L’ultima casa a sinistra: recensione del film di Wes Craven

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L’ultima casa a sinistra è il film cult diretto da Wes Craven con protagonista David Hess, Sandra Cassel e Lucy Grantham.

 

La trama del L’ultima casa a sinistra

Mary e Phyllis, nel tentativo di comprare marijuana si imbattono in un gruppo di psicopatici evasi dalla galera, che le sottoporranno a violenze e torture prima di ucciderle. In seguito i fuggitivi si rifugeranno proprio nella casa dei genitori di Mary…

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Analisi

Opera prima del regista Craven, successivamente riconosciuto per Nightmare – Dal profondo della notte e Scream, ispirata dalla pellicola di Bergman La fontana della vergine o il cult Le colline hanno gli occhi.        Laddove Bergman ha rappresentato una leggenda svedese, riportandoci nel contesto medievale,  l’intuizione di Wes Craven nel rimetterla in scena, è stata quella di attualizzarla -e dal punto di vista formale, e dal punto di vista contenutistico- pur mantenendone intatta trama e ambientazione(bosco).

L’opera è ambientata nella realtà odierna, ma la vera attualizzazione che  palesa la distanza dall’opera originale, sta nella rappresentazione della violenza: è proprio l’estremizzazione dell’immagine violenta la produttrice di senso dell’opera e punto nevralgico su cui Wes Craven fonda le sua riflessioni critiche.

Se è vero che L’ultima casa a sinistra presenta alcune imprudenze e forzature nella sceneggiatura, dovute all’inesperienza del giovane regista, è altrettanto vero che il film ha cambiato le modalità di rappresentazione all’interno del cinema horror;  ma ciò che conta realmente all’interno del disegno finale, è il rapporto diretto – confermato poi dalle affermazioni del regista –  con la realtà sociale di quegli anni, tra le vessazioni che si diffondevano dalla guerra nel Vietnam e la disillusione giovanile per  la fine delle rivolte studentesche.

Le dichiarazioni dello stesso regista infatti, chiariscono il senso dell’opera filmica: a detta di Wes Craven infatti, le angherie e le brutalità poi riportate nel film furono ispirate da un metraggio sulla guerra in Vietnam.

Quindi laddove la fonte deriva da un modello preesistente, la riflessione del regista si impernia sul senso della violenza -propagata poi tramite il film per infondere un senso di repulsione- legittimata dal contesto storico-culturale vigente, e lontana dunque da una spettacolarità compiaciuta e fine a se stessa.

Redazione
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