Eyes of Wakanda: recensione della mini-serie Disney+

Tutti e quattro gli episodi della mini-serie sono disponibili sulla Piattaforma a partire dal 1° agosto.

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Con Eyes of Wakanda, Marvel Studios inaugura con stile la Fase Sei del Marvel Cinematic Universe su Disney+, portando sul piccolo schermo una miniserie animata che esplora i secoli di storia di una delle nazioni più affascinanti dell’universo Marvel. In soli quattro episodi da circa trenta minuti ciascuno, la serie sviluppata da Ryan Coogler e diretta da Todd Harris ci accompagna in un viaggio nel tempo attraverso epoche e continenti, seguendo le missioni dei letali Hatut Zaraze, meglio noti come War Dogs. Questi agenti segreti sono incaricati di recuperare manufatti in vibranio dispersi nel mondo, mantenendo così il segreto e la supremazia tecnologica del Wakanda.

Eyes of Wakanda è un viaggio epico nel cuore segreto del Wakanda

A differenza delle produzioni precedenti come What If…?, Eyes of Wakanda si colloca saldamente nella “sacra timeline” del MCU, fornendo spunti narrativi che arricchiscono il mito del Wakanda e gettano nuova luce sugli orientamenti politici e morali di una nazione che ha scelto l’isolazionismo come arma difensiva. La serie riesce a condensare temi profondi in un formato agile, evitando il rischio di episodi riempitivi e mantenendo alta l’intensità emotiva e visiva.

Cortesia Disney

Un’antologia di sacrificio, dovere e identità

Ogni episodio di Eyes of Wakanda si distingue per ambientazione e protagonisti, mantenendo però un filo conduttore ben saldo: il peso del dovere e il prezzo della lealtà verso una patria che pretende tutto ma offre poco in cambio. Si parte con la storia di Noni, ex Dora Milaje caduta in disgrazia, interpretata da Winnie Harlow, inviata sulle tracce di un ex War Dog divenuto pirata e mercante di schiavi, conosciuto come The Lion (Cress Williams). Noni rappresenta il conflitto interiore di chi è costretto a scegliere tra l’obbedienza cieca e la propria coscienza.

Gli episodi successivi ci trasportano nel cuore della guerra di Troia, nella Cina del XV secolo e infine nell’Etiopia del 1896, regalando al pubblico una varietà visiva e culturale rara nelle produzioni Marvel. Questi viaggi nel tempo, seppur brevi, raccontano in maniera ancora più vasta e approfondita la storia del Wakanda e offrono una riflessione sul significato di potere, giustizia e responsabilità. Le vicende dei War Dogs ci mostrano come la fedeltà a un ideale possa trasformarsi in una prigione morale, e come l’identità wakandiana si sia forgiata nel segreto, nel sangue e nella distanza.

Cortesia Disney

Animazione espressiva e stile inconfondibile

Dal punto di vista visivo, Eyes of Wakanda si distingue per un’animazione elegante, che rievoca l’arte dinamica di Ernie Barnes. I corpi allungati e i movimenti stilizzati dei personaggi evocano un’estetica quasi pittorica, capace di enfatizzare la bellezza e la forza fisica dei protagonisti senza mai rallentare il ritmo dell’azione. Le sequenze di combattimento, sempre ben coreografate, riflettono le diverse personalità dei personaggi: fluida e creativa quella di Noni, brutale e implacabile quella di Memnon, spia troiana protagonista del secondo episodio.

Il comparto sonoro, curato da Hesham Nazih, riprende le atmosfere create da Ludwig Göransson nei film di Black Panther, aggiungendo profondità e coerenza emotiva a ogni sequenza. La serie si avvicina per tono e ambizione a un’opera live-action, e dimostra che l’animazione non è un limite o un genere ma un linguaggio, un’opportunità per esplorare mondi e tempi che il cinema tradizionale faticherebbe a gestire.

Cortesia Disney

Un piccolo gioiello narrativo nel panorama Marvel

In un panorama seriale spesso criticato per la prolissità e l’eccessiva frammentazione, Eyes of Wakanda brilla per compattezza, intensità e visione. È una miniserie che non solo arricchisce l’universo di Black Panther, ma amplia le possibilità narrative dell’intero MCU. Ogni episodio apre finestre su epoche diverse, suggerendo che le storie dei War Dogs potrebbero continuare ancora a lungo: quattro episodi sembrano quasi pochi, e la voglia di esplorare altri capitoli di questa epopea è forte. Tuttavia è inevitabile l’impressione che si tratti ancora una volta di un progetto nato più dalla necessità di riempire il palinsesto che da una vera e propria spinta creativa.

Con un perfetto equilibrio tra avventura, introspezione e commento politico, Eyes of Wakanda si impone come una delle migliori produzioni animate di Disney+ degli ultimi anni. È una lettera d’amore alla cultura afrocentrica, al potere del segreto, e alla complessità del sacrificio. E, cosa rara per il franchise, lascia il pubblico non solo soddisfatto, ma anche desideroso di vedere cos’altro si nasconde dietro gli occhi vigili del Wakanda.

Eyes of Wakanda
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Sommario

In un panorama seriale spesso criticato per la prolissità e l’eccessiva frammentazione, Eyes of Wakanda brilla per compattezza, intensità e visione. È una miniserie che non solo arricchisce l’universo di Black Panther, ma amplia le possibilità narrative dell’intero MCU.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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