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Joker: le suggestive foto inedite dal backstage

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Joker: le suggestive foto inedite dal backstage

Joker il film, Joker  la maschera, Joker  l’origine, Joker il fumetto. Se n’è parlato in tutte le maniere e da tutte le prospettive del film di Todd Philips, con un Joaquin Phoenix in stato di grazia. Un film capace di avere un effetto sulla realtà, un’indagine sociale sui reietti e sulla gestione del potere, anche da parte delle masse arrabbiate e scontente.

Quello che però a volte sfugge è l’estrema bellezza del film, le immagini, le inquadrature, la luce, tutti i dettagli giusti al posto giusto. Infatti, prima di essere un film violento, educativo o ammonitorio, triste, sconvolgente e coinvolgente, importante e (anche) necessario, Joker  è un film esteticamente magnifico.

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Di seguito, ecco alcuni scatti dal backstage del film, che ne rimarcano proprio l’aspetto estetico impeccabile:

La maschera nella spazzatura. Il simbolo di una rivolta, che diventa seconda pelle per il protagonista e icona dietro la quale dare sfogo alla propria rabbia contro tutti, ma anche semplicemente per liberare la bestia. La maschera ricorda il Joker televisivo di Romero, nonché quella indossata da Heath Ledger nell’adrenalinico prologo de Il Cavaliere Oscuro. Un omaggio nell’omaggio, in segnale che, nella sua totale indipendenza creativa, Phillips ha comunque voluto guardare al passato, reinventandolo e mettendolo al servizio della sua storia.

Un intenso ritratto di Joaquin Phoenix durante le riprese. In molti inneggiano a buon diritto la performance dell’attore, tuttavia c’è da dire che mai, in nessuna occasione e persino nel film più mainstream, Joaquin Phoenix ha consegnato una performance meno che eccellente e che questo lavoro lo porta avanti da che aveva 6 anni. Nel caso di Joker , si tratta sicuramente di un ruolo impegnativo che le sue doti lo hanno reso all’altezza di poter portare sullo schermo con un risultato del genere.

Scene da un suicidio. Ci troviamo nel salotto di casa Fleck e Arthur gioca a fare il gangster con la sua pistola. Si tratta di un momento acerbo del film, in cui il ragazzone non ha ancora oltrepassato il confine della follia, lasciandosi completamente andare alla malattia mentale e anzi, trovando in essa una (distorta, violenta, pericolosa) via di salvezza. Sappiamo poi che al suicidio comincerà a preferire l’omicidio, anche perché è una pratica ripetibile e sicuramente perché cambia la sua prospettiva sul mondo.

Il quaderno delle battute. Un diario, un confidente, la cosa più vicina ad un amico che Arthur abbia mai avuto. Nel suo diario, lui riversa i suoi pensieri, i suoi neri umori, le sue paure e anche i suoi tentativi di diventare uno stand up comedian. Un sogno che presto assumerà una sfumatura impensata ma liberatoria. La commedia che lui voleva portare nel mondo è in realtà la tragedia del mondo stesso, e lui cambia soltanto il suo modo di vedere giusto e sbagliato, bianco e nero.

Non Ridere. Quando viene licenziato, Arthur abbandona, amareggiato nonostante la risata isterica, il posto di lavoro e cancella rabbiosamente parte del cartello che campeggia sulle scale d’uscita del posto. Un cambio di prospettiva, forse l’inizio, il primo scroscio d’acqua che penetra attraverso la diga della sua mente, che sta andando in frantumi e che crollerà sotto il peso della solitudine e della terribile verità che apprenderà su se stesso e sulle sue origini.

Il potere di un simbolo. Lo vediamo anche nella nostra società, dal comandante Carola, all’ambientalista Greta: il mondo ha bisogno di un simbolo dietro cui unirsi per sentirsi spronato a seguire le cause che contano. Così, i poveri, i reietti di Gotham si uniscono dietro al simbolo del Clown, personaggio misterioso che ha tolto la vita a tre impiegati della Wayne Enterprise, tre persone privilegiate, ricche, tre di quelli che succhiano via la vita dalla città e dalla popolazione meno fortunata. Arthur non vuole diventare un simbolo, lui non è un politico o un attivista, nonostante questo, il popolo affamato di sogni e pieno di rabbia, lo trasforma.

Un lavoro di squadra. Risultati come quelli di Joker si possono raggiungere soltanto lavorando in squadra. Todd Phillips e Joaquin Phoenix hanno senza dubbio collaborato, sia da un punto di vista professionale che da quello umano, scavandosi dentro a vicenda e portando fuori entrambi il massimo dall’altro. È una condizione felice ed estremamente rara. Nello scatto in questione, i due sono stati immortalati durante le riprese della scena alla tavola calda, dove Arthur fantastica di portare la sua bella vicina di casa.

Il travestimento. Ancora il regista e il suo attore all’opera. La scena è quella che vede Arthur alla ricerca di un modo per riuscire a intercettare da solo Thomas Wayne, così da avere chiarezza sul suo passato: è suo figlio? è frutto dell’amore? è stato un incidente? La risposta potrebbe spingerlo definitivamente da una parte o dall’altra della follia.

Scrivendo il diario. Il semplice atto di scrivere il suo diario, per Arthur, diventa un momento molto doloroso, quasi a livello fisico, perché spinge l’uomo a guardarsi dentro, a pescare dai suoi pensieri, dai suoi sentimenti, dalle sue paure e dalle sue pulsioni. Mettere nero su bianco tutto questo, lo rende inquieto, come se il gesto rendesse più vive le sue inquietudini.

Il corpo del matto. Il lavoro fisico di Joaquin Phoenix è stato mirabile, non soltanto per la perdita di peso, che è una pratica comune tra gli attori in preparazione di un ruolo, ma proprio per quello che riguarda l’aver indossato i turbamenti e i problemi nelle contorsioni del suo torace, nelle pieghe tra le costole, tra una vertebra e l’altra. Phoenix ha indossato la malattia mentale come mai nessuno prima.