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sean penn

La Lucky Red ha rilasciato due foto in anteprima del nuovo film di Paolo Sorrentino:This must be the place. Per vedere le foto..

Si arricchisce il cast di Rock of Ages

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{jcomments off}TomCruise

Tom Cruise, Mary J. Blige, e Julianne Hough stavano negoziando nelle ultime settimane la loro partecipazione a Rock of Ages, prodotto dalla New Line.

Schwarzenegger si da al cine-fumetto

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Schwarzenegger si da al cine-fumetto

Arnold_schwarzenegger

Il sito TheArnoldfans.com ha diffuso la notizia che Arnold Schwarzenegger ha ripreso a pieno regime il suo lavoro da attore.  Lui stesso ha affermato che ha addirittura da leggere 15 copioni e che presto annuncerà il titolo di un suo sicuro progetto futuro che riguarderebbe un cine-fumetto.

Gary Oldman parla del terzo Batman

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Gary Oldman parla del terzo Batman

Durante la promozione di Red Riding Hood, Gary Oldman ha fornito qualche aggiornamento relativo a Christopher Nolan e a The Dark Knight Rises. Per coloro che pensano che Il Cavaliere Oscuro sia difficilmente raggiungibile in quanto a bellezza, Oldman è stato molto chiaro.

L’attore che nella saga di Batman firmata da Nolan interpreta il Commissario Gordon, ha riferito che parlando con Nolan e venendo a contatto con la storia di questo terzo batman ‘moderno’, ha definito la storia fantastica. Ed ha continuato dicendo: “Se pensate che Il Cavaliere Oscuro sia stato un gran film, io penso che con questo si può fare ancora meglio”.

Fonte: collider

Gary Oldman parla del terzo Batman

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Gary Oldman parla del terzo Batman

oldman

Durante la promozione di Red Riding Hood, Gary Oldman ha fornito qualche aggiornamento relativo a Christopher Nolan e a The Dark Knight Rises. Per coloro che pensano che Il Cavaliere Oscuro sia difficilmente raggiungibile in quanto a bellezza, Oldman è stato molto chiaro.

Kristen Stewart è Biancaneve

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Come avevamo già anticipato, Kristen Stewart è in trattative conclusive per interpretare Biancaneve nel prossimo progetto della Universal, Snow White and the Hunstman, diretto da Rupert Sanders.

L’attrice di Twilight era già stata nominata a gennaio per questo ruolo, ma adesso pare proprio la più vicina ad interpretare il ruolo accanto a Charlize Theron (strega cattiva) e Viggo Mortensen (cacciatore). La notizia è stata twittata da Palek Patel, che sta producendo il film insieme a Joe Roth. Kristen dovrà ovviamente ultimare le riprese di Twilight Saga: Breaking Dawn, per cui il progetto su Biancaneve potrebbe partire in Agosto, in diretta competizione con The Brothers Grimm: Snow White che vedrà la Relativity Media in produzione e Julia Roberts nei panni della strega cattiva.

Fonte: Deadline.

Kenneth Branagh va alle Olimpiadi

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kenneth_branagh

Kenneth Branagh, a maggio nei cinema americani con il suo Thor, sta pianificando i suoi prossimi impegni alla regia. La Weinstein Company gli ha infatti affidato la regia di un nuovo film basato sul libro The Boys in the Boat.

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