Presentata Fuori Concorso – Serie alla Mostra del Cinema di Venezia, Il Mostro di Stefano Sollima arriva su Netflix dal 22 ottobre con il peso di una delle vicende più oscure della storia italiana. Otto duplici omicidi, diciassette anni di terrore, un’arma sempre uguale: la Beretta calibro 22. È l’epopea nera del Mostro di Firenze, il primo e più brutale serial killer italiano, un caso giudiziario che ancora oggi rimane irrisolto e avvolto in un alone di mistero e ossessione collettiva.
Il Mostro: una serie senza risposte
Sollima affronta il materiale con una scelta radicale: non offrire una verità, non chiudere la vicenda dentro la cornice rassicurante di una soluzione narrativa. L’intento dichiarato è quello di esplorare i “possibili mostri”, seguendo le diverse piste investigative che nel corso degli anni si sono moltiplicate, contraddette, sovrapposte.
Il risultato è una narrazione a diagramma, che procede come una mappa complessa di sospetti, ipotesi e teorie. Ogni episodio non si limita a ricostruire l’indagine, ma si cala dentro le vite degli indiziati, mostrando le loro fragilità, i contesti familiari, i rapporti con la provincia toscana degli anni ’70 e ’80. In questo modo il “mostro” smette di essere un’entità singola e diventa piuttosto uno specchio frantumato, una possibilità inscritta in chiunque.

Sollima racconta l’orrore ma non cade nella morbosità
Nelle note di regia, Sollima parla di “confronto con l’orrore”, e la serie restituisce esattamente questa sensazione. Ogni dettaglio pesa, ogni ricostruzione ha il sapore della responsabilità. Non c’è compiacimento nello sguardo, né gusto voyeuristico per il sangue o per la spettacolarizzazione del crimine. Il Mostro sceglie una via difficile: raccontare senza attenuare, ma anche senza indulgere.
La messa in scena bilancia rigore e inquietudine: i paesaggi rurali toscani, le strade di campagna, le case isolate restituiscono un’Italia di provincia che è insieme familiare e perturbante. È in questo ambiente che la violenza si insinua, diventando parte integrante del tessuto sociale, e non un evento estraneo o incomprensibile.
Uno degli aspetti più interessanti della serie è il suo sguardo sul contesto sociale e culturale del Paese. La cronaca nera diventa la porta d’accesso per raccontare le contraddizioni di un’Italia che si illudeva di essere moderna e sicura, ma che in realtà nascondeva misoginia, violenze domestiche, paure ataviche.
Attraverso i sospetti e i loro mondi, Il Mostro mette in luce un contesto dove la condizione femminile è segnata da sottomissioni e silenzi, dove le famiglie diventano luoghi di oppressione, e dove il crimine non appare come un’eccezione assoluta ma come l’estrema conseguenza di un sistema culturale. È qui che la serie trova la sua dimensione più contemporanea: un rimando, un legame tematico con i femminicidi di oggi, che continuano a ricordarci quanto poco sia cambiato, nonostante la distanza temporale.

L’ossessione di un racconto
Il regista, insieme a Leonardo Fasoli, ha dichiarato di aver divorato fascicoli giudiziari e atti processuali fino a farne un’ossessione. Da questa immersione nasce la decisione più coraggiosa: non semplificare, non scegliere una tesi, ma accogliere tutte le piste e restituirle con onestà narrativa. È un metodo che ricorda quello investigativo – seguire l’arma, il modus operandi – ma applicato alla scrittura e alla regia.
Sollima conferma la sua capacità di unire rigore documentario e tensione drammatica. Dopo aver raccontato la criminalità organizzata e il potere politico, con Il Mostro si spinge nel territorio più rischioso: quello in cui il male non ha volto, e proprio per questo diventa universale.
Il Mostro è un racconto inquieto, frammentario, volutamente aperto, che non risolve ma rilancia le domande. La sua forza sta nel trasformare un fatto di cronaca in un dispositivo di riflessione sull’Italia, sulle sue paure, sulle sue colpe collettive.
Sollima evita il sensazionalismo e firma una miniserie cupa e rigorosa, che non cede alla facile tentazione del true crime come intrattenimento, ma affronta l’orrore attraversandolo con rispetto. Non per spiegare, forse neanche per capire, ma per ricordare. E per ricordarci che, come suggerisce il titolo, il mostro potrebbe essere chiunque.
Sommario
Il Mostro è un racconto inquieto, frammentario, volutamente aperto, che non risolve ma rilancia le domande.