Antonia: recensione dei primi tre episodi della serie Prime Video

La serie è diretta da Chiara Malta e co-sceneggiata da Chiara Martegiani, che veste i panni della protagonista

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Si sa, “le donne sono destinate a soffrire”, dice un ginecologo qualunque (e qualunquista) ad una giovane paziente in visita che lamenta forti dolori mestruali. È un inserto di pochi minuti ma incisivo, che racchiude a pieno uno dei temi principali di Antonia, nuova serie Prime Video firmata da Chiara Malta con protagonista Chiara Martegiani nel ruolo anche di co-sceneggiatrice, che del suo incontro reale con l’endometriosi, avvenuto oramai qualche anno fa, ha voluto farne tessuto narrativo per un prodotto che vuole essere da una parte processo di riconoscimento di una patologia per anni rimasta un tabù, dall’altro un aiuto a tutte le donne che ne soffrono e si sentono sole.

 
 

Sì, perché per tanto tempo questa malattia – molto invalidante – è stata sottovalutata proprio dai medici, schiacciata da quel luogo comune secondo cui le donne sono abituate a star male, è “la loro natura”, un pensiero socio-culturale che ha solo contribuito ad alimentare un’idea del corpo femminile completamente distorta. Chiara Martegiani non ci sta, e allora da un suo momento di crisi, che doveva essere l’incipit di Antonia, decide di inserire anche il processo di metabolizzazione e convivenza con l’endometriosi, scoperto dall’attrice stessa proprio in una fase complicata della sua vita. Una dramedy che si pone l’obiettivo di mettersi in dialogo con tutti, partendo da una microstoria prettamente femminile per poi piano piano abbracciarne altre più universali, sollevando diverse altre considerazioni, dalla fragilità del singolo, alla normalità di soffrire e non farcela (che siano uomini o donne), fino all’affrontare i cambiamenti senza scappare. Antonia è prodotta da Fidelio e Groenlandia, in collaborazione con Prime Video e Rai Fiction.

Antonia, la trama

Fare i conti tutti i giorni con la vita non è facile. Il sole spesso lascia spazio a nubi e pioggia, e a volte arriva il vento a spazzare quel briciolo di serenità rimasto. È un po’ la metafora che descrive una giornata cruciale di Antonia, 33enne andata in piena crisi poco dopo aver spento le sue candeline. Da quel momento, da quel soffio, sembra che la sua esistenza sia precipitata nel caos più totale: lascia il compagno, è senza casa, perde il lavoro… scopre di avere l’endometriosi. Un disastro dopo l’altro, ma il nemico principale sembra essere la patologia che le è stata appena diagnosticata e che senza saperlo l’ha condizionata da quando era ragazzina. I suoi dolori erano svalutati, presi sottogamba, definiti normali in quanto donna, e le donne da sempre soffrono, che male c’è. Ma è proprio da qui, dall’affrontare una patologia di cui ancora si parla troppo poco, che inizia l’evoluzione di Antonia, costretta a interfacciarsi con se stessa per capire chi è, cosa vuole, cosa è stato il suo passato. Un racconto di rinascita, di coraggio, di buona volontà, che la porta a conoscersi nel profondo e farle iniziare un percorso di analisi, tutti processi che la aiutano a non fuggire più da se stessa, ma anzi a guardarsi dentro con attenzione.

Riconoscersi in Antonia

Oltre a essere la prima serie a mettere al centro della scena l’endometriosi, Antonia è anche una storia che tesse il suo discorso attorno a personaggi incredibilmente veri e, soprattutto, realistici. Dalla sua protagonista, all’inizio respingente e un po’ antipatica, passando per l’amica Radiosa, mamma a tempo pieno alle prese con giornate infernali, fino al compagno Manfredi, un uomo che non ha paura di mostrare le sue fragilità e ha più paranoie di lei. Sono autentici, pieni di sfumature e sfaccettature, che non sposano mai lo stereotipo con cui siamo abituati a confrontarci in svariate altre opere. Figure dunque per niente scontate, e che dovrebbero essere per questo più raccontante dal cinema, intanto perché ne garantiscono a pieno l’identificazione, e poi perché fungono da specchio attraverso cui il pubblico si può sentire più compreso ma soprattutto rappresentato.

In particolare la protagonista fa proprio questo: l’impressione è infatti quella di avere davanti a sé un’amica virtuale, che dà voce a dubbi, preoccupazioni e crisi identitarie comuni a tutti, e alla quale di conseguenza ci sentiamo particolarmente vicini. Caotica, distante, arrabbiata con il mondo, ma anche spaventata per la malattia, Antonia è prima che donna un individuo in lotta con se stesso e con gli altri, che vede la vita quasi come un percorso a ostacoli, una montagna da scalare con le infradito, per intederci, e spera di tagliare il traguardo il prima possibile. Ma questo si può fare solo se si è disposti a mettersi in discussione, affrontando quei cambiamenti che spaventano terribilmente ma sono necessari e propedeutici alla crescita, che servono per dare alla persona che si era ieri nuove consapevolezze per essere quella – migliore – di domani.

La forza dell’ironia

Nel veicolare messaggi di un certo calibro, Antonia sceglie la chiave ironica e un tono leggero senza però mai depotenziare la portata delle tematiche trattate, ma anzi paradossalmente esaltandole nella risata, come le vere commedie sanno fare. Nel divertissement scatenato dal sarcasmo e dalle gag della protagonista vengono infatti aperti dei canali tematici che fanno luce sul nostro tessuto sociale e su esso hanno un forte impatto, come per esempio quello riguardante la salute mentale. Sin dal primo episodio ad Antonia viene suggerito di iniziare un percorso di terapia che possa supportarla nella malattia, una scelta che ancora oggi vede una resistenza da parte di molti.

Che sia per la paura di mettersi a nudo o per l’indole “fuggitiva” nascosta in ognuno di noi, la serie cerca di trasmetterci l’importanza del chiedere aiuto, qualsiasi sia la causa del nostro malessere, e che far fronte ai propri problemi mettendosi in ascolto è la prima soluzione per poter stare meglio e sentirsi più liberi (il terzo episodio – no spoiler – è uno dei migliori sia a livello visivo che narrativo). Antonia, dunque, sia per le riflessioni di cui si fa carico che per la sua originale e frizzante confezione, si appresta a diventare una di quelle serie che difficilmente dimenticheremo, e di cui la nostra industria ha bisogno. Merito in particolare della sua interprete, una Chiara Martegiani talmente naturale e ben calata nelle vesti del suo alter ego che è impossibile non connettersi con lei. Speriamo allora ci regali tanti altri ruoli così.

Sommario

Chiara Malta dirige una dramedy frizzante, ironica e tematicamente forte, che fa luce su una problematica femminile per tanto tempo misconosciuta, l'endometriosi, non rinunciando mai a quella sana risata che nella vita è l'arma migliore per contrastare le difficoltà. Chiara Martegiani porta in scena una protagonista che rappresenta tutti, sia uomini che donne, dando particolare voce a una malattia invalidante con la quale la società deve ancora confrontarsi al meglio.
Valeria Maiolino
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano. Articolista su Edipress Srl, per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”.

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