Una sull’altra: recensione del film di Lucio Fulci

Una sull'altra recensione film

Una sull’altra è il film del 1969 diretto da Lucio Fulci con protagonisti Marisa Mell, Jean Sorel, Elsa Martinelli.

 

La trama del film Una sull’altra

Nell’Italia bacchettona di fine anni ’60, evidentemente ancora non colpita dall’onda d’urto sessantottina, Lucio Fulci dopo una prima fase della propria carriera incentrata su commedie e musicarelli, si dedica alla sua prima incursione nel mondo del thriller, ancora lontano dagli eccessi pulp e splatter che lo hanno caratterizzato in seguito, e realizza un buon film come Una sull’altra. Durante la fase distributiva, il produttore gli consigliò di cambiare titolo (doveva chiamarsi, infatti, Perversion Story) puntando sul lato saffico che tanto scandalizzava le censure- e l’audience- di mezzo mondo. Ancora oggi si ricorda la famosa scene “scandalo” del rapporto lesbico tra Marisa Mell ed Elsa Martinelli, atto mancato che in realtà non si vede- e non si consuma- sullo schermo.

Il film Una sull’altra

La trama ruota intorno al dottor Dumurrier, un giovane chirurgo che gestisce una clinica con l’aiuto del fratello ed è sposato con una donna che non ama più e tradisce regolarmente con un’amante, la fotografa Jane. Ma un bel giorno la moglie muore all’improvviso per un attacco d’asma (malattia della quale soffriva) e il dottore eredita tutti i beni della donna. Le cose sembrano mettersi bene quando un investigatore gli dà una dritta: visitare un locale notturno nel centro di San Francisco… l’uomo e la sua amante si recano lì e- con suo immenso stupore ed orrore!- scopre che una spogliarellista è identica alla moglie defunta! Da quel momento in poi le cose precipitano e non solo Dumurrier è accusato di aver avvelenato la moglie, ma di averlo fatto per ereditare i suoi soldi: nonostante l’aiuto e il sostegno incondizionato dell’amata Jane, tutto sembra mettersi per il peggio e l’uomo viene addirittura condannato a morte.

A primo impatto, slogan promozionale a parte, il film sembra davvero ricalcare le orme del miglior Alfred  Hitchcock dei tempi di Vertigo, tant’è che la trama ne ricalca in parte il plot originale; Fulci era orgoglioso della sceneggiatura che aveva scritto nell’arco di un anno (tanto per gli standard dell’epoca). Solo che, al contrario del maestro del brivido inglese, il regista romano evidenzia il lato morbosamente erotico, spianando la strada a tutto un filone cinematografico che caratterizzerà gli anni ’70.

Gli attori, dal canto loro, non brillano perle loro interpretazioni, ma diventano strumenti (quasi marionette) nelle mani del demiurgo di celluloide, piegandosi alla sua volontà e alle sue scelte registiche. Alcune inquadrature, poi, anticipano i tempi del post moderno: la celebre inquadratura dei due amanti che fanno sesso, inquadrati dal basso, ci mette nella condizione di voyeur che spiano non dal buco della serratura, bensì da un materasso trasparente che permette di essere lì, con loro, in quel momento sotto le lenzuola. Inquadratura rivoluzionaria dalla storia mitica: fu sempre il produttore a costringere Fulci, in fase di post produzione, ad aggiungere una nuova scena “bollente” per il pubblico, girata con le controfigure e non con gli attori originali.

Per molti è considerato come un thriller lesbo-pop, ma in realtà il lato sessuale non è così morboso e perverso come si considerò all’epoca, Fulci adatta e modifica (in base alla sua sensibilità) una trama tipica di un film “giallo” tradizionale con l’iconografia pop pittoresca e caleidoscopica degli anni ’70 che già bussavano alla porta. Marisa Mell, sfacciatamente bella e seducente, si esibisce in uno spogliarello entrato di diritto negli annali; Elsa Martinelli sfodera un look e un appeal molto “swinging London”  e Jean Sorel è perfetto nei panni dello sprovveduto dottore vittima di un complotto…o semplicemente degli eventi?

L’introduzione di un elemento macabro e inquietante come la sedia elettrica (senza nulla togliere al finale del film!) per Fulci rappresentava il suo modo di criticare il sistema capitalistico americano, quella stessa patria delle libertà individuali che condannò a morte i coniugi Rosenberg solo perché accusati di essere comunisti. E anche con la prima inquadratura dall’alto, remota, sullo sfondo dei titoli di testa, Fulci si fa beffe dell’America e del suo mito incrollabile.

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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.
sullaltra-recensione-del-film-lucio-fulciMarisa Mell, sfacciatamente bella e seducente, si esibisce in uno spogliarello entrato di diritto negli annali; Elsa Martinelli sfodera un look e un appeal molto “swinging London”  e Jean Sorel è perfetto nei panni dello sprovveduto dottore vittima di un complotto…o semplicemente degli eventi?