High Desert, la recensione della serie con Patricia Arquette

La serie è disponibile su Apple TV+ dal 17 maggio.

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La rivisitazione della detective story in salsa leggera che la serie targata Apple TV+ propone agli abbonati del servizio streaming ha tutte le caratteristiche del cosiddetto “one-man-show”, anche se in questo caso la declinazione volge ovviamente al femminile. Mattatrice assoluta di High Desert è infatti il premio Oscar Patricia Arquette, la quale interpreta con superba verve istrionica il personaggio di Peggy, una donna con problemi di dipendenza che tenta di rifarsi una vita come investigatore  privato nello spoglio deserto americano.

 

High Desert, ritratto dell’America del White Trash

Solitamente per la riuscita o meno di un racconto, in particolar modo quello seriale, narrazione efficace e personaggi non monodimensionali sono due requisiti che devono sposarsi con coerenza. Nel caso di High Desert al contrario ci troviamo di fronte a una dicotomia evidente e piuttosto rara: mentre le figure esplorate posseggono il necessario spessore comico per poter funzionare, la progressione narrativa le  incastra in una trama che ben presto rivela la sua fragilità.

Creato e sceneggiato da Nancy Fichman, Katie Ford e Jennifer Hoppe-House, lo show tratteggia con sapita comicità lo strato sociale dell’America di periferia, quello in cui si aggirano esponenti più o meno veritieri del cosiddetto “White Trash”: una galleria di personaggi che vivono alla giornata, che adoperano le proprie energie per sfruttare al meglio quel sistema socio-economico di cui vivono comunque ai margini.

La Peggy protagonista ne è esempio vitale e spumeggiante: una donna che ha buttato via le proprie potenzialità per ottenere tutto e subito, stracolma di lacune e difetti ma in possesso di quella “saggezza della strada” che la rende a tratti davvero irresistibile. Accanto a lei una serie di figure maschili ridicole, sconfitte dalla vita, incapaci di adattarsi a un ambiente in trasformazione: Peggy le domina con la sua volontà inattaccabile, potente  e ferra soltanto quando applicata agli altri invece che ai propri problemi.

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Un cast divertito ma dal talento sprecato

Patricia Arquette interpreta questo ruolo con un’adesione fisica encomiabile e soprattutto una leggerezza sbarazzina da applausi. Accanto a lei Matt Dillon e Brad Garrett si muovono da caratteristi consumati quali sono, mentre Rupert Friend in un ruolo insolito e cialtrone ogni tanto mostra qualche limite nell’esporne l’assurdità. Poco importa, poiché alla fine tutto il cast si muove in maniera troppo farraginosa alla ricerca di un piglio drammatico che li conduca al passo successivo, a quella evoluzione del ruolo dettata dagli eventi che si susseguono.

In High Desert questo non accade e di conseguenza anche i personaggi non si evolvono poi troppo dalla dimensione di divertenti e gustose “macchiette”. Il che sa di vero talento sprecato: quello che poteva essere un ottimo spunto per un lungometraggio di un’ora e mezzo viene dilatato in otto episodi di mezz’ora che presentano alcuni spunti di divertimento che però mai si uniscono in una storia bene organizzata. L’idea della detective-story si perde in una serie di sketch disfunzionali, montati su un canovaccio troppo effimero per risultare anche soltanto funzionale.

Come scritto in partenza, se amate il coraggio e la bravura spesso viscerale di patricia Arquette questa è la serie TV che fa per voi. L’attrice si prende sulle spalle High desert e tenta di portarla dove purtroppo non riesce ad andare, ovvero verso una conclusione che avrebbe meritato ben altra struttura narrativa. Rimangono le situazioni divertenti, l’ambientazione kitsch, le interpretazioni divertite di un cast di alto livello. Ma la sensazione di aver perso una valevole occasione per fare commedia di costume corrosiva e tagliente rimane senz’altro…

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