Un poliziotto caduto in disgrazia, pezzi di un puzzle da comporre e un fil rouge tra due delitti che viene continuamento spezzato. Il cane che dorme, thriller tedesco di Netflix, arriva sulla piattaforma e si posiziona nei primi posti tra le serie più viste. La miniserie in sei episodi porta in scena il racconto frammentato e confuso di Mike Atlas (Max Riemelt) che cerca di ricostruire attraverso un fascicolo di omicidio parte della sua memoria andata perduta. Un brutto incidente, un forte stress ha portato Mike ad abbandonare il suo lavoro e la sua famiglia e adesso vive come un vagabondo.
Lo stesso Mike non ricorda perché e una volta aperto il fascicolo il suo obiettivo è ricordare. Questo però comporta anche l’inizio di un gioco pericoloso che lo porterà a rivangare un caso di cospirazione che sembra interessare l’organo della polizia. Mike è stato incastrato? Sarà questa la domanda che lo spettatore si porterà dietro per tutti gli episodi, fino alla conclusione finale. Il cane che dorme, titolo di questa miniserie, non è altro che una metafora al giovane poliziotto che forse ha cercato di scavare troppo in profondità.
Il cane che dorme, la trama
Mike Atlas è nato per fare il poliziotto. Il suo personaggio è descritto proprio come la classica persona sempre alla ricerca continua della verità. Questa stessa verità lo ha cacciato in un mare di guai quando, adesso, ha deciso di aprire il vaso di Pandora e cercare di portare a galla questa verità. E se da questo punto di vista Il cane che dorme riesce nella caratterizzazione dei personaggi è nella trama che si perde il fulcro fondamentale del racconto. Mike è un personaggio problematico, archetipo di tutti i poliziotti prima di lui che abbiamo visto passar sul piccolo schermo. Ricorda per certi versi il Rust Cohle di True Detective, senza entrare nello specifico del paragone.
A smuovere la trama però c’è un mistero che si estende a macchio d’olio. Una cospirazione, un male da radicare fin nelle radici più profonde di una società e di un sistema giudiziario corrotto. Il regista Christoph Darnstädt alterna colpi di scena ben piazzati all’interno degli episodi a momenti in cui gli episodi stessi sembrano troppo dettagliati e bombardati da continue linee narrative che si intrecciano. Il risultato è una partita a scacchi molto lunga che di tanto in tanto sgancia il suo plot twist.
Vittime e carnefici
Il viaggio intrapreso da Mike Atlas non è solo un viaggio a ritroso nei ricordi. L’ex poliziotto viene trascinato di nuovo nel mezzo del caos dopo che l’uomo che aveva messo in prigione finisce per suicidarsi. Il fratello di quest’ultimo brucia la roulotte di Atlas e lo lascia con la consapevolezza di essere responsabile del suicidio. Questo porta Atlas a intraprendere un viaggio di riflessione, reinvenzione e redenzione. In questo viaggio Mike si domanderà spesso se è l’uno o l’altro e fino all’episodio finale intitolato Confessioni non si scoprirà la verità. Ad aiutare Mike in Il cane che dorme, una giovane donna di nome Jule Andergast, che lavora presso l’ufficio del procuratore, che è impantanata nello stesso caso di suicidio.
La miniserie però confonde vittime e carnefici in un doppio gioco tra le parti dove tutti dubitano di chi hanno accanto. Mike in questa grossa metafora che è Il cane che dorme è il protagonista. Quel cane addormentato da droghe e dal troppo lavoro che nella vita precedente all’incidente di quella notta lo ha sovrastato. Il cane per natura ha un ottimo fiuto e che abbandonando l’organo della polizia ha messo da parte il suo potenziale. Viceversa, a questa metafora se ne contrappone un’altra: lasciare il cane che dorme per non scoperchiare davvero quel vado di Pandora che tiene a galla le malefatte della polizia.
Il cerchio che si chiude
Verso la fine ci sono molte cose su cui indagare, forse troppe per una miniserie che concentrandosi sul personaggio di Mike Atlas aveva già tutte le carte in regola per funzionare. Anche se per tutta la durata de Il cane che dorme il suo personaggio non ha le idee ben chiare, la sua prospettiva è offuscata e spetta allo spettatore mettere insieme i pezzi. L’unico momento in cui sembra raggiungere la lucidità è quando si trova insieme alla figlia Tinka, anche se talvolta le sue scelte non sono state azzeccate seppur fatte a fin di bene.
Invece, il personaggio di Jule è quello più dinamico e che insieme al pubblico cerca di scoprire la verità, infatti, da questo punto di vista è uno dei personaggi meglio caratterizzati anche se il suo arco narrativo non ha un vero e proprio sbocco. Questo è un po’ il vero problema di Il cane che dorme il fatto che al suo interno ci sono parecchie storie che cercano di trovare una via d’uscita ma che si allontanano dalla storia principale. Nonostante questo, però il colpo di scena finale è risolutorio: Mike Atlas e Jule combattono contro i clan e contro il terrorismo ma soprattutto combattono contro un nemico che hanno al loro fianco, i loro stessi colleghi e presunti amici della polizia corrotti dal sistema.