Griselda: recensione della serie Netflix con Sofía Vergara

La miniserie in sei episodi disponibile dal 25 gennaio sulla piattaforma racconta ascesa e caduta della Madrina della cocaina.

Griselda recensione
Griselda. Sofia Vergara as Griselda in episode 101 of Griselda. Cr. Elizabeth Morris/Netflix © 2023

“L’unico uomo di cui abbia mai avuto paura è stata una donna, chiamata Griselda Blanco”. Si apre con questa eloquente frase, attribuita a Pablo Escobar, la serie Netflix in sei episodi, disponibile dal 25 gennaio sulla piattaforma. Protagonista assoluta è Sofía Vergara, in una inedita veste drammatica, chiamata a dare corpo e anima alla Madrina del narcotraffico colombiano che negli anni ’70 e ’80 era in totale possesso dello spaccio in tutta Miami.

Griselda: l’Impero nato dalla fuga

Un impero, quello di Griselda, nato dalla fuga e dalla paura. Non c’è grande approfondimento nei fatti che la riguardano avvenuti a Medellín, ma la storia prende le mosse da quando la donna trova il modo di ribellarsi e scappare da suo marito Alberto, narcotrafficante leader nel settore, che controllava i flussi dal centro colombiano fino a New York. Intuiamo che l’infanzia e la prima giovinezza di Griselda sono state dure, è stata picchiata, forse violentata e costretta a prostituirsi, ma in qualche modo è sopravvissuta e, quando il marito le ha chiesto l’indicibile, lei ha trovato il coraggio di scappare, non senza regalargli un colpo quasi letale, prima.

La troviamo in fuga a Miami, sola, con un chilo chi cocaina purissima e tre figli. Quel panetto è la chiave per la sua libertà, il primo mattone di un impero che lei già immagina, e disegna nell’aria con la punta della sua sigaretta, un gesto quasi rituale che l’accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni: tratteggiare i suoi possedimenti, che siano esse case, persone, cose desiderate e che arriveranno.

Da questo punto in poi, Griselda mette in atto il suo piano che la porterà a governare letteralmente la città di Miami, mentre con pungo di ferro, ferocia e determinazione costruisce il suo impero e la sua ricchezza, facendosi strada, sola, in un mondo di uomini.

Un tentativo di empatizzare con un mostro

Creata da Eric Newman, Doug Miro, Ingrid Escajeda e Carlo Bernard, la serie sembra porsi l’obbiettivo di raccontare un personaggio sicuramente affascinante ma anche controverso e oggettivamente malvagio, crudele. Tuttavia, forse perché si fatica ancora a raccontare le donne con la stessa onestà con cui si raccontano gli uomini, la scrittura e la regia tentano costantemente di innalzare in qualche modo la figura di Griselda.

Non è solo un’aspirante narcotrafficante, è anche una donna in fuga, vittima di violenza, non è solo una crudele mandante di omicidi efferati, è una donna che combatte per il suo posto nel mondo, non è la Madrina della droga di tutta Miami, è anche colei che tiene alla cura e alla protezione di chi lavora per lei. E se da una parte è vero che uomini e donne nelle stesso posizioni di potere possono avere priorità e atteggiamenti differenti, è altrettanto vero che raccontare una figura femminile così efferata e terribile, sembra mentalmente ancora difficile, perché la donna è prima di tutto “cura e rifugio” nel sentire comune. E quindi gli sceneggiatori decidono di far leva sulla maternità di Griselda, l’elemento che la tiene ancorata all’umanità, che dovrebbe creare empatia con il pubblico e essere la chiave per la sua comprensione.

Griselda serie tv 2024Griselda Madre e Madrina

Proprio su questo elemento si fonda il punto di svolta nella trama della serie: quando un bambino molto piccolo muore, vittima involontaria di omicidi da lei ordinati, Griselda sembra avere una crisi di identità e tutto quel valore che lei per prima attribuiva al suo essere non solo madre amorevole per i suoi figli, ma anche madrina protettrice per chi dipende da lei, sembra ritorcersi contro di lei. Paranoia, insicurezza, mancanza di fiducia in se stessa deflagrano nell’intimità del personaggio che si lascia cadere in una spirale di autodistruzione che, ancora una volta, trova la giustificazione in un trauma. Di nuovo, per essere “così cattiva” una donna criminale ha bisogno di una causa scatenante indotta. Sembra che sia ancora impossibile raccontare figure femminili genuinamente cattive e negative (cosa che nessuno trova difficile nei confronti invece di un uomo). Le conseguenze dello stilnovismo, si potrebbe dire!

Due donne: una contro l’altra e l’altra contro il mondo

Parallelamente alla vita della protagonista, la serie ci racconta anche un’altra storia, quella di June Hawkins (interpretata da Juliana Aidén Martinez), detective della polizia di Miami che ha fatto della caccia a Griselda la sua ragione di vita. Sarebbe improprio però dire che le due donne sono l’una contro l’altra, perché non hanno le stesse priorità né condividono gli stessi obbiettivi, pur se lo loro storie partono dallo stesso presupposto: se da una parte le accomuna la fatica di dover emergere in un mondo che non le vede capaci di fare il loro lavoro, le allontana il fatto che la poliziotta dedica la sua vita alla caccia della criminale, mentre quest’ultima è sola contro il mondo, e June, per lei, rappresenta solo un’altra difficoltà, l’ennesima.

La contrapposizione con il personaggio di June concede a Sofía Vergara la possibilità di lavorare anche per contrasto con una figura così inquadrata e equilibrata, decisa e focalizzata sul suo obbiettivo. Griselda alterna invece momenti di estrema lucidità e capacità di calcolo, con eccessi di ferocia e disordine, permettendo all’attrice, che tutti amiamo nei panni di Gloria Pritchett, di offrire una gamma di emozioni molto intense, spesso esagerate, ma efficaci a restituire questo personaggio così complesso.

Sofía Vergara si trasforma in Griselda

Il regista Andrés Baiz e il suo team hanno chiaramente lavorato con grande affinità con Vergara che si è immedesimata nel ruolo anche grazie a un lavoro di mimesi e costruzione del personaggio, dal trucco e parrucco, alle movenze, al guardaroba fino alle sottilissime sopracciglia e alle sigarette che Griselda fumava di continuo. Per non parlare poi del contesto storico: Vergara stessa ha raccontato che essendo cresciuta nel mondo della Colombia degli anni ’70-’80 conosce in prima persona il mondo di Griselda, e non le è stato troppo difficile doverlo immaginare.

Pur essendo una potente esplorazione della vita di uno dei personaggi più significativi della storia del narcotraffico sudamericano, Griselda denuncia il fatto che i narratori contemporanei faticano ancora ad attribuire caratteristiche completamente negative a un personaggio femminile protagonista. La storia è solida, il ruolo offre mille sfide, i riferimenti reali ricchi di possibilità, eppure il mondo non è ancora pronto per un villain donna, anche se è passata alla storia come l’unica ad aver mai intimorito Pablo Escobar.

Griselda. Sofia Vergara as Griselda in episode 105 of Griselda. Cr. Courtesy of Netflix © 2023
- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Chiara Guida
Articolo precedenteSudestival 2024, dal 26 gennaio al 15 marzo, annunciato il programma
Articolo successivoAppuntamento a Land’s End: recensione del film con Timothy Spall
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
griselda-sofia-vergaraLa storia è solida, il ruolo offre mille sfide, i riferimenti reali ricchi di possibilità, eppure il mondo non è ancora pronto per un villain donna, anche se è passata alla storia come l’unica ad aver mai intimorito Pablo Escobar.