HomeRubricheCinema e StoriaKapò: il capolavoro di Gillo Pontecorvo sugli orrori dell'Olocausto

Kapò: il capolavoro di Gillo Pontecorvo sugli orrori dell’Olocausto

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Kapò è un film del 1959 diretto da Gillo Pontecorvo. Fu nominato per l’Oscar al miglior film straniero nel 1961.

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A Parigi si vivono i terribili e oscuri giorni dell’occupazione nazista; gli ebrei vengono quotidianamente prelevati dalle loro abitazioni nel ghetto e caricati sui lugubri treni della morte, diretti verso la Germania e i campi di concentramento.

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A questa drammatica sorte non sfuggono nemmeno la giovane Nicole (Susan Strasberg) e i suoi amati genitori. Catapultata d’improvviso nella realtĂ  apocalittica del lager, la timida e graziosa fanciulla riuscirĂ  a sopravvivere grazie all’aiuto di un medico del campo che le fornirĂ  la divisa con il triangolo nero, quello dei “ladri”, decisamente meno sconveniente del distintivo portato dagli ebrei, destinati a morte sicura.

La vita nel campo è dura e sopravvivere è l’unica preoccupazione di ogni giorno, per farlo, spesso, bisogna sopraffare il prossimo, le normali regole della convivenza civile non valgono piĂą. Nicole comprende questo al punto di accettare l’incarico di Kapo, le terribili sorveglianti, aguzzine delle loro stesse compagne. Il degrado morale oltre che fisico a cui la ragazza si abbandona verrĂ  riabilitato in uno straziante finale nel quale la giovane troverĂ  la forza di un estremo sacrificio nell’amore verso Sasha (Laurent Terzieff), un giovane soldato russo prigioniero nel campo.

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KapoKapo è un film del 1959 diretto mirabilmente da Gillo Pontecorvo che qui si presentava con il suo secondo lungometraggio in carriera. Sceneggiato insieme all’amico Franco Solinas, il regista prese lo spunto per raccontare questa storia dalla lettura di Se questo è un uomo di Primo Levi. Infatti il tema dominante del film è proprio quell’assuefazione all’orrore di cui lo scrittore piemontese parla e descrive nel suo celeberrimo libro.

Pontecorvo narra la storia della giovane Nicole come fosse una sorta di parabola, in cui la giovane ed innocente fanciulla buona e  generosa tanto da cedere il suo misero rancio alle compagne piĂą anziane, cede alla paura e all’orrore dilagante corrompendo la propria anima e perdendo ogni rimasuglio di umanitĂ . Una degradazione morale che inizia rubando una semplice patata ad una compagna e che continua gradualmente sino ad accettare l’incarico piĂą infame, quello di Kapò, le temute e ignobili sorveglianti del campo.

Il regista pisano ci racconta questa storia con il suo abituale tratto documentaristico, fedele strumento per fare quel cinema-veritĂ  a cui rimarrĂ  legato per tutta la sua carriera. Come lui stesso racconta, per raggiungere un livello di realismo simile a quello dei cine-giornali del tempo, venne usata una particolarissima tecnica conosciuta come “fotografia controtipata” adatta a rendere un’immagine piĂą granulosa ed un effetto meno cinematografico.

Nel cast artistico spiccano le interpretazioni di Didi Perego ed Emanuelle Riva, quest’ultima reduce dal successo di Hiroshima mon amour, così come di Laurent Terzieff nel ruolo del protagonista maschile Sasha, colui che ridarĂ  amore e dignitĂ  a Nicole. Susan Strasberg, figlia di Lee Strasberg fondatore dell’Actor Studio, fu invece una scelta difficile per Pontecorvo e anche sul set non mancarono momenti di difficoltĂ  legati ad una capacitĂ  interpretativa non sempre naturale e immediata. Il risultato è comunque notevole in quanto la giovane Susan riesce a trasmettere quel senso di innocente candore che progressivamente lascia il posto all’insensibilitĂ  e al maligno opportunismo necessario per sopravvivere nel campo.

Da buon compositore mancato (i genitori non gli fecero concludere gli studi al conservatorio) Gillo Pontecorvo riserba un ruolo fondamentale alla musica che scandisce la varie sequenze narrative in modo estremamente efficacie, accompagnando con note prima dolci e melanconiche e poi grevi e drammatiche la degradazione morale della protagonista.

Convintosi solo dopo lunghe discussioni con il suo co-sceneggiatore, Pontecorvo introduce nell’ultima parte del film la storia d’amore tra Nicole ed il bel soldato russo Sasha, una scelta narrativa inizialmente osteggiata dal regista poco propenso a mescolare l’amore tra due giovani nel contesto drammatico del film.

L’amore per il prigioniero russo sarĂ  la leva per riabilitarsi come essere umano in quanto grazie e per lui Nicole deciderĂ  di sacrificarsi ed aiutare così la fuga dal campo. Pontecorvo avrebbe preferito un altro finale, con la protagonista ancora viva e “sola” in mezzo alle compagne festanti per la liberazione, accentuandone così l’alienazione morale.

Forse convinto da una produzione piĂą orientata ad un finale piĂą spettacolare e ad effetto, il regista ha in fine optato per la morte di Nicole e l’intima disperazione di Sasha che dimentica il successo di tutti e soffre per la donna amata.

Ma è evidente che la relazione tra i due giovani sia estremamente marginale nel contesto di un film che ha ben altri scopi e finalitĂ ; una delle piĂą fedeli e crude testimonianze cinematografiche riguardo il tema dell’Olocausto, in cui Gillo Pontecorvo tocca uno dei punti piĂą alti, se non il piĂą alto, della sua importante carriera. Un realismo forte e non sempre compreso dalla critica del tempo, il critico e regista francese Jacques Rivette definì “un’abiezione” la carrellata in avanti sul cadavere imprigionato nei fili dell’alta tensione, ma che in realtĂ  rimane ad oggi uno delle migliori testimonianze su un tema tanto battuto ma sempre attuale come quello dell’Olocausto.

Un film da vedere e rivedere periodicamente per non dimenticare l’orrore a cui la follia dell’uomo può portare, per mantenere vigile l’attenzione verso ogni rigurgito di odio e intolleranza.

 

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