Sacco e Vanzetti

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Sacco e Vanzetti, Anno: 1971 – Regia: Giuliano Montaldo – Cast: Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla

Boston, 1920. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti sono due italiani immigrati da oltre un decennio negli Usa, con l’intento, come tanti altri milioni di loro connazionali, di costruirsi una vita dignitosa. Svolgono lavori umili, il primo è un operaio, il secondo un pescivendolo, ma sono anche politicamente impegnati come anarchici e anti-capitalisti.

Durante una retata in una sezione operativa dei lavoratori, i due riescono a scappare ma vengono trovati su un treno e accusati di una rapina ad una banca, con tanto di omicidio, che in realtà non hanno commesso. Il processo nei loro riguardi, più che penale, è un processo politico. Quello della rapina diventa un pretesto, per il sistema americano pseudo-democratico, di sferrare un duro colpo alla classe operaia in fermento.

Le false testimonianze ai loro danni cominciano a mostrare sempre più la propria fragilità e inattendibilità. Ma ormai la giustizia americana aveva già tracciato il loro destino.

La storia di Sacco e Vanzetti scuote e sdegna tutt’oggi. Il modo sommario e pretestuoso con cui furono processati da quel Paese che si professava e si professa (anche con una certa pretesa di superiorità) come il democratico per eccellenza, ha lasciato un segno indelebile per quasi un secolo.

Sovente il Cinema ha cercato di trasporre sul grande schermo pagine della storia così amare, riuscendoci però solo raramente. Lo ha fatto anche Giuliano Montaldo, regista dalla curiosa biografia, provenendo da tutt’altro mestiere, sebbene abbia iniziato a recitare poco più che ventenne. Sacco e Vanzetti del 1971 può essere considerato il suo film più riuscito, anche perché, a parte qualche altra pellicola successiva (da segnalare anche Giordano Bruno, sempre con Gian Maria Volonté, uscito due anni dopo), Montaldo si è dedicato soprattutto a documentari e opere destinate alla Tv.

Sacco e Vanzetti è un autentico documentario, ma sceneggiato. Il modo in cui sono descritti i due sfortunati protagonisti, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, pone in luce il loro lato umano, i loro ideali, la loro semplicità, e se vogliamo, anche la loro ingenuità, al confronto con un sistema giudiziario complesso e cinico che a loro si presentava come un gigante insormontabile, in questo modo i due personaggi ricevono quella giustizia non ottenuta nell’aula di un tribunale.

Il lungometraggio inizia proprio con il loro arresto su un treno, dove cercavano di scappare dopo alcuni tumulti organizzati dal sindacato dei lavoratori. Poi ripercorre il processo, alternando e confrontando le testimonianze di chi cerca di incastrarli sotto ricatto o dietro laute ricompense, con il reale susseguirsi degli eventi. Ma soprattutto, ricostruisce la biografia di Sacco e Vanzetti, esaltando la dignità e l’orgoglio con cui i due affrontano il processo. Caratteristiche mai perse anche quando sanno che ormai la condanna a morte è inevitabile. Anzi, è proprio in quel momento che le alimentano, affinché il loro martirio dia il coraggio in futuro agli altri lavoratori di combattere, sperare e credere nei e per i propri diritti e i propri ideali.

Ed ecco che questa pellicola riesce laddove gli avvocati di Nicola e Bartolomeo non riuscirono. Cancella tutte le ingiuste accuse a loro rivolte, li ripulisce dal fango gettato su di loro e su tutti gli italiani all’epoca emigrati in America.

Nella riuscita di questa missione così alta ha inciso molto la scelta dei due attori protagonisti: Gian Maria Volonté nel ruolo di Vanzetti (premiato tra l’altro a Cannes) e Riccardo Cucciola, nel ruolo di Sacco. Entrambi riescono a dare il giusto tono ai due protagonisti: estroverso ed esplosivo il primo, introverso e pensieroso il secondo. Due modi diversi di abbracciare la lotta operaia, che, come disse lo stesso Vanzetti, con la loro tragica e ingiusta morte si avvaleva di due simboli capaci di sopravvivere a quelle istituzioni che, annullandone il corpo, non sono riusciti a cancellarne la memoria.

Toccante nel finale è la lettura della lettera che Sacco scrisse al figlio Dante, esortandolo a non essere egoista e a condividere con gli altri le sue gioie, ad essere solidale e sensibile verso il prossimo, non perdendo mai la speranza in un futuro migliore.

A scandire le parole cariche di affetto e commozione di un padre ormai cosciente da tempo che i suoi giorni sono finiti, troviamo The Ballad of Nick & Bart, musica di Ennio Morricone e voce di Joan Baez.

Oltre a questo lungometraggio, varie sono le opere teatrali e musicali dedicate alla loro storia. Tra esse, vale la pena annoverare il dramma in tre atti Sacco e Vanzetti, di Mino Roli e Luciano Vincenzoni, messo in scena nel 1960 dalla compagnia Gli Associati con la regia di Giancarlo Sbragia. In questo caso a Gian Maria Volonté venne affidato il ruolo di Nicola Sacco.

Redazione
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